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Schulz, una strana vita con la pistola alla tempia (pagina 2) Lorenzo Mondo (da "Tuttolibri - La Stampa", 14 maggio 1998)
Sarà il padre visionario, il mercante di stoffe Jakub, che lo
induce a sollevarsi in un mondo di quotidiane fantasmagorie, a spaziare
in cieli tumultuosi, in una festa panica di colori e prodigi. E'
un demiurgo bizzarro che contende al Dio dei padri e all'Imperatore dalle
lunghe fedine il diritto di manipolare la materia, di infrangere le regole,
di smemorarsi con le collezioni di insetti, i manichini, le ibridazioni
di uccelli esotici, le più strampalate teorie.
Non è un caso che il piccolo Bruno, nell'immaginazione del suo
interprete, attenti con involontaria profanazione alla Bibbia conservata
nel tempio: lui che è affascinato dalla ricerca del Libro Autentico,
riconosciuto di volta in volta nel registro della bottega paterna, nelle
riviste illustrate con cui viene accesa la stufaÖ Ma la sregolatezza è
ammessa soltanto nella dimensione dell'infanzia, che è la vera maturità
e colora di fiaba gli anni del tramonto asburgico, minacciati dal "sacrilegio
del Cambiamento". (Quello che, annunciato dalla effimera febbre del petrolio,
condurrà alla prima guerra mondiale, all'invasione sovietica e nazista).
Si spiega così come Schulz, a eccezione di qualche breve viaggio
a Leopoli, Vienna, Parigi, decida di rinserrarsi a Drohobycz, a fare
l'insegnante di disegno, a coltivare sogni fiammeggianti.
Riccarelli procede con fedeltà alle fonti e illuminanti invenzioni.
Penso al padre che attribuisce ogni sciagura all'imperfetto dosaggio del
sale nell'alimentazione: il sale che è seme di sapienza ma è
anche la sostanza biblica in cui sono trasformati gli uomini che Dio ha
abbandonato, "statue immobili nelle circonferenze dei giorni". E
penso alla storia del Messia, oggetto di un romanzo perduto di Schulz.
Si sparge nel ghetto la voce che sia vicino, scende dai Carpazi per fare
giustizia, e Bruno è mandato ad avvistarlo.
Scoprirà davanti a uno zingaro crocifisso che l'atteso Messia
non è altri che il Reich. Quello che li tiene avvinti e ne farà
strame. Riccarelli non ricorre alle immagini lussureggianti, alle rampollanti
metafore del suo autore. Anche se lievitata a momenti da uno humour di
chiara derivazione chassidica, il tomo dominante è quello di una
asciutta, sommessa trenodia.
Biamonti, "Le parole le cose"
Bugaro, "La buona e brava gente della nazione"
De Marchi, "Lo zefiro della buona sorte"
Pariani, "La perfezione degli elastici (e del cinema)"
Riccarelli, "Un uomo che forse si chiamava Schulz"
Un racconto inedito di Romolo Bugaro
Premi letterari 1: Vittorie senza vendite
Premi letterari 2: Se conta più l'intrigo dell'intreccio
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