Superburocrate a tempo di record
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A soli 35 anni, Antonio Caponetto è un dirigente del Ministero del
del Tesoro. A via Venti Settembre non è approdato facendo la consueta
trafila nei ranghi della burocrazia, che avrebbe imposto tempi ben
più lunghi, ma attraverso un canale aperto di recente, proprio allo
scopo di portare aria nuova nelle stanze polverose del nostro apparato
statale.
"Tutto nasce con il governo Ciampi - ricorda il diretto interessato
- e con la riforma dell'amministrazione voluta dal ministro della
Funzione pubblica di allora, Sabino Cassese. Essa prevedeva tra
le altre cose una nuova modalità di accesso agli alti gradi della
burocrazia ministeriale. In precedenza si diventava dirigenti dello
Stato solo in seguito a concorsi interni, per cui non era possibile
accedere ai ranghi più elevati direttamente dall'esterno. E quello
degli alti funzionari finiva quindi per essere un mondo piuttosto
chiuso in se stesso, al quale spesso si approdava alle soglie dell'età
pensionabile".

Fu così che venne affidato alla Scuola
superiore della pubblica amministrazione il compito di
occuparsi della formazione e la specializzazione dei dirigenti della
pubblica amministrazione locale e di organizzare il cosiddetto
"corso concorso", cioè un ciclo di formazione per dirigenti
ministeriali cui si accede attraverso una prova pubblica e che nella
sua prima versione aveva un altro esame al proprio termine."
Concluso il periodo di studi - puntualizza Caponetto - qualcuno di noi
avrebbe potuto essere bocciato, anche se poi in realtà non è
avvenuto".
"Del resto la prova di accesso - continua - non era uno scherzo,
poiché comprendeva un gran numero di materie giuridiche, economiche e
storiche, più nozioni d'informatica e la lingua inglese. Partecipammo
in tremila agli scritti, tenuti nel novembre 1997, ma poi, conclusi
gli orali, eravamo rimasti solo in 104. Da notare che al termine di
tutta la procedura si prevedeva l'assunzione di 118 persone nella
pubblica amministrazione, mentre il numero dei partecipanti al corso
non poteva superare i 156. Quindi nei fatti la selezione decisiva
avvenne all'inizio, perché poi ci trovammo ad essere meno numerosi
dei posti disponibili. Alla fine siamo entrati nella dirigenza statale
in 92, perché altri hanno abbandonato per motivi di vario
genere".
Ma da dove provenivano in genere i partecipanti al corso? "Quanto
agli studi compiuti, eravamo divisi in due grossi blocchi, laureati in
Giurisprudenza e in Economia, più un gruppo meno consistente
proveniente da Scienze politiche. Va sottolineato che, per quanto la
filosofia dell'iniziativa consistesse nel favorire l'ingresso nei
ranghi statali di energie provenienti dall'esterno, il corso era
aperto anche ai dipendenti pubblici, che finirono per costituire i due
terzi del primo gruppo ammesso. Nel loro caso il nuovo canale è
servito in sostanza come una scorciatoia per bruciare le tappe della
carriera che già avevano intrapreso. Bisogna aggiungere però che
nella seconda tornata il rapporto si è invertito, con circa un terzo
di appartenenti al pubblico impiego e due terzi provenienti dal
settore privato".
Sull'organizzazione del corso, Caponetto non risparmia le osservazioni
critiche. "Sono stati due anni lunghi e pesanti, più uno stage
di sei mesi presso una pubblica amministrazione. Adesso si è capito
che la durata biennale era eccessiva: il terzo corso, il cui bando
dovrebbe uscire a giorni (*), si limiterà a dodici mesi, senza prova
selettiva alla conclusione. Noi invece abbiamo fatto un po' da cavie e
soprattutto il primo anno, che doveva servire a portare sullo stesso
piano chi aveva fatto studi di natura diversa, si è rivelato
noiosetto e non particolarmente utile. Era impostato come se fosse
rivolto a dei neolaureati, mentre tutti noi avevamo già una certa
esperienza alle spalle. La situazione è migliorata il secondo anno,
quando l'insegnamento si è fatto più aderente ai problemi concreti
che ci si trova ad affrontare sul piano professionale".
"Le lezioni - prosegue - erano organizzate per materie: storia,
controllo di gestione, contabilità di Stato, inglese e così via. Era
come andare a scuola, con parecchie ore di impegno giornaliero e per
giunta un compito in classe quasi ogni mese. Il primo anno tutte le
mattine avevamo lezione dalle 9 alle 13: due pomeriggi alla settimana
si studiava inglese per due ore e altri due erano occupati da
ulteriori lezioni, fino alle 17. Il secondo anno la clausura si è un
po' alleggerita. Poi abbiamo dovuto affrontare le prove finali e
presentare delle tesi".

Scarseggiava per di più il compenso economico. "Mentre i
dipendenti pubblici mantenevano posto e stipendio - ricorda Caponetto
-, noi esterni, che avevamo dovuto lasciare il nostro precedente
lavoro, ci siamo visti assegnare una borsa di studio di due milioni
lordi al mese, senza alcun pagamento di contributi
previdenziali".
Alla fine del tunnel, per fortuna, è arrivato lo stage. "A
questo punto le redini della scuola si sono allentate. Dopo tanti test
così gravosi, l'unico obbligo rimasto è stato quello di presentare
una relazione riguardante la nostra esperienza sul campo. Quasi tutti
abbiamo cercato di rimanere nelle sedi in cui avevamo compiuto lo
stage. Io sono stato assunto dal Tesoro nell'ottobre passato, a circa
tre anni dall'esame di ammissione al corso; alcuni miei colleghi, che
sono entrati all'Inps, hanno atteso qualche settimana in più".
In definitiva che bilancio si può trarre? "I pareri sono divisi.
Alcuni hanno vissuto il corso come un incubo, altri sostengono che si
è trattato di tempo perso. Il mio giudizio è assai più positivo:
oggi, lavorando, mi accorgo che parecchie delle cose studiate tornano
utili. Molti colleghi del Tesoro hanno di gran lunga più esperienza
di me, ma non sono particolarmente aggiornati sulle leggi uscite nei
settori diversi da quelli di loro competenza. Chi lavora
quotidianamente nell'amministrazione finisce in qualche misura per
cristallizzarsi, mentre noi usciti dal corso possediamo una visione
d'insieme più organica. Non direi affatto di aver buttato due
anni".
E' nata insomma una fucina di servitori dello Stato, al livello della
leggendaria Ena francese? "Credo che da quel modello di
eccellenza siamo ancora molto lontani, anche perché la Scuola
superiore di pubblica amministrazione non ha strutture capaci di
reggere il confronto. Tuttavia un primo passo è stato compiuto. In
fondo la nostra è stata un'esperienza pilota e credo che con qualche
aggiustamento il corso possa notevolmente migliorare".
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