Ombre e suspence
Mauro Buonocore
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Quando si parla di cinema italiano del secondo dopoguerra i nomi che
vengono all’attenzione di studiosi, critici, studenti e
appassionati sono per lo più quelli dei grandi autori che hanno
portato la cinematografia nostrana ad essere nota in tutto il mondo.
De Sica, Rossellini, Zavattini rappresentano la tradizione di quel
modo di raccontare la vita che ha preso il nome di Neoralismo;
Visconti, Antonioni, Pasolini, Bertolucci sono riconosciuti dal
pubblico e la critica internazionale come esponenti di sensibilità
capaci di innovare il linguaggio dell’arte cinematografica grazie
all'intuizione poetica; Monicelli e Scola hanno saputo dare anima
alla commedia all’italiana mettendo sul grande schermo vizi e
virtù di un popolo visto attraverso la lente del sarcasmo, dell’ironia,
della risata sferzante e a volte amara.

I decenni che dalla seconda guerra mondiale hanno portato fino alla
fine del secolo scorso sono stati anche gli anni dei film “di
genere”, produzioni che nascevano per intrattenere, considerate da
tutti - dai produttori al pubblico alla critica - opere di seconda
serie perché realizzate spesso in poco tempo, costruite su storie
stereotipate che altro intento non avevano se non quello di far
trascorrere agli spettatori un’ora e mezza di puro divertimento.
Tra i generi di questi film, un’attenzione a parte merita l’horror.
La paura è il suo elemento caratterizzante, la suspence lo
strumento immancabile in grado di avvincere coloro che riempivano le
sale dei cinema.
La paura, dal profondo dell’animo di ciascun essere essere umano
si proiettava sullo schermo grazie alle opere di registi e
sceneggiatori in grado di costruire, tra trama, colonna sonora e
fotografia, una macchina narrativa capace di tenere gli spettatori
col fiato sospeso.
Le ombre della paura è un documentario che, in novanta
minuti, ripercorre due decenni fondamentali della storia italiana di
questo genere cinematografico. Gli autori - Paolo Fazzini, Marco
Cruciani e Daniele Casolino - hanno intervistato i protagonisti che,
tra il 1960 e il 1980, hanno saputo impaurire il pubblico nel buio
delle sale dei cinema italiani.
Registi (da Pupi Avati a Antonio Margheriti, da Aldo Lado a Antonio
Bido), sceneggiatori (come Dardano Sacchetti), critici (Antonio
Tentori, Antonella Fulci, Gabriele Barrera) ed effettisti (come
Giannetto De Rossi) compaiono a raccontare una realtà che spesso la
critica ha messo in disparte, rendendo questi film vittime di un
ostracismo che per molti versi non hanno meritato e non meritano.
Se in Italia, infatti, solo in tempi recenti i nomi di Mario Bava,
Riccardo Freda e Lucio Fulci hanno iniziato a comparire tra gli
argomenti di studio nelle cattedre di storia del cinema italiano,
all’estero questi stessi autori godono di un’ammirazione
vastissima (vedi articoli collegati). Ma in Italia le cose stanno in
maniera diversa se Lamberto Bava, figlio di Mario, racconta nell’intervista
del documentario che una giornalista una volta gli chiese: “Ma
lei, da grande, che film vuole fare?”.
L’opinione comune ritiene che non sono film per persone adulte
quelli che raccontano di vampiri e di streghe, di assassini e di
misteri. Certo sono film nati tra molte ristrettezze economiche,
girati in pochissimi giorni costringendo operatori e tecnici a
mirabolanti peripezie, come racconta Antonio Margheriti, notissimo
all’estero con lo pseudonimo di Anthony Dawson.
Eppure molti di questi film non sono affatto opere rozze, ma al
contrario sono testimoni di un raro gusto cinematografico e un’abilità
tecnica esaltata dalle angustie produttive.
Ma ancora un altro merito ha avuto l’horror italiano, e Le
ombre della paura non manca di raccontarlo. In venti anni la
percezione della paura è cambiata negli italiani. Così come la
società ha cambiato pelle, passando da realtà strettamente legate
alle tradizioni rurali ai ritmi di vita della civiltà
industrializzata, così la paura ha mutato il modo di manifestarsi,
sono cambiate le storie. I racconti che vedevano come protagonisti
mitiche figure di streghe impossessate dal demonio, vampiri e
spiriti maligni che minacciavano la quiete, hanno lasciato il posto
ad orrori tutti metropolitani, a serial killer e a omicidi
paranoici.
La realtà cambia e la paura, che della natura umana è forse il
sentimento più affascinante e meno controllabile, cambia pelle,
trova nuove ombre, ma rimane sempre la stessa.
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