Raramente una definizione
e apparsa efficace e calzante quanto quella di "eroe borghese", coniata da
Corrado Stajano per l'avvocato Giorgio Ambrosoli. Tanto piu efficace in quanto per
molti versi si tratta di una formula paradossale, se non proprio contraddittoria. Insomma,
come si usa dire, un ossimoro.
Pensiamoci un attimo. Il borghese e per antonomasia colui che
coltiva valori prosaici come l'ordine, la rispettabilita, la meritocrazia, la
famiglia. In fondo la sua aspirazione maggiore e condurre una vita tranquilla e
laboriosa, far studiare i figli e lasciar loro in eredita un cospicuo patrimonio. Il
borghese accetta il mondo cosi com'e, non sogna di cambiarlo, tiene sempre i
piedi ben piantati per terra. Si puo immaginare un personaggio meno eroico?
Tutto questo varrebbe, pero, se non vivessimo in Italia. Se sulle
nostre spalle non gravassero eredita negative quali la lunga dominazione straniera,
la mancanza di una riforma religiosa, l'incompiutezza del Risorgimento come rivoluzione
liberale. Se il rispetto delle regole fosse davvero un principio condiviso. Se
disponessimo di un'autentica classe dirigente dotata di senso dello Stato. Purtroppo non
e cosi. Quanto meno non ancora. E il passato recente sta li a
gridarcelo.
E' trascorso appena un quarto di secolo da quando Ambrosoli venne
nominato liquidatore della Banca privata italiana, condotta al disastro da Michele
Sindona. Apparentemente solo un incarico professionale prestigioso e impegnativo, un
tipico cimento da borghese. In realta un percorso di guerra, che sarebbe durato
cinque anni, tra inganni, lusinghe, minacce, per concludersi in una notte di luglio del
1979, sotto i colpi di una pistola 357 Magnum.
Ambrosoli non aveva fatto nulla di rivoluzionario. Al contrario, aveva
dato la priorita alla tutela di due figure conservatrici per eccellenza: il
contribuente che paga le tasse e il risparmiatore che deposita il suo denaro in banca. Ma
nel paese della finanza allegra e truffaldina questo significava sfidare non solo
interessi consolidati, ma anche potenti settori delle istituzioni. Comportarsi da eroe,
insomma, e subirne le conseguenze.

Non e un caso limite, purtroppo. E non c'e bisogno, per
trovare uomini da accomunare ad Ambrosoli, di ricordare coloro che hanno dato la vita per
un ideale politico, ne i magistrati o gli agenti dell'ordine che si sono immolati al
servizio dello Stato. Gli eroi borghesi sono una categoria diversa. Sono coloro per i
quali la rigorosa osservanza delle piu semplici norme di comportamento da persona
per bene ha comportato la necessita di affrontare il martirio. Facciamo qualche
esempio.
L'imprenditore e il mestiere borghese per eccellenza. Infatti non
ha nulla di eroico: consiste nel combinare al meglio i fattori produttivi per ricavarne il
massimo profitto. E fino a qualche tempo fa un certo populismo italico bollava chi lo
esercita con l'appellativo infamante di "padrone".
Libero Grassi, in effetti, non pretendeva altro che di essere il solo
padrone della sua fabbrica tessile, di tenersene per intero gli utili invece di versarne
una parte alla mafia di Palermo. Non era un guerriero, ma, come lui stesso dichiarava,
"un mercante". "E un mercante" aggiungeva con orgoglio "non
affida ad altri la sua merce".
Lo uccisero per questo, il 29 agosto 1991, dopo che aveva denunciato ai
carabinieri, mesi prima, il ricatto di Cosa nostra. Era anche apparso in Tv e bisognava
farlo tacere. Rischiava di diventare un simbolo, per i tanti altri operatori economici
costretti a subire le estorsioni.
Giuseppe Taliercio non aveva fatto nulla per essere considerato un
simbolo. Lo divenne suo malgrado. Direttore del Petrolchimico di Porto Marghera, agli
occhi delle Brigate rosse era l'incarnazione del male, un "servo delle multinazionali
imperialiste", un "lurido porco" da rinchiudere in una "prigione del
popolo" e sottoporre al "giudizio del proletariato".
In realta si trattava di un dirigente pacato, ragionevole, messo
proprio per questo dalla Montedison a capo di uno stabilimento particolarmente caldo, sia
per la nocivita delle lavorazioni sia per le avvisaglie dello sfacelo verso cui si
avviava la chimica italiana.
Taliercio non aveva alcuna vocazione al martirio. Temeva le minacce di
cui era oggetto. Aveva anche chiesto il trasferimento e stava per essere accontentato. Ma
una volta rapito diede una straordinaria prova di fermezza e dignita. Per
quarantasette interminabili giorni non collaboro, non riconobbe ai suoi carcerieri
il diritto di processarlo. Non chiese nemmeno pieta in nome dei suoi cinque figli
Lo restituirono crivellato di colpi, il 6 luglio 1981, chiuso nel
bagagliaio di un'auto come Aldo Moro. L'autopsia rivelo che aveva subito
maltrattamenti durante la prigionia. Pochi lo ricordano, tanto che di recente,
nell'anniversario dell'agguato di via Fani, si e detto che Moro fu l'unico
sequestrato a non uscire vivo dalle mani dei brigatisti.

Enzo Tortora, al contrario, se lo ricordano tutti. Chi piu
borghese di lui? La sua trasmissione "Portobello" era una formidabile vetrina
del ceto medio italiano, con i suoi sogni nel cassetto, i suoi buoni sentimenti, i suoi
tic a volte grotteschi.
Fini nel tritacarne giudiziario e mediatico il 18 giugno 1983,
nellambito di quella che fu presentata come la Waterloo della camorra. Esposto
platealmente in manette davanti ai fotografi, per sette mesi rimase in carcere,
protestandosi disperatamente innocente, mentre su di lui piovevano le accuse di criminali
e calunniatori della peggiore specie, spesso enfatizzate dalla stampa con colpevole
superficialita. Tradito da una giustizia propensa a farsi spettacolo, seppe
riscoprire per reazione il valore del diritto formale, dellobbedienza quasi
socratica alle leggi.
Recuperata la liberta grazie allelezione al Parlamento
europeo nelle liste radicali, si comporto allopposto di come aveva fatto il
suo predecessore Toni Negri, eletto a Montecitorio lanno prima. Mentre il sedicente
rivoluzionario aveva pensato prima di tutto a mettersi in salvo, il borghese Tortora
reclamo la concessione dellautorizzazione a procedere. E dopo la condanna di
primo grado si consegno spontaneamente alla polizia. Poi sarebbero arrivate le
assoluzioni a catena.
Nel frattempo qualcosa si era spezzato dentro di lui. Mori di
tumore, il 18 maggio 1988, da cittadino libero, che si era riconquistata pezzo per pezzo
la sua rispettabilita trascinata nel fango.
Lelenco qui abbozzato, parziale e personalissimo, potrebbe
continuare a lungo. E non ce da rallegrarsene. Si puo condividere o meno
la nota opinione di Bertolt Brecht, che commiserava le terre bisognose di eroi, ma il
fatto che in Italia diventino eroiche anche le piu elementari virtu borghesi
certo non depone a favore della fibra morale di questo paese.