Se discutono e leggono i
dossier cambiano idea
Joseph Straw
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Se discutono e leggono i dossier
cambiano idea
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Questo articolo appare sul numero 71 di Reset
attualmente in edicola. Sui precedenti numeri di Caffè Europa
troverete altri articoli provenienti dallo stesso dossier.
Se avete l'abitudine di seguire le notizie, probabilmente vi sarete
fatti un'idea precisa sulle questioni più controverse del giorno,
dal diritto alla riproduzione alla politica estera. Ma avete mai
avuto l'occasione - o anche solo il tempo - di studiarle a fondo?
Avete mai parlato con chi non era d'accordo con voi? Avete mai
approfondito le varie questioni con i funzionari responsabili? Il
professor James S. Fishkin crede che, se lo aveste fatto, molto
probabilmente la vostra idea sarebbe cambiata, almeno in parte, ed
è anche in grado di dimostrarlo.
Negli ultimi otto anni ha fatto diciotto sondaggi
"deliberativi" nel paese e in tutto il mondo. A differenza
dei tipici sondaggi demoscopici e di quelli focalizzati di gruppo,
quelli deliberativi si svolgono in più giorni: un gruppo di persone
viene intervistato su un determinato tema, poi ha del tempo per
studiare l'argomento e discuterne con altri cittadini comuni (come
quelli che compongono il gruppo), attivisti e politici. Alla fine,
ai partecipanti vengono poste nuovamente le stesse domande. Ogni
volta, le posizioni sui singoli temi cambiano considerevolmente dopo
che i partecipanti hanno avuto modo di studiarli e discuterne.
Secondo Fishkin, professore presso la University of Texas di Austin,
"I sondaggi demoscopici mostrano quello che la gente pensa
quando non pensa. Questo tipo di sondaggio, invece, rivela quello
che la gente penserebbe se avesse l'occasione di imparare qualcosa
sull'argomento". Mentre alcuni esperti di scienze politiche e
di statistica pensano che questa sia una follia, Fishkin dichiara di
avere come obiettivo è una politica informata, basata su
statistiche che offrono un'istantanea di quello che vorrebbero i
cittadini se fossero cittadini ideali ben informati.

L'idea del sondaggio deliberativo, un'idea classica, nasceva negli
anni ottanta, quando Fishkin si stancò del peso determinante dei
sondaggi d'opinione nelle primarie e nelle presidenziali. "Mi
sono detto: che sistema stupido. Sembra solo il risultato
involontario di tante buone intenzioni. La gente non va al di là
del breve estratto di un'intervista registrata", raccontava
Fishkin, ex allievo di Yale che aveva insegnato in quella scuola dal
1975 al 1985. Il nemico dello studioso era il fenomeno
dell'"ignoranza razionale": molti cittadini sceglievano di
non investire tempo e fatica per istruirsi sulle varie questioni,
preferendo invece dipendere da opinioni fondate su valori ereditati
e su qualche informazione, lasciando che a pensare per loro fossero
i funzionari che avevano eletto. Fishkin trascorse il periodo a
cavallo tra gli anni ottanta e novanta impegnandosi a sviluppare il
procedimento del sondaggio deliberativo.
Per prima cosa si sceglie un campione fra la popolazione, quindi le
persone prescelte vengono intervistate su una data questione e
subito dopo ricevono del materiale informativo scritto, vagliato e
approvato in precedenza da consulenti che rappresentano tutte le
diverse opinioni sull'argomento. A questo punto il gruppo campione -
ogni componente viene pagato 200 dollari per il tempo che gli o le
viene sottratto - si riunisce, si divide in gruppetti dove la
questione viene discussa con l'aiuto di assistenti, poi si
ricongiunge davanti ad alcuni ospiti - politici, esperti ed
attivisti - cui vengono poste domande sulla questione trattata.
Quindi il gruppo campione viene interrogato di nuovo e le opinioni
finali vengono messe a confronto con le risposte iniziali.
