Lo zefiro della buona sorte Massimo Onofri (da "Il Diario della settimana", 17 dicembre 1997)
 | "Il talento"
Cesare De Marchi
Feltrinelli 1997
pp. 286, lire 28.000
|
Difficilmente l'attacco di un romanzo ha la forza di contrarre la sua
legge dinamica, la misura precisa del suo movimento. A quello di Cesare
De Marchi è toccata questa sorte felice: "Sono nato quarto di tre
figli in una famiglia decorosamente malestante. Fin dove risale la mia
memoria, l'omissione della mia persona fu concorde e completa". Ho parlato
di legge dinamica. Le cose stanno infatti così: questo dolo omissivo,
consistente nell'omissione, da parte della famiglia, delle dovute attenzioni
e premure nei confronti dell'ultimo arrivato, è proprio la condizione
originaria, il grado zero, da cui Carlo, il protagonista-narratore della
storia, muove per una vita concepita, sin da subito, come una "scalata
alla felicità": che è, appunto, il movimento stesso del romanzo.
Si leggeva di una famiglia "decorosamente malestante": con un padre
che è funzionario alle Poste, e che presto apparirà come
il simbolo più certo dell'"inerzia"; con una madre ostile e risentita
fino al sentimento di una sorda sgradevolezza del vivere. Ci sono poi i
fratelli più grandi: Pietro, figlio di sua madre, scialbo e servile,
tutto chiuso in una sua insulsa contabilità dell'esistere; quindi
Marta, prima obesa e poi femmina fatale, quasi risorta ai misteri del sesso
e della seduzione, abbastanza spregiudicata per perdonare l'allegra canaglieria
di Carlo, ma in fondo assente e lontana; infine Sandro, tenerissimo mongoloide,
interlocutore muto del dolore e dello strazio, il "fratello maggiore-minore",
sequestrato da sempre dentro i muri della sua minorità.
Fortuna che Carlo ha una sua vitalità naturale che lo salvaguarderà
"dai pericoli di una precoce solitudine". Fortuna che nella testa gli soffia
un bel vento, una specie di zefiro della buona sorte, che lo sospingerà
verso i più diversi e sconosciuti lidi: frequenterà il liceo,
ma non si diplomerà coi suoi compagni; conoscerà i grevi
piaceri della carne tra le braccia di un'insolente ed adultera macellaia;
se ne andrà presto di casa e s'innamorerà; indosserà
i panni del commesso e del correttore di bozze, del commerciante di libri-omaggio,
dell'allevatore di lumache, del bidello e tanti altri ancora; finirà
pure in carcere per sbaglio; vivrà sempre anelando "un tempo più
veloce della velocità", quello che presentì, sfrecciante
e beato, sulla prima bicicletta; sarà devoto e traditore, leale
e ladro, grave e leggero, sventato e fiero.
Pagina 1,2
|