Scrivere, che passione! Leggere che noia! Strano paese il nostro, abbiamo uno
degli indici di lettura più bassi d'Europa, ma tutti (o quasi) moriamo
dalla voglia di pubblicare un romanzo. E così aumenta a dismisura il
numero di scuole di scrittura creativa (materia colpevolmente assente dai piani
di studio delle nostre scuole) anche se, avvertono gli insegnanti, imparare a
scrivere è una cosa, diventare scrittori un'altra. Già, ma come si
diventa scrittori? E' possibile insegnare l'arte del narrare? A questa domanda
hanno cercato di rispondere moltissimi saggi e manuali pubblicati recentemente.
Ma la risposta, cari amici, è più che mai blowing in the
wind.
Nel suo Il mestiere di scrivere (Fazi editore, pp.256, lire 30.000)David
Lodge ci ricorda ad esempio che nessuno (ma proprio nessuno) ha mai scritto un
libro senza averne letti altri, perché: "E' leggendo che si acquisisce
la conoscenza basilare dei meccanismi retorici e strutturali che appartengono ad
un particolare genere o forma di scrittura. Questo processo è in gran
parte intuitivo e inconsapevole,come apprendere la propria lingua madre".
Abbiamo quindi un primo punto fermo: per scrivere bisogna leggere. Ma
la scintilla scocca da sé, o bisogna produrla a suon di regole ed
esercizi? La polemica è vecchia e David Lodge ci ripropone in proposito
il "duello" tra Henry James e Walter Besant. Correva l'anno 1884 quando entrambi
si presentarono al pubblico con due saggi intitolati entrambi L'Arte del
romanzo. Che in comune avevano solo il titolo: se per James infatti il
romanzo appartiene al mistero insondabile dell'ispirazione e della creazione,
Besant era convinto che anche la scrittura più ispirata celasse una
tecnica precisa: "Scrivere è Arte, e come le altre arti la scrittura
è governata da leggi, metodi e regole certe, e il primo compito deve
essere quello di impararle". James preferiva invece altre similitudini e
paragonava provocatoriamente il romanzo al pudding: "Il nostro unico compito
è quello di trangugiarlo". Per lui infatti il romanzo era una forma
organica, una cosa viva,composta da vari blocchi impossibili da isolare e
decifrare. Come è possibile insegnare l'imponderabile?
La domanda è imbarazzante, ma a cent'anni di distanza sembra aver vinto
Besant: l'imponderabile viene insegnato e da ogni parte del mondo fioriscono i
corsi di scrittura creativa. E i relativi manuali. Tra quelli che escono
dalle aule per raggiungere il grande pubblico non si può fare a meno
di leggere Il mestiere di scrivere di Raymond Carver (Einaudi, pp.172,
lire13.000), uno che il creative writing l'ha predicato per anni in memorabili
lezioni allo Iowa Writer's Workshop. Ascoltiamolo: "Quando si scrivono racconti,
i nostri peggiori nemici siamo solo noi stessi, capite? O siamo lì che
mettiamo cose di cui non c'è davvero bisogno, di cui il lettore
può fare benissimo a meno, oppure nascondiamo quello che conta sul
serio". E a tutti gli ammalati di sperimentalismo, che nascondono le loro
ignoranze lessicali e grammaticali dietro le licenze poetiche, Carver ricorda:
"Bisogna tener presente che in narrativa la vera sperimentazione dovrebbe essere
originale, conquistata a fatica e con grande soddisfazione (...) I veri
sperimentatori devono rendere tutto nuovo, come consigliava Ezra Pound, e in
questo processo devono scoprire le cose da soli.Ma, a meno che non siano
usciti di senno, devono anche voler rimanere in contatto con noi, devono portare
a noi notizie dal loro mondo".
