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Privacy/Il Grande Fratello Elettronico

 

Giancarlo Mola

 

 

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Prima notizia: il Garante per la privacy Stefano Rodota’, lunedi’ 15 marzo, chiede alle compagnie di telefonia mobile se per caso gli spostamenti dei proprietari di cellulari vengono in qualche modo registrati anche quando gli apparecchi sono in stand-by. Seconda notizia: Microsoft - la societa’ che vende i programmi che girano sul 90 per cento dei computer del pianeta – e’ accusata di schedare i propri clienti e di seguire cosi’ i loro movimenti sui siti dell’azienda. Terza notizia: Intel, massimo produttore di microprocessori, annuncia che il nuovissimo Pentium III sara’ dotato di un Psn (Processor Serial Number), un codice che permette l’identificazione univoca del computer, e quindi del suo possessore, su tutte le transazioni telematiche.

Si sente l’alito del Grande Fratello nel mondo digitale, insomma. Ha mille volti, spesso indecifrabili, ma un solo obiettivo: sapere in ogni momento quello che facciamo, dove siamo, quello che vediamo o che acquistiamo. Non ama farsi vedere, ma mi tanto in tanto lascia tracce in giro. Basta ricostruirle con pazienza e attenzione. E capire che ogni nostro movimento, reale o virtuale, e’ potenzialmente spiato da qualcuno.

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Attraverso il cellulare, innanzitutto. Quando il telefonino e’ acceso infatti invia continuamente segnali all’antenna piu’ vicina. Che immediatamente localizza (con una approssimazione di pochi metri) la sua posizione geografica. Questa operazione serve ai gestori per calcolare gli addebiti che sono legati alla distanza tra chi chiama e chi e’ chiamato: si pensi, solo per citare il caso piu’ diffuso, a chi acquista abbonamenti con tariffa scontata per le chiamate in provincia. In teoria i tracciati sulla localizzazione dovrebbero essere distrutti immediatamente dopo la fine della conversazione. Ma chi garantisce che sia davvero così’? Un dubbio legittimo. Tanto che il Garante per la privacy ha deciso di vederci chiaro. E ha chiesto a Tim, Omnitel e Wind "dettagliate informazioni" sulle modalita’ di raccolta dei dati relativi al luogo della chiamata e se essa avvenga anche a telefono spento. Ma non solo: Rodota’ ha anche domandato ai gestori per quanto tempo le informazioni siano conservate, quali siano i soggetti che vi hanno accesso e se la localizzazione riguardi solo i titolari di abbonamenti o anche quelli che utilizzano la scheda. Le compagnie telefoniche hanno tempo, per fornire chiarimenti, fino al 26 marzo. Poi, forse lo scenario, sara’ un po’ piu’ chiaro.

Ma non c’e’ da stare tranquilli. Ci sono molti altri modi per essere individuati. Con bancomat e carte di credito, per esempio. E’ sufficiente fare un prelievo in qualsiasi banca, o comprare un qualunque oggetto con la tessera magnetica et voila’, ecco un’altra traccia indelebile della propria presenza in quel posto e a quell’ora. Per non parlare della Viacard, la carta usata per evitare le lunghe code ai caselli autostradali. Ogni passaggio e’ accuratamente registrato, nello spazio come nel tempo. Non c’e’ scampo, il Grande Fratello e’ li’ a guardare. E ancora di piu’ lo fara’ in un futuro sempre meno lontano. Quando i cittadini sostituiranno la carta d’identita’ con una smart card magnetica. Che servira’ per farsi addebitare la corsa in autobus, per chiedere certificati al comune, per mangiare nelle mense scolastiche e universitarie, per farsi curare negli ospedali e negli ambulatori, per ritirare la pensione. Non e’ immaginazione: progetti del genere sono allo studio anche in Italia, e il comune di Bologna sara’ capofila nella sperimentazione.

