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Dio, la Morte e il Mistero secondo Quintino Sella

Alessandro Guiccioli

 

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Quello che segue è il capitolo IX della biografia di Quintino Sella, stampata a Rovigo, dall'Officina Tipografica Minelliana, nell'anno 1888.

Il Sella fu di ritorno a Roma il 4 gennaio. Non era bene in salute e se ne addoloravano gli amici, che vedevano ormai le forze sue andar declinando ogni giorno. Egli pure si accorgeva di ciò, tanto che, quantunque non avesse oltrepassato il cinquantesimo anno, si considerava molto più vecchio di quel che sogliono in tale età la maggior parte degli altri uomini. Un arcano presentimento che la sua fine non dovesse essere lontana gli si affacciava spesso alla mente. "Il cinquantesimo anno, diceva, è decisivo pei Sella. È il momento in cui o muoiono, o passano per una grave malattia, superata la quale, giungono talvolta a tarda vecchiezza."

L’indomani del suo arrivo a Roma, mentre stava discorrendo con alcuni amici, ricevette la nuova della morte del Gastaldi (1)al quale, oltre i comuni studi, lo stringevano quei vincoli della prima giovinezza preziosi a ciascuno, ma più che ad altri a coloro nei quali è profondo il culto degli affetti, tenace il sentimento dell’amicizia. Quella nuova fu dolorosissima all’animo del Sella. "Povero Gastaldi!" esclamò, e, chinato il capo, si tacque. Poi parlò della morte e del desiderio che natura gli troncasse la vita d’improvviso e prima che l’età o il morbo gli avessero fiaccato le forze della mente e del corpo. Questo stesso pensiero aveva manifestato due mesi prima in una lettera scritta ad un amico suo per consolarlo di una grave sventura domestica. "Tu sai, diceva, quanto io concentri le affezioni nella famiglia e negli amici intimi. Ogni loro dolore, lo è anche per me. È sempre grave il trovarsi in prima linea perché chi ci precedeva cedette alla legge di natura. Non si vede mai tanto la vanità delle cose umane, come quando se ne va uno dei nostri vecchi. È il lato più brutto della vita il non sapere come si finisca. Se si fosse sicuri di terminare d’un colpo d’apoplessia o di una palla di cannone, nel possesso delle facoltà mentali e con una certa dose di vigoria di corpo, la vita sarebbe cento volte più bella. La prospettiva della perdita lenta e successiva delle qualità del corpo e dell’intelligenza è veramente dolorosa, sia per l’effetto sovra di noi, come sovra coloro che ci stanno d’attorno".

Pochi giorni dopo la morte del Gastaldi era stato obbligato al letto per una ferita che si era fatta in una gamba pattinando a Biella, e che la mancanza di cure e di riposo avevano esacerbata. Questa inazione forzata gli era oltremodo fastidiosa e non contribuiva a dare ai suoi pensieri un indirizzo giocondo; ond’è che sovente tornava a parlare della morte e degli oscuri problemi che vi si legano, dei rapporti fra la religione e la morale, del còmpito che ci spetta per l’educazione delle venture generazioni. A quest’ultimo proposito diceva: "Poiché in queste materie esiste il dubbio, tra la negazione e l’affermazione ho libera la scelta, e quindi ho il diritto di preferire quella fra le due soluzioni che stimo più giovevole all’educazione morale della gioventù."

Egli era convinto che nella lotta che ciascuno è obbligato di sostenere colle proprie passioni per seguire la via della virtù, pochi v’hanno che possano fare a meno dell’aiuto di principi religiosi elevati e sinceri; biasimava quindi le famiglie che trascuravano del tutto questa parte dell’educazione giovanile. "Qualunque sieno le nostre credenze personali, diceva a questo proposito, abbiamo il dovere di procurare che nulla sia trascurato nell’educazione della gioventù affidata alle nostre cure, affinchè discenda nella battaglia della vita meglio armata che è possibile. Libero poi a ciascuno, quando col crescer degli anni ha fatto l’animo più saldo e più matura la mente, di adottare in così gravi questioni le opinioni che avrà giudicate migliori."

