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Vittorie senza vendite
(pagina 2) Paolo Marcesini
A luglio è arrivata poi l'assegnazione del Premio Viareggio.
Le cui scelte, così come quelle del direttore e organizzatore Cesare
Garboli (fu lui il primo a scagliarsi contro la vittoria scontata di Siciliano
allo Strega), sono a priori lontane migliaia di copie dalle vette delle
classifiche di vendita dei quotidiani e testimoniano la distanza, ormai
inevitabile ma necessaria, tra la critica e un pubblico sempre più
incerto e, ahimè, sempre meno numeroso. A Viareggio ha vinto Giorgio
Pressburger, e la sua è una vittoria meritata, una boccata d'aria
fresca. "La neve e la colpa" (Einaudi) è un libro bellissimo, sei
racconti capaci di sondare la memoria del lettore, di farlo naufragare
in un mare denso di fotografie intime e sfocate.
E' il viaggio dell'autore alla ricerca dei compagni di scuola, "degli
infelici anni del liceo", e delle loro storie, uomini e donne abitati da
fantasmi e inquietudini che assediano le loro vite e le loro coscienze.
Tutti i personaggi di Pressburger hanno in comune un incancellabile senso
di colpa, la paura per qualcosa di non fatto, di non detto, di inespresso.
Pressburger, che è nato a Budapest e recentemente è stato
nominato direttore dell'Istituto italiano di cultura in Ungheria, ha battuto
"Le parole, la notte" di Francesco Biamonti e "Avventure in Africa" di
Gianni Celati, distanziati tutti gli altri, Athos Bigongiari, Aurelio Picca
e Cesare De Marchi. Nessuna sorpresa nemmeno in questo caso: la meritata
vittoria di Pressburger non ha avuto clamorosi riscontri di vendita.
A Pontremoli hanno premiato la biografia di Che Guevara firmata dallo
scrittore messicano Paco Ignazio Taibo II. Anche in questo caso è
stato scelto un ottimo libro (sconfitto il favoritissimo Sergio Zavoli)
ma le classifiche, che un tempo salutavano con gioia il vincitore del Premio
Bancarella, in questo caso hanno completamente ignorato la fatica dello
scrittore messicano. D'altronde i librai pontremolesi è qualche
anno che hanno smesso di fare da immediata cassa di risonanza dei puri
dati di vendita. Dai tempi in cui premiarono l'esordiente Carmen Covito
con ìLa bruttina stagionataî, scatenando non poche perplessità per
una scelta in controtendenza con la filosofia stessa del premio, ma venendo
premiati a loro volta sulla distanza dalla tenuta del libro di Covito.
Fece epoca poi il mancato riconoscimento a Susanna Tamaro, al cui "Va
dove ti porta il cuore" preferirono la sorpresa filosofica di Jostein Gaarder
"Il mondo di Sofia". Ad Alessandro Dalai, arrivato a Pontremoli da vincitore
non restò che tornare a casa deluso e arrabbiato. "Non c'è
nessuna logica nei premi", disse. Aveva ragione?
Biamonti, "Le parole le cose"
Bugaro, "La buona e brava gente della nazione"
De Marchi, "Lo zefiro della buona sorte"
Pariani, "La perfezione degli elastici (e del cinema)"
Riccarelli, "Un uomo che forse si chiamava Schulz"
Un racconto inedito di Romolo Bugaro
Premi letterari 1: Vittorie senza vendite
Premi letterari 2: Se conta più l'intrigo dell'intreccio
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