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Libri

Manuali offrensi, scrittori cercansi

Paolo Marcesini

 

Scrivere, che passione! Leggere che noia! Strano paese il nostro, abbiamo uno degli indici di lettura più bassi d'Europa, ma tutti (o quasi) moriamo dalla voglia di pubblicare un romanzo. E così aumenta a dismisura il numero di scuole di scrittura creativa (materia colpevolmente assente dai piani di studio delle nostre scuole) anche se, avvertono gli insegnanti, imparare a scrivere è una cosa, diventare scrittori un'altra. Già, ma come si diventa scrittori? E' possibile insegnare l'arte del narrare? A questa domanda hanno cercato di rispondere moltissimi saggi e manuali pubblicati recentemente. Ma la risposta, cari amici, è più che mai blowing in the wind.

Nel suo Il mestiere di scrivere (Fazi editore, pp.256, lire 30.000)David Lodge ci ricorda ad esempio che nessuno (ma proprio nessuno) ha mai scritto un libro senza averne letti altri, perché: "E' leggendo che si acquisisce la conoscenza basilare dei meccanismi retorici e strutturali che appartengono ad un particolare genere o forma di scrittura. Questo processo è in gran parte intuitivo e inconsapevole,come apprendere la propria lingua madre".

Abbiamo quindi un primo punto fermo: per scrivere bisogna leggere. Ma la scintilla scocca da sé, o bisogna produrla a suon di regole ed esercizi? La polemica è vecchia e David Lodge ci ripropone in proposito il "duello" tra Henry James e Walter Besant. Correva l'anno 1884 quando entrambi si presentarono al pubblico con due saggi intitolati entrambi L'Arte del romanzo. Che in comune avevano solo il titolo: se per James infatti il romanzo appartiene al mistero insondabile dell'ispirazione e della creazione, Besant era convinto che anche la scrittura più ispirata celasse una tecnica precisa: "Scrivere è Arte, e come le altre arti la scrittura è governata da leggi, metodi e regole certe, e il primo compito deve essere quello di impararle". James preferiva invece altre similitudini e paragonava provocatoriamente il romanzo al pudding: "Il nostro unico compito è quello di trangugiarlo". Per lui infatti il romanzo era una forma organica, una cosa viva,composta da vari blocchi impossibili da isolare e decifrare. Come è possibile insegnare l'imponderabile?

La domanda è imbarazzante, ma a cent'anni di distanza sembra aver vinto Besant: l'imponderabile viene insegnato e da ogni parte del mondo fioriscono i corsi di scrittura creativa. E i relativi manuali. Tra quelli che escono dalle aule per raggiungere il grande pubblico non si può fare a meno di leggere Il mestiere di scrivere di Raymond Carver (Einaudi, pp.172, lire13.000), uno che il creative writing l'ha predicato per anni in memorabili lezioni allo Iowa Writer's Workshop. Ascoltiamolo: "Quando si scrivono racconti, i nostri peggiori nemici siamo solo noi stessi, capite? O siamo lì che mettiamo cose di cui non c'è davvero bisogno, di cui il lettore può fare benissimo a meno, oppure nascondiamo quello che conta sul serio". E a tutti gli ammalati di sperimentalismo, che nascondono le loro ignoranze lessicali e grammaticali dietro le licenze poetiche, Carver ricorda: "Bisogna tener presente che in narrativa la vera sperimentazione dovrebbe essere originale, conquistata a fatica e con grande soddisfazione (...) I veri sperimentatori devono rendere tutto nuovo, come consigliava Ezra Pound, e in questo processo devono scoprire le cose da soli.Ma, a meno che non siano usciti di senno, devono anche voler rimanere in contatto con noi, devono portare a noi notizie dal loro mondo".

