No, per Nathan Myhrvold il Cebit non e' ancora la vetrina del futuro.
Secondo il chief Technology Officer di Microsoft, a capo di una struttura che smaltisce in
ricerche avanzate tre miliardi di dollari allanno tra Redmond, San Francisco,
Cambridge (Gb) e nel nuovo laboratorio nella Cina popolare, siamo ancora ai primi passi
dellera digitale. "Mi lasci fare un esempio - sostiene infatti Myhrvold in una
lunga intervista a "Spiegel"- centanni fa i giornali erano pieni di
articoli sullindustrializzazione e sui titani di quellepoca, i Carnegie e gli
Edison; come se la rivoluzione industriale si fosse gia conclusa. E invece e
andata avanti fino agli anni sessanta. Oggi i giornali non parlano che dei titani
dellera digitale e ci raccontano quanto siamo moderni e come tutto e' cambiato. Ma
quanto agli effetti sulla nostra societa' siamo davvero solo allinizio". E
anche la diffidenza con cui molti guardano ancora alle nuove tecnologie secondo Myhrvold
e' un segno dellacerba qualita dei tempi: "Ancora negli anni venti il
mondo era pieno di autisti perche' si pensava che guidare fosse troppo difficile. Oggi
siamo tutti al volante senza pensarci nemmeno".
Sara' per un vecchio riflesso condizionato di casa Microsoft, ma quando
parla di futuro lattenzione del guru di Redmond non va in primo luogo a Internet. E
infatti: se ce' chi proprio nei giorni della fiera ha profetizzato "la fine
dellera del computer", per Myhrvold le vere sfide non corrono sul filo delle
Reti, ma si giocano ancora nelluno contro uno tra uomo e schermo: "I computer -
e' la tesi fondamentale - in futuro saranno piu' facili da usare e offriranno prestazioni
oggi impensabili. In tre o in cinque anni sostituiranno ad esempio libri e giornali quali
vettori di informazioni. Ma il vero punto interrogativo e se riusciremo o no a farne
dei veri e propri partner delluomo. Oggi le macchine ci costringono ancora a
imparare la loro lingua, e la cosa e' molto seccante: in fondo non siamo noi i clienti?
Perche' non sono le macchine ad adattarsi a noi?". Perche' ad esempio, si chiede
Myhrvold, un computer non e' in grado di capire che ci sta innervosendo, o che il nostro
umore e' cambiato e non e' il caso di tormentarci proprio in quel momento con una mail
sgradita? Il centro studi Microsoft lavora allora ad un Pc che sappia riconoscere
lumore dellutente da piccol indizi somatici: un occhio che si stringe, la
bocca che si contrae oltre una certa soglia.

Ma chi sono i giovani leoni della ricerca Microsoft? A studiare le
future "macchine per amico" Myhrvold preferisce gente che per arrivare sia
disposta a tutto, anche a sbagliare: "Nei nostri centri vogliamo pionieri, anche se
spesso i pionieri fanno una brutta fine. In Africa gli esploratori finivano spesso in
fondo ai fiumi, venivano beccati da insetti letali, divorati da belve feroci. E
difficile essere un pioniere. Per questo molti ingegneri si sentono a loro agio solamente
allinterno del loro ambito di competenza. E invece per fare ricerca si deve avere il
coraggio di sbagliare e di passare meta' del tempo senza sapere cosa si stia facendo. Da
questo punto di vista molti programmatori mancano semplicemente di personalita'".
Sara' perche' sono mancati i pionieri che Microsoft e' arrivata cosi' tardi su ad
occuparsi di Internet? Nooo, Myhrvold proprio non ci sta, sostiene di essere un fan della
prima ora della Rete, e che a lasciarlo tuttora perplesso sono alcuni aspetti che fecero
gridare ingiustamente al miracolo: la moda del push per cui societa' come Pointcast
avrebbero dovuto conquistare il mondo e non hanno invece fatto molta strada, ma
soprattutto il linguaggio Java "di cui si e detto di tutto, che fosse un
miracolo, sapesse di cioccolata, avrebbe curato il cancro e portato lamore per
tutti" e che invece e semplicemente un buon programma. Sfuggito
allonnipotenza di Microsoft.
Concorrenza a parte, e lecito qualche timore su un futuro di
macchine sempre piu' intelligenti e uomini sempre piu' dipendenti? "Capisco le
preoccupazione -risponde conciliante Myhrvold- ma non andra' a finire come temono i
catastrofisti. Perche' quando parliamo di rivoluzione digitale, sia essa per Pc o per
Internet, parliamo della realizzazione delluomo. Si tratta di far si' che la gente
prenda in mano la propria vita e abbia il controllo sulle informazioni che la riguardano.
Con le nuove tecnologie si puo' comunicare e farsi sentire pubblicamente come non era mai
avvenuto prima".
E se un giorno ne avremo abbastanza e finiremo per spegnere il computer? "Saranno
scelte individuali, ma non ne seguira' un trend generale perche' lattrazione per il
digitale e' troppo forte. Al decimo amico che ci fermera' per dire: "Non hai
le-mail? Ma in che mondo vivi?", finiremo per pensarci su e tornare a
connetterci in Rete. No, il trend va decisamente nella direzione opposta."