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La singolare dialettica del duello



Francesco De Felice



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La natura del duello e forse il suo fascino sta in quella regione del nostro io che noi riteniamo sacra e inviolabile: essere colpiti nel proprio intimo e sfoderare, sguainare, come con la spada, la possibilità, la speranza, l’illusione di poter definire, attraverso un atto di sfida, che sia risolutivo, la certezza delle nostre idee e convinzioni o anche, come più spesso accadeva, lavare un’offesa con il sangue e ripristinare così il giusto ordine delle cose.

Ma quanto e come è cambiata, nel corso dei secoli, questa singolare dialettica del duello? Quanto ci si è allontanati dall’ingenuità di voler risolvere una controversia in un modo, apparentemente, così immediato e anche nobile? Dove si è spostata la necessità di affermarsi sull’altro, o il tentativo di "ripristinare il giusto ordine delle cose e lavare l’offesa"?

La prima caduta di stile che il nostro tempo ci offre e, soprattutto sta offrendo alle nuove generazioni, è la scomparsa del concetto di coraggio. Nella ragione del duello il presupposto era l’affronto seguito dalla sfida. Il tempo, la storia di cui siamo attori e testimoni, hanno lentamente trasformato questa consequenzialità in qualcos’altro: sfumando l’orizzonte della lealtà e del coraggio.

L’ipocrisia e l’opportunismo hanno occupato i nobili spazi della dignità, offrendo alla ragione la possibilità tiepida di altrettanto tiepide e spesso ipocrite risoluzioni dei conflitti, relegando l’orgoglio e l’amor proprio ad offensive ipotesi di infantilismo. Conseguenza di tutto ciò: l’inibizione di qualsiasi sforzo di una qualsivoglia elevazione morale, che sarebbe la naturale risposta alla sana indignazione; la pratica costante del guardare verso il basso, giustificata dalla costante frustrazione di un progetto esistenziale, che guardi con coraggio verso l’alto.

Ecco quindi crollare il mito dell’eroe e con esso i principi di coraggio e di lealtà, in un vortice di compromessi; ecco quindi che all’ignoranza degli antichi duellanti, priva degli attuali strumenti culturali, ma ricca di orgoglio e dignità, si è andata sostituendo gradualmente la più triste cultura dell’omologazione e dell’adeguamento alle regole del mercato.

Ecco quindi che avere un’idea forte e risoluta, mantenerla con forza ed esprimerla con ardore, si trasforma in un boomerang che quasi costringe il malcapitato idealista a rivolgersi allo psicologo, in quanto affetto da una grave forma di intolleranza e violenza verbale. Tutto deve essere indiretto, trasversale, laterale, omesso, ambiguo; in altri termini: "carino".

Lasciare trasparire l’emotività…un difetto da biasimare che segnalerebbe una nostra problematica non risolta. Tempi duri per Leopardi che poetava sul dolce naufragare nel mare dell’abbandono, tempi d’oro per gli ignavi del girone dantesco, la cui indecisione ricorda l’ipocrisia e l’arroganza dei potenti di tutto il mondo, che si concedono il lusso di non decidere.

Il duello, quindi, diventa la metafora e il ricordo di quando c'era il coraggio delle proprie idee,di quando non era possibile sopravvivere ad un'offesa e morire per quelle era quasi una garanzia di risurrezione. Per chiarezza - e non per politica correctnes - specifico che non stiamo parlando della vocazione al martirio dei Kamikaze, alimentata dall'idea di farsi interprete dell'intera sorte di un popolo e volta a ricevere in cambio la "certezza" di essere accolti nel "giardino di Allah", oltre alla garanzia della consacrazione ad eroe nazionale. Quella, prevede metodi che nulla hanno a che fare con il confronto leale e diretto e con l'utilizzo di armi pari, anzi, sceglie e preferisce avversari impreparati e per lo più disarmati.

Oggi la questione è risolta: ci s’incontra salutandosi con un bacio, abitudine ormai diffusa anche ai più alti livelli istituzionali, si stringono patti attraverso documenti complessi e ufficiali, a dispetto delle antiche strette di mano, però i documenti possono essere tranquillamente disattesi, finanche un appuntamento ha dei margini di incertezza, e non ci si offende più se l'appuntamento non viene rispettato.

Offendersi o non accettare un comportamento altrui, anche se palesemente scorretto, equivale a dichiararsi "antico", non in sintonia con gli usi e i costumi correnti. Meglio uniformarsi e agire allo stesso modo quando tocca a noi, meglio rinunciare a un’idea di personalità.

L’alleanza, che un tempo equivaleva allo schieramento ideologico, risponde adesso solo a esigenze di numeri e di opportunismo, e come tale è perennemente in discussione, quindi oltre a dover essere rinnovata può tranquillamente essere disattesa. Non è più dunque il contenuto a saldare l’intesa, quanto la validità e l’utilità del contenitore.

Privato delle sue regole fondamentali, come la lealtà e il coraggio, entrambe incluse nel rivolgere la schiena al proprio avversario per dieci interminabili passi, il duello diventa un’utopia cinematografica, un vissuto privo di senso che si sposta con difficoltà dentro di noi, diventando paura, paura e certezza di non essere adeguato, trionfo dell’indecisione.

Nell’ambiente di lavoro, nei rapporti formali, nelle camere da letto, nelle ansie da prestazione, nella paura di essere o non essere… più di moda, nella frustrazione quotidiana di non essere accettati per quel che si è.

Ecco quindi l’affronto. Raccogliere questa sfida significa, nostro malgrado, non più sfoderare il coraggio, ma adeguarsi alla corrente, o almeno cercare di farlo. Seguire il flusso dei non pensatori, non farsi domande, non darsi risposte, essere indecisi, non assumere posizioni certe, per non definire i propri confini, il proprio auspicabile potere.

Un modo nuovo per non vivere, sperando in un’anestesia dell’anima ed in una consacrazione del nostro corpo che ha l’obbligo della bellezza, quella bellezza che "sicuramente" ci porterà ricchezza e successo, grazie alla convinzione, sempre più diffusa, che ciò che è esteticamente bello, corrisponda indiscutibilmente ad un qualcosa di buono, di giusto, eticamente valido e corretto, creando così un’equazione tra etica ed estetica che tradisce anche l’eterno duello tra amore e morte, fondamento dell’amore cieco, caposaldo di ogni letteratura, che ormai, non ha più motivo di esistere.

 

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