Fishkin non si era reso affatto conto, se non dopo aver iniziato a
mettere a punto il procedimento, che quella sua "nuova"
idea sulla democrazia partecipativa era in realtà piuttosto
vecchia. Agli albori della democrazia occidentale, nella Grecia del
v secolo a.C., tutti i funzionari pubblici delle città stato -
senza eccezioni - erano volontari stipendiati estratti a sorte.
Durante le sessioni legislative, i funzionari ascoltavano le diverse
tesi sulle singole questioni per poi votare. "Mi ci è voluto
un po' per rendermi conto che è un po' come nell'antica
Grecia" raccontava Fishkin, che ritiene "imperfetto"
il metodo greco, in cui il corpo legislativo non era costituito da
un campione casuale e non deliberava in piccoli gruppi.
Il primo sondaggio
Il primo sondaggio deliberativo, uno dei cinque tenutisi in Gran
Bretagna, si svolse nel 1994 e affrontò la questione della
giustizia penale. Vi presero parte approssimativamente trecento
persone e per certe opinioni la deliberazione ebbe un effetto
notevole: i sostenitori della carcerazione per i criminali
incensurati al primo reato, per esempio, scesero bruscamente al 19
%. Il primo sondaggio deliberativo degli Stati Uniti si svolse
all'inizio delle elezioni presidenziali del 1996 presso la
University of Texas. I partecipanti, circa duecentoquaranta persone
venute un po' da tutto il paese, affrontarono varie questioni fra
cui quelle degli aiuti all'estero, dell'imposta ad aliquota fissa e
dell'aborto.
Alla fine dell'evento, sponsorizzato dal Public Broadcasting System,
i partecipanti interrogarono i candidati, fra cui l'allora
vicepresidente Al Gore, il magnate dell'editoria Steve Forbes e l'ex
governatore del Tennessee Lamar Alexander. Di nuovo ci fu un
cambiamento rispetto alle opinioni iniziali: i sostenitori
dell'imposta ad aliquota fissa scesero al 14 %, mentre quelli degli
aiuti all'estero salirono al 15 % e le persone favorevoli a rendere
più difficile il divorzio lievitarono al 21 %. Altri sondaggi
deliberativi furono fatti in Australia, uno su una nuova
configurazione del governo nazionale, e un altro sull'opportunità
di risarcire la popolazione aborigena del paese.
Sia in Danimarca sia in Olanda furono svolti sondaggi sulla fedeltà
all'Unione Europea e sull'adozione dell'euro. In Texas, nel 1996, ci
sono stati otto sondaggi deliberativi che più di tutti gli altri
riguardavano direttamente le politiche pubbliche. Le nuove leggi
dello stato richiedevano alle società elettriche, regolate dalla
Public Utilities Commission del Texas, di consultare gli utenti
prima di operare dei cambiamenti nei metodi di produzione
dell'energia. Dopo il sondaggio, furono molti di più i partecipanti
che si dichiararono favorevoli a spendere un dollaro in più ogni
mese per un generatore di energia rinnovabile, come per esempio un
impianto eolico. Nel sondaggio di una società coloro che erano
favorevoli all'addizionale erano passati dal 34 al 90 %. Due
società, la Central and Southwest e la Texas Utilities,
cominciarono immediatamente a lavorare a un impianto eolico da 80
milioni di dollari e 200 megawatt che ora sorge nel Texas
occidentale. Dennis Thomas, ex presidente della Public Utilities
Commission del Texas e consulente per il sondaggio, affermò che i
partecipanti, polemici all'inizio, alla fine dell'esperienza si
erano aperti al dialogo: "Era intervenuto un vero e proprio
cambiamento, un po' come quando si fa parte di una giuria".
