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Peg and Gracie: due lesbiche a teatro


Gloria sambo e Paola Sapio con Antonia Anania




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Peg and Gracie: due lesbiche a teatro


“Ma almeno erano un uomo e una donna, non so se mi spiego” disse una collega di lavoro a Gracie, dopo aver visto al cinema un film porno. Fino a qui potrebbe andare tutto bene, ma c’è un piccolo particolare: Gracie è lesbica, scrittrice, americana e pure ebrea. E’ una di quelle lesbiche insicure, viziate, poco convinte e che non hanno mai avuto il coraggio di dichiarare la propria condizione sessuale ai quattro venti. E quella battuta la fa star male. Peg, la sua compagna, cerca di consolarla e le consiglia un corso accelerato di sollevamento pesi traversi: chiudere gli occhi e dire a se stessi “io sono lesbica” libera da ogni condizionamento e dà tanta forza interiore. Ma non è facile per Gracie dirsi “io sono lesbica”. Ci riesce solo al quarto tentativo. E aggiunge: “Cosa c’è di male (…) sono una donna vera e lo faccio con una donna”. Tutto d’un fiato.

Peg e Gracie sono le protagoniste di “Dos lesbos”, commedia americana “su e per pervertite” (è il sottotitolo originale), scritta nel 1980 da Terry Baum con Carolyn Myers. Fino al 9 luglio in scena a Roma, al Teatro Belli, diretta e interpretata da Paola Sapio (Gracie) e Gloria Sambo (Peg). Sulla scena ci sono loro e “The girls in the band”, quattro giovani musiciste (sax tenore, basso elettrico, piano e batteria) che oltre a suonare musiche originali, all’occorrenza diventano un coro tragico di grand’effetto e notevole mimica; un pubblico da sit-com che ride alle battute; quattro soliste per canzoni “a tema”, leggere, ironiche e orecchiabili.

Peg e Gracie si amano. Peg fa l’impiegata, beve birra e indossa quasi sempre i pantaloni. Racconta Gloria Sambo, che ne interpreta il ruolo in palcoscenico: “Peg fa sì la parte 'maschile' della coppia, quella forte, ma in realtà è una persona molto fragile, e la sua sicurezza è solo apparente, anzi tra le due soffre di più perché si dà e si espone fino in fondo, non viene accettata dai genitori di Gracie e viene pure importunata da un maniaco che le sputa in faccia, quando lei lo zittisce dicendogli di essere lesbica”.

Gracie invece è la creativa della coppia, la scrittrice e poetessa, che da quando è lesbica scrive di più. Capricciosa e un po’bambina, ha paura del sesso tra donne: “Ho timore ancora di pensarle, e di parlare di certe cose.” Gracie ha bisogno di arrivare per gradi a dire che è lesbica, che le piace possedere le donne e che il sesso con le donne non è noioso come quello con gli uomini. Prima ha bisogno di dire che adora essere lesbica perché “è chic, perché è politically correct, perché dà fastidio ai miei, perché mi piace far parte di una minoranza”. “Gracie –racconta la sua interprete, Paola Sapio, - “è presa da se stessa, ed è un’attiva passiva perché fa muovere gli altri”.

Gracie ha un altro problema: dichiarare ai suoi genitori la propria condizione. Ma come dirlo? Per iscritto? Con delle battute? Chi ha il coraggio di affrontarli? Anche perché “questa faccenda non è un brufolo, ma è un punto nero, da schiacciare” e poi “la buona educazione se ne vola giù dalla finestra quando tuo figlio è gay”. Con ritmi incalzanti, segno di una coppia artistica (Gloria e Paola) ben affiatata, Peg e Gracie fanno varie prove e fingono di dirlo alla mamma, con tanto di coro in stile tragedia greca e di battute del tipo: “Quando gli dei sono contrari non resta che l’oblio”.

“Ci sono vari testi di drammaturgia lesbica –spiegano le due attrici- ma questo ci è parso uno dei più importanti, e tra i più riusciti, riguardo alla scrittura, perché nascendo all’interno di un collettivo teatrale di matrice femminista, manda un indubbio messaggio politico e sociale che però è reso più efficace dalla leggerezza espressiva del testo, la forza innovatrice dell’ironia e da tutti i meccanismi teatrali della commedia”.

Ed è proprio la leggerezza dell’essere e del dire che colpisce in questo testo e in questa commedia.  Le parole della sessualità al femminile ci sono tutte, da clitoride a grandi labbra, da lesbismo a masturbazione, ma sono dette con un’ironia, e una tenerezza tali da non scadere mai nella volgarità.

Questa commedia vuole sfatare il mito o la convinzione che le lesbiche siano tutte infelici, che abbiano avuto una triste infanzia con una mamma sempre assente e che adesso pissano il tempo in squallidi locali a cercare una compagna per una notte. La tristezza c’è, ma a un solo pensiero, quello di non poter avere bambini, una tristezza che passa subito al pensiero ironico di poter avere figlie che schiacciano farfalle e figli che giocano con le bambole.