Cercare rifugio in Internet? Macche’. In Rete la privacy e’ sempre stata tanto invocata quanto poco considerata. Sui server dei siti che quotidianamente sono consultati vengono registrati i cosiddetti file di log. Che sono una specie di solco digitale lasciato dai naviganti. Cosi’ specifici da contenere oltre al giorno, il mese, l’ora e il minuto del contatto, anche il percorso seguito dall’utente nelle pagine web del sito. Risalire alla persona fisica e’ ora un po’ complicato, ma senz’altro possibile. La prima indicazione di un file di log e’ infatti l’Internet Protocol dell’utente. Che e’ il numero che viene assegnato al cybernauta dal provider nel momento del collegamento. Per ragioni legali i fornitori di accessi alla Rete sono tenuti a conservare copia degli Ip di volta in volta dati ai loro utenti. Anche negli spostamenti sul web quindi l’anonimato e’ una grande utopia.

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L’affare Pentium III rischia quindi di essere solo la goccia che fa traboccare il vaso. Perche’ il Psn consente di seguire passo passo la navigazione degli utenti con una facilita’ estrema. Rendendo possibile studiare i gusti, le abitudini, gli acquisti e le transazioni finanziarie dei sempre piu’ numerosi appassionati della Rete. Per questo le organizzazioni che si battono per la tutela della privacy telematica (l’Electronic Privacy Information Center, il Center for Democracy and Technology, la Junkbuster in testa a tutte) hanno giurato battaglia alla Intel. Ottenendo per ora solo una timida marcia indietro: la societa’ di Santa Clara ha infatti chiesto a chi monta i suoi processori di disabilitare il numero di codice, e di permettere, a chi lo desidera, la sua riattivazione via software.

Certo Intel - cosi’ come tutti i costruttori di dispositivi elettronici - ha un buon argomento dalla sua: che solo con l’identificazione e’ possibile garantire la sicurezza delle transazioni e difendere gli utenti da truffe, frodi e crimini. Il Psn e’ stato infatti presentato come la soluzione ai problemi del commercio elettronico e dell’home banking. E la possibilita’ di "localizzazione" dei telefonini e’ stata ampiamente utilizzata dai giudici che indagavano sull’omicidio di Maria Pia Labianca, la ragazza uccisa a Gravina di Puglia mercoledi’ 24 febbraio. Se per prevenire delitti o scoprire criminali si deve sacrificare un po’ della riservatezza di tutti, allora il gioco vale la candela, e’ il ragionamento dei fautori del controllo digitale.

Il punto e’ che dall’uso legittimo delle tecnologie all’abuso il passo e’ breve. Lo dimostra il caso Microsoft. Il gigante di Bill Gates si e’ trovato nei giorni scorsi al centro di polemiche molto feroci. L’accusa infatti e’ grave: la societa’ di Redmond avrebbe utilizzato i dati personali dei suoi clienti per spiarli durante la navigazione sul suo sito. Le informazioni sarebbero raccolte durante il processo di registrazione online di Windows 98, all’insaputa dell’utente. "L’intera storia e’ allarmante", ha detto Christian Persson, direttore di ‘Computer Technology’, che ha scoperto il presunto sistema di schedatura Microsoft. "Se si pensa che la privacy non conti nulla, allora si puo’ dire: ‘E allora?’. Ma se non si e’ di questa opinione allora non si puo’ non denunciare la violazione".

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Non e’ la prima volta che Microsoft cade su questioni del genere. Un codice identificativo del proprietario della licenza sarebbe infatti inserito in tutti i programmi (e i relativi file) del gruppo Office. Significherebbe, in soldoni, che si puo’ risalire all’autore di un qualsiasi documento di Word messo in circolazione. "Non c’e’ alcuna relazione tra la registrazione di Windows 98 e i codici identificativi contenuti nei documenti di Office 97", si sono affrettati a dire i legali di Gates. E Robert Bennet, product manager di Microsoft, a proposito dell’accusa di schedatura degli utenti del sito dell’azienda ha commentato: "Notizie false e tendenziose". Sara’, sta di fatto che la casa di Redmond ha dichiarato che rivedra’ il sistema di registrazione dei suoi prodotti. Quasi a dire che il Grande Fratello – se aveva deciso di nascondersi sotto la zazzera di Bill Gates – almeno stavolta e’ stato respinto.

 

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