Caffe' Europa
 
Libri

Pochi lettori, qualche perche'

Giulio Ferroni

 

La discussione "estiva" sul disinteresse dei giovani per la lettura ha ripreso temi e questioni che si dibattono ormai da molto tempo e sono all'ordine del giorno per chi, oltre ad occuparsi di letteratura, opera nella scuola ed è in contatto con gli adolescenti. La scuola (per il bene che potrebbe fare e non fa) e la televisione (per il male che fa) hanno costituito ancora una volta gli obiettivi polemici, tra condanne e parziali assoluzioni: ad esse si è aggiunta anche la famiglia, la mancanza di libri e addirittura l'ostilità verso di essi che regna in gran parte delle famiglie italiane.

Facile saldare insieme tutti questi rilievi e queste attribuzioni di responsabilità e ricordare che il preoccupante allontanarsi dei giovani dalla lettura è fenomeno di tipo più generale, che riguarda i più globali caratteri della comunicazione, le forme in cui oggi si costituiscono le identità personali, i modi di percezione della realtà, i modelli di vita e di comportamento diffusi, ecc.: e tutto ciò non soltanto nel nostro paese, ma in tutti i paesi avanzati (anche se ovviamente non vanno trascurate le specificità e le magagne particolarmente "italiane").

Insomma la scuola che non funziona, la televisione, la famiglia, magari anche un certo uso del computer (quando c'è) costituiscono solo alcuni degli aspetti di una mutazione "antropologica" internazionale i cui effetti si sentono in modo più acuto e radicale nei comportamenti delle giovani generazioni e che probabilmente si sentiranno in forme ancora più preoccupanti presso quelli che saranno adolescenti nel nuovo millennio. E' questa mutazione a far sì che la presenza e il prestigio del libro nella vita quotidiana e nell'esperienza dei giovani si affievolisca sempre più: le molteplici offerte della comunicazione di massa, la presa di schemi di tipo "pubblicitario", i vari volti della cultura multimediale, i diffusi modi dello "stare insieme" agli altri, tutto ciò fa sì che il libro, il dialogo "silenzioso", riflessivo e critico che esso comporta, il tempo disteso che esso richiede, le figure e le forme composte dalla scrittura, non possano più agire, negli anni decisivi dell'adolescenza, come strumenti di identità, di formazione, di passione, di piacere, di esperienza.



Fino ad una certa fase (forse ancora fino agli anni '60 e `70) il rapporto con i libri nel nostro paese è stato sentito ancora, da soggetti appartenenti a strati sociali che per la prima volta si accostavano alla cultura, come conquista di qualcosa che non si aveva, come arricchimento di sé, magari come scommessa o sogno di promozione sociale: alla lettura è stata affidata una sete di conoscere, un bisogno di immaginario, una spinta ad andare comunque oltre.

Pagina 1,2, 3
 


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