Il classico I consigli a un giovane scrittore di André Gide(Rosellina Archinto) è un elisir distillato di buone intenzioni, esortazioni e massime utili ai neofiti che aspirano ad entrare nell'olimpo dei letterati. Se Carver mette in guardia dallo sperimentalismo gratuito, per Gide la scrittura richiede in primo luogo il rispetto per la semplicità e la lettura attenta e approfondita dei classici. Con la sapienza ironica dei grandi moralisti francesi del `600, Gide ricorda all'aspirante narratore che scrivendo è assolutamente necessario evitare il superfluo: "In arte tutto ciò che è inutile nuoce". Da evitare come la peste sono quindi i superlativi, i vezzeggiativi, i facili entusiasmi,l'ebbrezza, perché un'opera d'arte è un problema risolto, più esattamente una moltitudine di singoli problemi che hanno trovato soluzione nella "parola che serve". La virtù preferita da Gide, naturalmente, è la modestia, anche se uno scrittore, per definirsi tale deve sempre ricordare che: "Il mestiere di scrivere assomiglia al mestiere di vivere".

Più didattico è invece il vademecum per aspiranti scrittori, Guida alla scrittura di Giorgio De Rienzo (Bompiani, pp.252, lire 13.500)che sottolinea un a priori assolutamente necessario; la condizione che previene tutte le discussioni possibili sullo stile e la forza espressiva di una frase: occorre innanzi tutto saper scrivere correttamente, senza errori di grammatica. Consigliamo a tutti coloro che stanno per iscriversi a un corso di scrittura creativa l'utilizzo di questo manuale e dei suoi esercizi: se commetterete troppi errori, riflettete seriamente, perché forse la scuola non è per voi, forse vi mancano ancora le basi, forse prima di mandare un romanzo ad un editore è meglio che impariate dove mettere le doppie.

Se invece sapete già i segreti della punteggiatura, vi raccomandiamo iConsigli a un giovane scrittore di Vincenzo Cerami (Einaudi, pp.169,lire 13.000). Questo l'esplicito intento del manuale: "Un libro che aiuta lo scrittore apprendista a evitare false partenze, e aiuta tutti a leggere un romanzo o guardare un film con l'occhio di chi ha già imparato a scriverli". Secondo Cerami per scrivere delle storie l'ispirazione non basta e sono indispensabili alcune regole; tanto che nell'introduzione si scomoda addirittura Picasso il quale: "Pur dipingendo meravigliosi occhi e nasi alla rinfusa, sapeva perfettamente disegnare una casetta contanto di alberelli in fila, nuvole bianche, la cuccia per il cane e una bella staccionata tutt'intorno". Il problema quindi è imparare a disegnare bene, per cercare un proprio stile c'è sempre tempo.

Le regole di fondo per strutturare un buon racconto sono il gusto perl'evocazione, l'ideazione, la scelta della trama, la sua messa in situazione, la struttura e le modalità del dialogo. Ma, regole a parte, all'aspirante scrittore Cerami chiede innanzi tutto di cominciare a smuovere la fantasia, a farla vivere, ad allenarsi a pensare: "L'immaginazione prefigura e per questo è un'attività intellettuale,perché si interroga su tutto e mira al futuro. Immaginare ciò che non esiste è immaginare qualcosa che potrebbe accadere. Raccontare è in qualche modo porre domande difficili al mondo, questioni che tuttavia non aspettano una risposta (...) La scrittura viene subito dopo".

E cosa c'è di meglio per stimolare l'immaginazione se non la lettura di un buon libro? Il cerchio quindi si chiude e lo scrittore virtuale ritorna lettore reale. Scrive Giampaolo Rugarli nel Manuale del romanziere(Marsilio, pp.264, lire 13.000): "Nessuno può intendere e ripetere la scintilla che trasformò un medico malato e infelice in Cechov" e compito diun manuale deve essere semmai quello di offrire a chi lo legge "uno strumento che a bassissimo costo lo aiuti a capirsi e a capire. Se possibile a respingere la tentazione di scrivere romanzi, cedendo invece a quella di leggerli". Buona lettura, quindi (romanzi o manuali che siano).


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