La tenerezza rimane ancora, quando Gracie racconta a Peg di averle scritto due poesie: Poesia per te N.1 e Poesia per te N.2.: la prima racconta di tutti i modi di fare l’amore tra donne e della paura di farlo, l’altra parla di papere, un po’ goffe, un po’ buffe, un po’ Gracie. Quale delle due piacerà a Peg? Andate a teatro e lo saprete.

“Dos Lesbos” fa anche riflettere sul fatto che testi di e su omosessuali, benché assai validi dal punto di vista artistico, vengano emarginati a rassegne di un mese e rappresentati solo in caso di gay-pride e parade. Allo stesso tempo viene da riflettere sulla esiguità della drammaturgia lesbica: “Anche nell’ambito dell’omosessualità, -afferma Gloria Sambo- gli uomini sono più emancipati, le donne invece vengono meno allo scoperto, e forse anche per questo non è facile scrivere e mettere in scena storie di lesbiche: l’omosessualità femminile è ancora un mondo sommerso, così come l’intero mondo femminile, che emerge con difficoltà, anche nella drammaturgia”.
 
Oltre “Dos Lesbos”, quali sono le storie teatrali su donne che amano altre donne?

I testi della drammaturgia lesbica, sono di due tipi: se nascono all’interno di gruppi femministi, sono politicizzati e meno teatrali; altrimenti affrontano il tema con un voyeurismo e una pruderie che noi non troviamo corretti: meglio raccontare di lesbismo in modo diretto e sincero. “Peg e Gracie: dos lesbos” appartiene al primo tipo ma con ironia, leggerezza e molta teatralità.

Gloria e Paola: che cosa hanno in comune con Peg and Gracie?

Con Gracie sicuramente l’egocentrismo, ma allo stesso tempo ci viene da pensare che in realtà ci appartengono i caratteri di entrambe e che quindi avremmo potuto anche invertire l'assegnazione dei ruoli. Non l’abbaimo fatto solo perché nella nostra coppia artistica Peg è più vicina ai ruoli tipo Gloria e Gracie ai ruoli tipo Paola

Che cosa vienne taciuto in questo testo sull’amore lesbico?

Niente. Secondo noi, si racconta tutto: la tenerezza, la complicità, la violenza che può scattare all'interno delle coppie, il disagio. E poi i meccanismi di coppia sono gli stessi per etero e omosessuali.

Da “Piccole Donne” (n.d.r. una rivisitazione della storia delle sorelle March a confronto con le Brönte, messa in scena dalle stesse attrici) a “Peg e Gracie”: un percorso definito?

In realtà noi abbiamo rappresentato “Peg e Gracie” per la prima volta l’anno scorso (n.d.r. segnalazione ai premi Ubu per la stagione 1998-’99), e con oggi è la terza volta che lo mettiamo in scena. Dunque il nostro interesse per questa commedia viene prima di quello per “Piccole donne” e tante altre nostre storie teatrali al femminile. E poi non è un testo nostro, ce ne siamo appropriate, perché era indicato per il nostro modo di lavorare, per le grosse possibilità interpretative. “Piccole Donne” invece  è stato il risultato di una ricerca. Il percorso è tutto femminile. Essendo donne, noi parliamo sempre di donne: che altro punto di vista potremmo avere?

Ritornando a Peg e Gracie, quali sono state le reazioni del pubblico?

Stupende. Anche per questo è uno dei testi che ci ha dato più soddisfazione. Ci sono arrivate telefonate di ringraziamento, lettere che ci hanno profondamente toccate, in cui alcune ragazze ci hanno raccontato che sono venute allo spettacolo con le mamme, ed è stato un modo per dichiarare ai genitori di essere lesbiche o per fare avvicinare le mamme al loro mondo.

In occasione del gay-pride, sono arrivate a Roma Terry Baum e Carolyn Myers, le autrici di "Dos lesbos". Vi siete incontrate?

Sì, sono venute a vederci, per più di una sera, e si sono commosse. Non finivano più di ringraziare. Oltre a loro due è venuta anche l’attrice che ventanni fa interpretò Peg e che ha partecipato alla creazione vera e propria di questo personaggio, rendendolo ancora più divertente e stimolante. E’ stato un bell’incontro. Abbiamo partecipato insieme anche ad una discussione in una libreria di Roma.

Domanda d’obbligo: qual è la vostra posizione riguardo al gay-pride?

Gloria: “E’ una manifestazione necessaria perché l’orgoglio gay non è un fatto scontato e le discussioni e i problemi che questa manifestazione ha sollevato a Roma testimoniano che fa paura. Poi c’è la faccenda dei diritti civili, le coppie gay hanno la necessità di legalizzare la loro condizione: pensioni, casa, lavoro…diritti che spesso vengono loro negati.”

Paola: “Anch’io non posso che essere favorevole. Per quanto mi riguarda mi ha divertito il rosario di riparazione che qualcuno ha escogitato; continuo a ridere sui manifesti di Alleanza Nazionale anti gay-pride."

Che cosa pensate dei travestimenti adottati per l’occasione?

Crediamo che travestirsi per alcuni sia un modo di rendersi visibili, per altri un gioco, per altri ancora una provocazione.




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