La giuria è fuori gioco
Alcuni esperti, che pure apprezzano il valore dei sondaggi
deliberativi in materia di amministrazione locale, sono restii a
riconoscerne il reale valore nella determinazione delle politiche da
adottare. Secondo Ken Dautrich, docente di scienze politiche presso
la University of Connecticut e direttore del Center for Survey
Research della scuola, è difficile sostenere con argomentazioni
scientifiche la tesi che l'opinione dell'elettorato
"dovrebbe" cambiare allo stesso modo in cui cambia quella
di un piccolo campione. "Non è cosÏ semplice", sosteneva
Dautrich, "il fatto di portare delle persone in un posto e
farle deliberare per una settimana vuol dire averle in qualche modo
cambiate: si trovano ad aver fatto un'esperienza che altre persone
altrove nel paese non hanno fatto.
In questo senso è difficile servirsi del sondaggio deliberativo
come se rispecchiasse la popolazione nel suo insieme". L'idea
di un coinvolgimento diretto nella democrazia è affascinante, ma
non pragmatica: "Il sondaggio deliberativo è qualcosa che dà
troppo peso al ruolo della gente nella democrazia. Non tutti votano
su tutto, ed è per questo che eleggiamo dei rappresentanti",
sosteneva lo studioso. "Ma è un'esperienza valida?
Certo", si rispondeva Dautrich, e Howard Fienberg, un esperto
analista dello Statistical Assessment Service a Washington, D.C., si
dichiarava d'accordo: "Penso che se fosse veramente una prova
di democrazia, vedreste cambiare le opinioni dei rappresentanti che
sono stati eletti, non viceversa", affermava Fienberg.
"Voi volete arrivare a un'opinione per quanto possibile non
elaborata, e invece (il sondaggio deliberativo) vi mostra com'è
malleabile il pensiero della gente. E' un'esperienza interessante,
ma non credo che sia il modo migliore di rappresentare l'opinione
pubblica", concludeva.
Proprio come Fishkin, Farrar si è laureata a Yale e ha preso il
dottorato a Cambridge, per poi tornare a Yale come docente. La
democrazia partecipatoria e la sua storia sono il suo pane
quotidiano; ha perfino pubblicato un libro sulle origini del
pensiero democratico (The Origins of Democratic Thinking: The
Invention of Politics in Classical Athens). A lungo seguace dei
sondaggi deliberativi di Fishkin, Farrar ha dichiarato che era stata
proprio la sua ricerca di una forma di governo che non escludesse la
partecipazione popolare ad averla portata a organizzare il sondaggio
di marzo nell'ambito dei suoi legami con la Institution for Social
and Policy Studies di Yale. Allora era andata dalla League of Women
Voters, che aveva accolto l'idea.
"Qualsiasi iniziativa che coinvolga i cittadini nelle scelte
politiche è una buona idea", aveva affermato Elise Low,
presidente della East Shore League of Women Voters. "Abbiamo
pensato che coinvolgere i cittadini su un piano diverso, a livello
regionale, municipale, fosse una prassi praticabile ", aveva
affermato Low. Farrar aveva detto - senz'altro per irritare qualcuno
- che la scelta degli argomenti era secondaria, e comunque
riguardava lei e non Yale. Una volta presa la decisione in favore
del sondaggio deliberativo, ha voluto scegliere "temi di
attualità", recenti ma sufficientemente maturi per la
discussione. "Le decisioni sulle questioni non rientrano nei
programmi di Yale: se cosÏ non fosse, sarebbe una strategia
decisamente azzardata. » tutto abbastanza aperto", ha spiegato
Farrar. "Questo non è un procedimento per raggiungere un
accordo tra le persone, e le discussioni non ci fanno paura. Ci dev'essere
un dialogo tra persone che discutono questioni che per loro sono
importanti" ha detto Farrar.