Non staremo ad indagare quali fossero le sue convinzioni in fatto di religione, perché non ci sembra lecito in cosifatto argomento scrutare i recessi più intimi della coscienza e trarre da pure ipotesi arrischiate deduzioni. Diremo solo che, per quanto a noi consta, egli preferiva quelle credenze religiose che sono più compatibili con una certa libertà di pensiero e che riconosceva la grande importanza della religione cattolica, anzi credeva che dopo la caduta del potere temporale la sua influenza nel mondo si andasse continuamente aumentando. Non è vero quello che alcuni pretesero, nutrire egli una invincibile avversione per la Chiesa di Roma; egli anzi ne giudicava gli atti colla stessa serena imparzialità con cui studiava i grandi fenomeni morali e sociali, e ricorderemo anzi come in un celebre discorso pronunciato alla Camera dicesse: "Quando si tratta di istituzioni secolari che hanno reso dei servigi all’umanità per tanto tempo, io sono conservatore in questo senso, che si debba solo distruggere quanto non può reggersi, e dopo apparecchiati i rimedi possibili ai mali che potessero derivare dalla distruzione.(2)"

Egli credeva che la Chiesa di Roma avrebbe potuto rendere grandi servigi alla società moderna nel periodo difficile che essa attraversava perché: "il sentimento religioso nobilita ed eleva l’uomo e gl’infonde la virtù del sacrificio.(3)" Egli deplorava quindi che la Chiesa si rendesse più difficile l’esercizio della sua benefica missione morale confondendo la sua causa con quella del clericalismo il quale "aspirando alla dominazione della società civile, corrompe la religione e guasta lo Stato,(4)" e si atteggiasse ad avversaria irreconciliabile della scienza moderna, quantunque il campo dell’ignoto sia così vasto, come dice lo Spencer, che tanto le ipotesi religiose quanto le scientifiche possano muovervisi in esso liberamente. "A misura che si avanza la scienza dell’osservazione, diceva il Sella (5), il Dio della religione deve per forza ritirarsi. Ma come si ritira? Per scomparire, dicono taluni: no, per elevarsi a creatore di un ordine di cose così perfetto che non abbisogni di ritocco quotidiano, dicono gli altri. Il certo si è che l’infinito, il principio, il fine delle cose, Dio, il concetto di Dio, non cadono sotto la osservazione dei naturalisti: il certo si è che questa libertà che noi sentiamo dentro di noi, se corrisponde ad una continuazione della responsabilità anche dopo la vita, cioè la questione dell’immortalità dell’anima, non casca sotto nessun goniometro, sotto nessun dinamometro, sotto nessun microscopio o telescopio, sotto nessuna bilancia, sotto nessun reattivo. È chiaro dunque che il concetto di Dio e quello dell’immortalità dell’anima non appartengono al dominio delle scienze positive. Si potrà credere in un senso o nel senso diametralmente opposto, ma checchè se ne dica, si sarà sempre nel campo delle credenze.

" Non è vero che le scienze positive distruggano per sé questi concetti e quindi distruggano il concetto della religione la quale si fonda appunto sul concetto di Dio e dell’immortalità dell’anima. Ma è però vero che queste scienze progrediscono con una rapidità che oso chiamare spaventosa, e dimostrano come tutti i fatti del regno inorganico, e moltissimi dell’organico, altro non ciano che una semplice conseguenza di leggi naturali….. Dall’altro lato cosa accade per ciò che riguarda la religione la più importante che sia al mondo?….. Per lunga pezza la Curia romana credette di poter tenere la direzione del movimento scientifico….. I principali ordini religiosi, quelli che più avevano importanza, si erano tenuti al corrente di questo movimento sino alla fine del secolo passato….. Ma da allora in poi si direbbe che ne hanno perduto la speranza….. È un fatto gravissimo:….. voler dirigere le coscienze e l’istruzione e non tenersi al corrente dei progressi della scienza!"

