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"Imparare a scrivere per iniziare a leggere"

intervista a Giuseppe Pontiggia di Paolo Marcesini

 

Giuseppe Pontiggia, scrittore, critico letterario, fondatore a Milano del corso di scrittura creativa del Teatro Verdi, è fermamente convinto che il primo scopo delle scuole di scrittura creativa sia di insegnare a leggere: "Si può frequentarle per migliorare la qualità del comunicare. Oppure perché si ha in mente di diventare scrittori. Soprattutto, ed è questa la loro funzione più meritoria, insegnano a leggere, a godere del piacere ormai perso di prestare attenzione a un testo letterario. Ci riescono perché concentrano l'attenzione dello studente sulla collocazione delle parole all'interno della frase, sulla costruzione più o meno particolare di un dialogo, sullo stile di un autore; aumentano, in altre parole, la possibilità di fruizione della parola scritta e ne moltiplicano all'infinito le occasioni di incontro".

Non si diventa scrittori quindi, ma grandi lettori.

"Mi sembra una grande risultato, un regalo tra i più belli che una scuola può offrire. Quando insegnavo scrittura creativa, i miei allievi leggevano quasi tutti i libri che citavo durante le lezioni. E leggendo sviluppavano una attenzione esigente nei confronti del testo, non subendolo passivamente, ma indicando con precisione i punti dove era più o meno efficace. Alla fine del corso avevano completamente dimenticato di voler scrivere il loro romanzo e si erano trasformati in accaniti lettori,capaci di aggredire con coscienza critica persino i grandi classici, attenti alle cose che vanno bene, non indifferenti ai passaggi che non funzionano".

E' possibile insegnare l'arte del romanzo?

"A chi possiede particolari attitudini narrative, le scuole possono offrire alcune indicazioni utili e stimolanti, illuminazioni che possono essere decisive alla loro carriera. Sono convinto, e quello che dico è basato su dati verificabili, che si possa insegnare a migliorare lo stile di scrittura di una persona così come è possibile insegnare l'uso di uno strumento musicale. Sia chiaro però che l'attitudine alla scrittura creativa, alla capacità cioè di narrare scrivendo, fa parte del patrimonio genetico di ciascuno di noi e, in quanto tale, non può essere insegnata. Laddove questa attitudine esiste, invece occorre nutrirla attraverso una formazione culturale capace di offrire agli aspiranti scrittori tutti gli strumenti artigianali dello scrivere e i segreti delle tecniche narrative".

L'uomo, insomma, oltre a nascere scrittore, deve anche diventarlo?

"I corsi di scrittura creativa, se sono ben fatti quando c'è, possono persino alimentare il talento. Mettiamola così, non sono indispensabili, ma necessari".

La crisi della lettura investe soprattutto le nuove generazioni. Come mai?

" Il libro non ha più quella funzione di mediatore esclusivo che aveva sino a pochi anni fa. Questo accade perché la formazione culturale, così come l'evasione, passa attraverso altri canali di diffusione, canali che, rispetto al libro, hanno suggestioni più immediate da offrire e una enorme facilità di accesso. Molti giovani così scelgono la strada più agevole. Quando non c'era ancora la televisione gli appassionati del libro erano certo una minoranza, ma nemmeno gli analfabeti della lettura erano maggioranza come oggi. A colpirmi nei ragazzi di oggi è l'orgoglio dell'ignoranza, il disprezzo nei confronti del libro, disprezzo che coinvolge persino i laureati, i quali dichiarano con entusiasmo di non aver più etto un libro dopo il conseguimento della laurea. Questo significa che il libro è diventato l'emblema di una cultura oziosa, noiosa e superflua".

Quali sono le cause?

"Sicuramente il decadimento della scuola e una certa avversione atavica nei confronti di un oggetto, il libro, da molti ritenuto inutile.Una diffidenza che oggi finalmente ha modo di manifestarsi mentre nel passato era sopita da un rispetto devoto nei confronti della cultura, vista come una entità lontana, sconosciuta, e per questo da temere. Oggi è altrettanto lontana e sconosciuta ma la si può tranquillamente sbeffeggiare".

Perché la scuola non insegna più la scrittura?

"La scuola non ha mai insegnato a scrivere con efficacia,chiarezza e persuasività. In passato a chi si avvicinava alla parola scritta la retorica offriva degli strumenti molto incisivi, severi, preziosi ed efficaci. Nel ‘900 per effetto dell'influenza dell'idealismo si rifiutò invece l'insegnamento della retorica tradizionale, e la strumentazione linguistica venne man mano impoverendosi. E così che gli studi sono diventati meno severi, i controlli meno frequenti, la disciplina si è rilassata. E poi ci sono gli insegnanti, uomini e donne che spesso non hanno alcuna attitudine pedagogica, incapaci a trasmettere alcunché, figuriamoci l'amore e l'entusiasmo per i libri".

Se la lettura perde appeal, la scrittura mantiene inalterato il suo fascino. Come mai?

"In molti scrivono perché nell'era della comunicazione globale il bisogno di comunicare si è accentuato. Lo scrivere viene scambiato per un modo di comunicare attraverso la parola e si ritiene, a torto, che la parola sia un mezzo espressivo che non ha bisogno di particolari approfondimenti tecnici. Si ritiene, in altre parole, di poter scrivere così, come viene, senza l'obbligo di imparare alcunché. Questo accade perché apparentemente scrivere è un mezzo accessibile a tutti. La pratica ahimè è molto diversa".


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