Diciotto mesi fa Farrar ha cominciato a raccogliere i circa 250.000
dollari necessari per il sondaggio deliberativo - somma che in gran
parte verrà impiegata per pagare i partecipanti, circa 200 dollari
a testa per un impegno di diciotto ore circa. La donazione più
consistente, 70.000 dollari, l'ha fatta Yale, seguita dalla
Community Foundation of Greater New Haven e dalla Renee B. Fisher
Foundation (50.000 dollari ciascuna), dal Carnegie Corp e dalla Ford
Foundation (25.000 dollari ciascuna) e infine dalla Regional Water
Authority, dalla United Illuminating e dalla United Way of Greater
New Haven (5.000 dollari ciascuna). Fishkin, ha detto Farrar,
avrebbe contribuito con il suo tempo,. Fra gennaio e febbraio un
incaricato ha cominciato a contattare dei residenti della zona
usando dei numeri telefonici scelti a caso.
Le persone che hanno accettato sono state intervistate; fra tutte ne
sono state scelte trecentosettantacinque che costituivano quella che
Farrer chiamava una rappresentanza "visibilmente" accurata
della popolazione delle 15 città della zona tra Milford a ovest,
Madison a est e Meriden a nord. Gli altri centri erano Bethany,
Branford, East Haven, Guilford, Hamden, Meriden, New Haven, North
Branford, North Haven, Wallingford, West Haven e Woodbridge. Gli
invitati hanno ricevuto una documentazione di quarantacinque pagine
sull'iniziativa e sugli argomenti in discussione; in questa
documentazione viene presentata tutta una serie di possibili
posizioni sia sull'aeroporto sia sulla compartecipazione alla base
d'imposta regionale, e per ciascun punto di vista viene fornita una
lista di sei possibili argomentazioni - tre "pro" e tre
"contro". Il sondaggio richiede almeno duecentocinquanta
partecipanti, ma le persone che si presenteranno in più non saranno
mandate via, ha affermato Farrar. Fishkin ha detto che gli
osservatori ungheresi e bulgari parteciperanno e osserveranno il
sondaggio tramite l'Open Society Institute della Soros Foundation
insieme agli osservatori dell'area di Pittsburgh.
I partecipanti andranno a Yale per un incontro di orientamento il 1∞
marzo; il giorno successivo faranno ritorno, si divideranno in
gruppi di quindici persone circa e, con l'aiuto di assistenti,
discuteranno fra loro gli argomenti. Alla fine della giornata del 2
marzo, i partecipanti si riuniranno di nuovo per porre domande a un
gruppo di attivisti e rappresentanti di interessi particolari su
entrambe le questioni. La stessa procedura si ripeterà il terzo
giorno, solo che questa volta come ospiti interverranno protagonisti
della vita politica; nessuno degli ospiti potrà parlare se non per
rispondere alle domande. Lo scopo, ha spiegato Farrar, è di
conferire ai partecipanti gli strumenti necessari per capire.
Infine, ha continuato la studiosa, i partecipanti verranno
intervistati di nuovo. I risultati del primo sondaggio non saranno
resi disponibili prima del 3 marzo, quando entrambi i sondaggi
saranno analizzati in relazione ai risultati registrati dopo la fase
di deliberazione. "Migliorare la democrazia", ha detto
Fishkin, qui e nella società in generale: il suo scopo è di
migliorare la politica pubblica attraverso l'interazione. "Si
sa che solo la gente è capace di parlare alla gente; e su una
questione che divide, quella di parlare e ascoltare gente dello
schieramento opposto è una grande opportunità", ha continuato
lo studioso.
"Questo tipo di sondaggio porterà a una maggiore condivisione
delle opinioni, e probabilmente in entrambi gli schieramenti ci
sarà chi cambierà idea sull'argomento: e questo avrà il suo peso
per gli artefici delle strategie politiche", ha osservato
Fishkin concludendo: "voglio migliorare la democrazia, e penso
che le scienze sociali potranno esserci di aiuto in questo".
Joseph Straw fa parte dello redazione del quotidiano "New
Haven Register"
(Traduzione di Dora Bertucci)
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