Affinchè la Chiesa potesse adattarsi all’ambiente moderno non era necessario, a suo avviso, che rinnegasse il passato e quel complesso di leggende miracolose in mezzo alle quali nacque e lungamente visse; in quanto che la patina del tempo ammorza i colori troppo smaglianti e scema le distanze che separano il reale dal fantastico; ed inoltre l’abitudine di vedere le origini di molti popoli e di molte istituzioni perdersi fra le nebbie dell’ignoto e i miraggi del meraviglioso, ci induce ad ammettere che lo stesso possa accadere rispetto alle istituzioni religiose le quali per loro natura sfuggono alle esigenze di una critica rigorosa. Egli avrebbe desiderato soltanto che la Chiesa si contentasse di seguire la propria strada, lasciando alla scienza libera la sua; non respingesse quelle fra le verità scientifiche che sono ormai pienamente dimostrate, e cercasse di mantenere ed accrescere la propria influenza con altri mezzi che colla testimonianza di nuovi prodigi e coll’affermazione di nuovi dogmi. "Tanto più(6), diceva, che non bisogna dimenticare come, dall’altro lato, per una reazione vivissima, si sia andati alla negazione assoluta di ogni religione, di ogni spirito religioso. Dei libri come quello dello Strauss sulla vecchia e la nuova fede, dove è detto che l’uomo non ha più bisogno di religione,…. non sono solo oggetto delle innocenti dispute che si fanno nelle Università, nei crocchi colti….. Vi sono riunioni, non più di professori, di studenti, di uomini colti, dove si dice in sostanza: Questo illustre professore, questo santo padre, ha dimostrato che dopo questa vita non c’è più nulla. Iddio, l’immortalità dell’anima e simili cose, sono tutte invenzioni degli abbienti per godere di questo mondo alle spalle nostre. Il problema da risolversi in vita non è altro che il maximum dei godimenti e nulla più. E di quali godimenti si parla?…. Di soli godimenti materiali, dai quali risulta l’annullamento della carità, di patria, del sentimento di umanità dell’affetto della famiglia, la degradazione la più orribile che si possa immaginare…. Ora che cosa accadrà, signori!….. La scienza che cammina così rapidamente in un senso, ed una grande religione che cammina finora non meno rapidamente nell’altro(7). C’è una seria difficoltà a mantenere fra queste due diverse tendenze un ideale che tenga l’uomo virtuoso.(8)"

Questi oscuri problemi dell’avvenire lo rendevano oltre ogni dire pensoso. Ci sia anzi lecito a questo riguardo richiamarci ad un ricordo personale, cioè come il Sella durante gli ultimi mesi della sua vita ci consigliasse più volte a fare degli studi intorno alle differenti fasi per le quali sono passati i rapporti fra la religione e la Società civile, da quando il pensiero religioso determinò e disciplinò quasi esclusivamente le prime associazioni delle genti greche ed italiche fino ad oggi in cui la società laica affetta di disinteressarsi del problema religioso molto più di quello che a lui sembrasse opportuno. Sovente egli ci comunicava le sue osservazioni in proposito e le notizie che aveva raccolte. Due mesi prima della sua morte egli era rimasto molto colpito da un articolo del Times riguardante l’espansione che la Chiesa anglicana va prendendo anche fuori delle Isole Britanniche; venne a farcelo leggere, e poi lo mandò al De Zerbi pel Piccolo di Napoli, insieme alla seguente lettera: "È il Times del 2 gennaio quello che narra la consacrazione del Canonico Barry a Vescovo di Sydney e Primate d’Australia, fatta nell’abbazia di Westminster dal Primate d’Inghilterra, Arcivescovo di Canterbury. Il sermone venne letto dal Canonico Westecott e contiene dati e particolari interessanti anche per gl’italiani, specialmente dopo il Vaticano regio del Padre Curci, e la polemica sollevata da questo interessante libro. A te basti notare la espansione della Chiesa anglicana per la niuna ingerenza dello Stato. Narra infatti il Westecott che appunto ora fa un secolo, allorquando venne consacrato il primo Vescovo della Chiesa anglicana fuori delle Isole britanniche; ed attualmente 133 Vescovi riguardano Canterbury come la sede del loro Patriarca. Soltanto 38 anni fa Sydney venne fatta sede di una Diocesi australiana ed ora 18 Vescovi ne dipendono. L’oratore dichiara esplicitamente che il ritiro dell’aiuto dello Stato non menomò il sentimento degli obblighi della nazione verso la Chiesa, e molto si loda dell’intervento dei laici nell’amministrazione di questa, anche e soprattutto per quello che da essi il Clero impara. Vorrebbe il Westecott che gl’inglesi maggiormente si adoperassero per l’estensione della loro Chiesa nella quale egli vede le migliori speranze per la sociale cristianità del suo clero e con cui, soprattutto, a suo credere si connetterà l’azione del cristianesimo come forza sociale nella civilizzazione dei continenti australi. Ma in complesso traspare dal suo dire una serena soddisfazione che fa un singolare contrasto colle astiose querimonie del Vaticano regio; ed il Times nel suo articolo di fondo segnala ai suoi lettori l’importanza della consacrazione avvenuta nell’abbazia di Westminster relativamente all’azione dell’Inghilterra sulla civiltà del mondo.

