Come si diventa soldato di pace
Nicoletta Perfetti
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Costruire la pace: nel corso delle giornate di studio organizzate il
mese scorso dal Centro Pio Manzù di Rimini ci si è interrogati su
come la comunità internazionale possa, ancor meglio che in passato,
individuare le crisi emergenti e prevenire il loro trasformarsi in
conflitti armati. La stessa comunità internazionale si sta ora
muovendo verso la promessa di una sicurezza collettiva sotto l’ombrello
delle Nazioni Unite.
Negli ultimi cinquant’anni alle operazioni d peace-keeping hanno
partecipato soldati appartenenti a circa cento nazioni diverse. Ma chi
è un soldato di pace, o come dovrebbe essere? Lo ha spiegato alla
platea il Generale Franco Angioni, Presidente dell’Ordine Militare d’Italia.
Il profilo del soldato di pace.
E’ un supersoldato tradizionale, rispettoso della legge, della
disciplina e dell’assolvimento del compito, ma non influenzato dalla
sindrome della vittoria o dalla necessità di dover distruggere o
annientare un precostituito avversario, come di norma lo sono i
combattenti. E’ anche capace di soccorrere, in tutte le forme
possibili, le vittime di un'emergenza, di solito popolazioni bisognose
di cibo, medicinali e abitazioni perché le organizzazioni
internazionali deputate all’assistenza umanitaria, per motivi
contingenti, possono iniziare ad operare in tempi successivi all’arrivo
delle unità militari.
E’ un soldato che, oltre ad essere attrezzato fisicamente e
tecnicamente, dovrà, grazie a una specifica formazione culturale,
comprendere intimamente lo scopo politico e le conseguenti connessioni
che hanno determinato l’intervento delle forze di pace. Deve essere
dotato di grande flessibilità mentale e operativa, tanto da poter
cambiare il proprio atteggiamento sul campo, al mutare delle
situazioni, passando dalla ferma determinazione alla consapevole
tolleranza.

Dove e come si forma il soldato di pace.
La formazione deve tendere a specializzare il soldato tradizionale
(di ottimo livello professionale, quale indispensabile elemento di
base) in un tecnico delle operazioni di supporto alla pace, tenendo
presente che il personale destinato a tali operazioni apparterrà, per
insopprimibili esigenze politiche, a Paesi diversi. L’uniformità
della preparazione consentirà di incrementare quell’amalgama che
rappresenta un fattore determinante della capacità operativa.
Pertanto occorrerà un centro di formazione mondiale, gestito
direttamente dalle Nazioni Unite, per la preparazione degli
istruttori, e più centri periferici ispirati agli stessi principi e
uniformati dalle medesime tecniche.
La filosofia dell’intervento
Le unità impegnate in operazioni di supporto alla pace sono
espressione del rispetto dei principi e dei valori della Carta delle
Nazioni Unite. Là dove vengono impiegate le forze di pace, unitamente
allo scopo della pacificazione e del rispetto dei diritti umani,
devono venire correttamente prospettati anche i valori etici,
culturali e sociali delle comunità che quelle forze hanno espresso,
nonostante talvolta, per il raggiungimento degli scopi, debbano essere
impiegati anche sistemi e mezzi coercitivi. Né deve suscitare
incertezze la possibilità di essere accusati di neocolonialismo o di
protettorato. I paesi democratici, grazie al controllo istituzionale
di cui dispongono, non potranno mai diventare colonizzatori.
Perché gli i interventi non funzionano?
Di solito succede per via della scarsa chiarezza del disegno
politico, dei traguardi da raggiungere nel breve e medio periodo e
della mancanza di controllo. Tali carenze, di norma, non solo non
hanno consentito di risolvere la crisi, nonostante perdite umane e
sprechi di risorse finanziarie, ma hanno causato dannose cadute di
prestigio delle organizzazioni e dei Paesi coinvolti. L’opinione
pubblica è più influenzata dagli insuccessi che dai successi e la
permanenza dei conflitti può far perdere credibilità alle operazioni
di supporto alla pace, tanto da renderne sempre più difficile l’attuazione.
Le conclusioni
Gli interventi per ristabilire la pace e la sicurezza saranno
ancor più indispensabili, fintanto che nei vari continenti
persisteranno sopraffazioni e violazioni dei diritti umani. La sola
evenienza di non poter più organizzare operazioni di supporto alla
pace rappresenterebbe una vittoria degli arroganti, perché
eliminerebbe anche quel minimo di deterrenza che costituisce un monito
all’esercizio della violenza.
Il soldato di pace esiste, può essere adeguatamente formato ed è
indispensabile per le necessità di oggi e per le esigenze di domani,
purchè possa essere chiamato ad operare in uno scenario accuratamente
predisposto in termini politici e tecnici.
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