"La verità non è un cristallo di ghiaccio ma un
po dacqua che ci sguscia tra le mani" ha scritto Robert Musil
nellUomo senza qualità. Il ghiaccio, freddo,umido e sgusciante ci offre una
sensazione di potenza, siamo di fronte alla bellezza, ma è una bellezza che fa paura, che
quando la tocchi ti sfugge dalle mani. Oppure ci sovrasta con la sua potenza. Talvolta è
una montagna di freddo che uccide, il Titanic è affondato perchè la nave
"invincibile" il ghiaccio lo ha incontrato sulla sua rotta.
Effimero, esotico e talvolta assassino nella vita, il ghiaccio si sedimenta nella
nostra memoria letteraria. "Molti anni dopo davanti al plotone di esecuzione
Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel giorno in cui suo padre laveva
portato per la prima volta a vedere il ghiaccio". inizia così Centanni
di solitudine di Gabriel Garcia Marquez. Non deve stupire il fatto che a Macondo, il
paese dove è ambientato il romanzo, il ghiaccio fosse considerato una invenzione, un
fenomeno da baraccone. Da quelle parti cerano sempre 45 gradi, i suoi abitanti non
avevano mai visto nulla di simile. E una volta scopertolo, non lo puoi dimenticare, scopri
che ti serve, che a piccole dosi migliora la vita. E una ricchezza naturale; se
viene a mancare, e gli studiosi del clima sostengono che presto mancherà, lo andiamo a
cercare persino su Marte. Pathfinder, il piccolo robot sbarcato sul pianeta rosso giura di
averlo trovato.

Entità fisica e metafisica, il ghiaccio viene usato per scardinare le resistenze del
nostro corpo e del nostro spirito. Se al posto del cuore abbiamo un pezzo di ghiaccio,
significa che non sappiamo manifestare al meglio i nostri sentimenti, che la nostra anima
si è raffreddata e stiamo aspettando qualcuno che sappia riscaldarla. Per questo, spesso,
il ghiaccio è sinonimo di solitudine.
Kafka ha scritto che un libro deve essere come unascia che spezza il ghiaccio
della nostra anima. Aveva ragione, come dargli torto. Rilke, più poetico, guardava il
paesaggio russo e si commuoveva per il bianco infinito della pianure che saliva su fino al
cielo. Peter Hoeg, uno scrittore del nostro tempo, ha scritto un romanzo, Il Senso di
Smilla per la neve (Mondadori) dove leterno ghiacciarsi delle strade e del mare
si trasforma in un personaggio vero e proprio del libro, una sorta di deus ex machina
capace di cambiare il destino di una storia, di svelare e nascondere il volto di un
assassino. Tanto ghiaccio lo troviamo anche nelle poesie di Lars Gustafsson, svedese, e
nei paesaggi finlandesi densi di fascino esotico di Arto Paasilina, il suo Lanno
della lepre (Iperborea) ha esaurito dieci edizioni ed è stato definito dalla critica il
migliore modo di avventurarsi nel nord standosene comodamente seduti immersi nel caldo del
vostro salotto.

Naturalmente ghiaccio è sinonimo di avventura. Dal Dottor Zivago a Moby Dick,
dalla Siberia al Polo Nord, dalle baleniere agli esquimesi, il panorama ghiacciato è
sempre stato protagonista di mille storie diverse. A noi piace segnalare i romanzi di
Francisco Coloane, romanziere cileno, grande amico di Luis Sepulveda (il suo ultimo
romanzo Lultimo mozzo della Baquedano, edito da Guanda, è uscito nella
collana "La frontiera scomparsa", diretta appunto da Sepulveda), storie piene di
cacciatori di cetacei, palombari, cercatori di tesori. Storie dove spesso si soffre il
freddo, dove spesso si vede il ghiaccio.
Una raccomandazione: se state leggendo una storia ambientata in un ghiacciaio, fatelo
di fronte a un bel camino acceso. Magari sorseggiando una tazza di caffè.