" Ignoro se le aride forme della Chiesa anglicana possono convenire a molti altri popoli, e dovrei crederle non adatte alle razze in cui prevale il sentimento e l’immaginazione. Ma, anche circoscritta agl’inglesi, ha sempre importanza una Chiesa che agisce sopra i signori di tanta parte dell’orbe terracqueo, ed il fatto che essa possa estendersi in buona armonia coi Governi e colla Società civile e liberale, è meritevole delle riflessioni del nostro clero.

" Per una singolare coincidenza, lo stesso numero del Times dà i rendiconti della festa annuale della Società dei positivisti. Non è detto se il numero dei proseliti si vada accrescendo, ma il grave diario della City dichiara che sarebbe errore il negarne l’importanza e non riconoscere la nobiltà e l’elevatezza del discorso fatto in questa circostanza dall’Harrison. L’ideale che questi si propone è l’umanità, ed il suo culto è l’abnegazione nel servirla. Il sermone si legge in questa parte con maggior piacere che le ultime pagine della Vecchia e nuova fede dello Strauss….."

Ma è tempo di scendere da così alte regioni per gittare di nuovo uno sguardo sulle vicende politiche del principio del 1879. Alla riapertura della Camera, il 14 gennaio, più impaziente divenne il desiderio in quella parte della destra che teneva da vicino al Minghetti di dare una organizzazione al partito moderato, e quindi una stabile ed autorevole direzione all’Associazione centrale. In seguito a molteplici transazioni si venne nel proposito di scegliere un comitato supremo composto dai quattro o cinque personaggi più eminenti del partito. Chi potessero essere costoro era chiaro; i nomi del Sella, del Minghetti, del Lanza vennero alla bocca di tutti. Ma era evidente che il Sella il quale, per un complesso di ragioni, aveva già rinunciato ad essere Presidente dell’Associazione non poteva ora far parte di un comitato che quel Presidente era chiamato a sostituire, giacchè così facendo, con responsabilità eguale ed autorità scemata si esponeva agli stessi guai che aveva altra volta deplorati. Ma se il Sella non accettava, anche il Lanza si rifiutava, per timore di esser confuso colla così detta consorteria, ed allora tanto valeva rinunciare all’idea di un comitato ed eleggere un nuovo Presidente, il quale evidentemente non poteva essere che il Minghetti, ciò che avrebbe fatto correre il pericolo di scissure nel partito. Per amore di concordia si venne dunque ad una transazione, da un canto il Lanza consentì ad entrare nel comitato, dall’altro il Sella a riprendere la direzione del partito, ma soltanto nella Camera.

 

1) Prof. Bartolomeo Gastaldi, linceo, direttore del Museo Civico di Torino, era uomo dotato di ingegno pronto e sottile, di grande spirito di osservazione, di ottimo cuore. Lo resero chiaro gli studi di mineralogia, di geologia e di paleontologia. Basti citare i suoi lavori sull’origine glaciale di molte valli del Piemonte, le ricerche che primo in Italia fece sulle abitazioni lacustri, e la carta delle alpi piemontesi. Nel 1848 si era trovato a Parigi insieme al Giordano e al Sella, e nel 1861 era poi succeduto a quest’ultimo nella cattedra di mineralogia alla Scuola degli ingegneri di Torino.
2) Discorso del 14 marzo 1881 sulla legge per le opere edilizie di Roma.
3) Lettera al deputato Cavalletto 5 febbraio 1879.
4) Idem idem
5) Discorso del 14 marzo 1881.
6) "Christianam fidem, si miraculis non esset approbata, honestate sua recipi debuisse" diceva Pio II, il celebre Enea Silvio Piccolomini (Platina, Vita Pontif.)
7) "Poiché la religione, diceva un illustre scrittore francese, è una soluzione definitiva, la scienza una perpetua ricerca."
8) Discorso alla Camera del 14 marzo 1881.

 

 

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