Il classico I consigli a un giovane scrittore di André
Gide(Rosellina Archinto) è un elisir distillato di buone
intenzioni, esortazioni e massime utili ai neofiti che aspirano ad entrare
nell'olimpo dei letterati. Se Carver mette in guardia dallo
sperimentalismo gratuito, per Gide la scrittura richiede in primo luogo il
rispetto per la semplicità e la lettura attenta e approfondita dei
classici. Con la sapienza ironica dei grandi moralisti francesi del `600, Gide
ricorda all'aspirante narratore che scrivendo è assolutamente necessario
evitare il superfluo: "In arte tutto ciò che è inutile nuoce". Da
evitare come la peste sono quindi i superlativi, i vezzeggiativi, i facili
entusiasmi,l'ebbrezza, perché un'opera d'arte è un problema
risolto, più esattamente una moltitudine di singoli problemi che hanno
trovato soluzione nella "parola che serve". La virtù preferita da Gide,
naturalmente, è la modestia, anche se uno scrittore, per definirsi tale
deve sempre ricordare che: "Il mestiere di scrivere assomiglia al mestiere
di vivere".
Più didattico è invece il vademecum per aspiranti scrittori,
Guida alla scrittura di Giorgio De Rienzo (Bompiani, pp.252, lire
13.500)che sottolinea un a priori assolutamente necessario; la
condizione che previene tutte le discussioni possibili sullo stile e la forza
espressiva di una frase: occorre innanzi tutto saper scrivere
correttamente, senza errori di grammatica. Consigliamo a tutti coloro che stanno
per iscriversi a un corso di scrittura creativa l'utilizzo di questo manuale
e dei suoi esercizi: se commetterete troppi errori, riflettete seriamente,
perché forse la scuola non è per voi, forse vi mancano ancora le
basi, forse prima di mandare un romanzo ad un editore è meglio che
impariate dove mettere le doppie.

Se invece sapete già i segreti della punteggiatura, vi raccomandiamo
iConsigli a un giovane scrittore di Vincenzo Cerami (Einaudi,
pp.169,lire 13.000). Questo l'esplicito intento del manuale: "Un libro che
aiuta lo scrittore apprendista a evitare false partenze, e aiuta tutti a leggere
un romanzo o guardare un film con l'occhio di chi ha già imparato a
scriverli". Secondo Cerami per scrivere delle storie l'ispirazione non basta e
sono indispensabili alcune regole; tanto che nell'introduzione si
scomoda addirittura Picasso il quale: "Pur dipingendo meravigliosi occhi e nasi
alla rinfusa, sapeva perfettamente disegnare una casetta contanto di alberelli
in fila, nuvole bianche, la cuccia per il cane e una bella staccionata
tutt'intorno". Il problema quindi è imparare a disegnare bene, per
cercare un proprio stile c'è sempre tempo.
Le regole di fondo per strutturare un buon racconto sono il gusto
perl'evocazione, l'ideazione, la scelta della trama, la sua messa in situazione,
la struttura e le modalità del dialogo. Ma, regole a parte, all'aspirante
scrittore Cerami chiede innanzi tutto di cominciare a smuovere la fantasia, a
farla vivere, ad allenarsi a pensare: "L'immaginazione prefigura e per questo
è un'attività intellettuale,perché si interroga su tutto e
mira al futuro. Immaginare ciò che non esiste è immaginare
qualcosa che potrebbe accadere. Raccontare è in qualche modo porre
domande difficili al mondo, questioni che tuttavia non aspettano una risposta
(...) La scrittura viene subito dopo".
E cosa c'è di meglio per stimolare l'immaginazione se non la lettura
di un buon libro? Il cerchio quindi si chiude e lo scrittore virtuale
ritorna lettore reale. Scrive Giampaolo Rugarli nel Manuale del
romanziere(Marsilio, pp.264, lire 13.000): "Nessuno può intendere e
ripetere la scintilla che trasformò un medico malato e infelice in
Cechov" e compito diun manuale deve essere semmai quello di offrire a chi lo
legge "uno strumento che a bassissimo costo lo aiuti a capirsi e a capire.
Se possibile a respingere la tentazione di scrivere romanzi, cedendo invece
a quella di leggerli". Buona lettura, quindi (romanzi o manuali che siano).
Scuole di scrittura: corpo a corpo tra le righe
Manuali offrensi, scrittori cercansi
"Imparare a scrivere per iniziare a leggere"
"Non si legge? Più che della scuola è colpa della Chiesa"
Pochi lettori, qualche perche'