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Cnsu: un organo da valorizzare

Vincenzo Santoro con Chiara Lico



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C’è chi dice che la stampa non ne abbia parlato abbastanza e chi sostiene che a snobbarlo siano stati proprio gli studenti, a rigor di logica i principali interessati. Ma c’è anche chi non esita a dire che il governo avrebbe dovuto conferirgli più spazio e maggior visibilità. Parliamo del Cnsu - il Consiglio nazionale degli studenti universitari istituito con delega della legge Bassanini (L.59/97) attraverso un regolamento: il Dpr 491 del 1997 - e del suo imminente insediamento.

A meno di un mese dalla sua istituzione, realizzata lo scorso maggio attraverso le elezioni universitarie, è Vincenzo Santoro, consulente del Ministero dell’Università per le problematiche e il diritto allo studio, a illustrare le finalità e le prerogative di questo organo istituzionale di rappresentanza studentesca.

Qual è il compito del Cnsu?

Quello di essere il portavoce degli studenti e di tutelarli, a prescindere dal loro livello di studio o dal percorso intrapreso. Quindi: dal diploma universitario - che in futuro scomparirà - al diploma di laurea e dalla specializzazione al dottorato di ricerca, tutti i corsi universitari sono rappresentati

Quali sono le finalità che quest’organo si propone?

La salvaguardia delle istanze degli studenti nei processi decisionali del governo e la garanzia di una maggior attenzione da parte del Ministero dell’Università al parere e alle esigenze degli universitari.

In che modo?

Attraverso la presa visione del parere espresso dal Consiglio. Facciamo l'esempio dei decreti sull’autonomia didattica: accanto alle opinioni espresse dal Consiglio Universitario Nazionale (Cun), che è l’organo rappresentativo delle varie componenti del sistema universitario, anche il Cnsu è chiamato a presentare la propria

E che valore avrà questo parere?

Tanto i pareri del Cnsu quanto quelli del Cun saranno di tipo consultivo.

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Santoro, il 10 e l’11 maggio scorsi si sono svolte le elezioni per il primo insediamento del Cnsu. La scarsa affluenza alle urne riscontrata ha fatto parlare di assenteismo...

Credo che questo sia un giudizio da ridimensionare. Anzitutto, va chiarito che meno della metà degli studenti iscritti frequenta le lezioni universitarie: non si capisce, quindi, perché mai gente che non va all’università per seguire le lezioni, dovrebbe andarci per votare. Tutto sommato l’affluenza alle urne è stata superiore alle previsioni. È vero che a votare è andato solo il dieci per cento di tutti gli universitari, ma questo dato è assolutamente equivalente alla media del voto nelle elezioni locali dei rappresentanti degli studenti per gli organi di governo degli atenei e pertanto non dovrebbe stupire.

Neppure quando a trarre profitto da queste votazioni sarebbero stati gli studenti stessi che invece hanno preferito non presentarsi alle urne?

È innegabile che vi sia della disaffezione...

C’è un "però"?

Per essere motivati a votare è necessario anzitutto conoscere le persone delegate a tutelare gli interessi collettivi o, almeno, i loro programmi. Non è un caso, infatti, che l’affluenza alle urne sia stata maggiore nei piccoli centri, dove è più facile interagire con i rappresentanti. Nei grandi atenei è automatico, invece, che si inneschi un meccanismo di dispersione e quindi di disinteresse.

Perché, secondo lei?

Perché gli studenti non conoscono l’importanza del Cnsu rispetto ai loro bisogni pratici. Mi riferisco all’organizzazione razionale degli appelli d’esame, alla certezza di incontrare un professore durante l’orario di ricevimento... sono questi i problemi reali degli universitari che i rappresentanti degli studenti si ripromettono di risolvere, ma a livello studentesco non se ne ha ancora piena coscienza.

Una sorta di strumento non sfruttato, quindi...

Non esattamente: perché non è detto che il Cnsu venga considerato uno strumento.

E i professori come si rapportano alle rappresentanze studentesche?

Finora, in numerosi casi il corpo docente le ha viste come estranee e in tal modo ha legittimato l’opinione che non servissero. Solo ora, con le riforme che daranno loro più potere, i ragazzi conteranno di più.

In che modo i rappresentanti potranno acquisire autorevolezza?

Facendo in modo che negli atenei gli studenti abbiano più potere nella programmazione didattica: i giovani debbono divenire partecipi, ad esempio, dell’articolazione dei corsi di laurea. Ma a determinare questo devono concorrere anche le autorità accademiche.

In qualità di esperto istituzionale, vede confermate le previsioni sui risultati?

Sì. Il dato premia la consistenza dei gruppi più organizzati e più diffusi sul territorio: quelli che hanno più visibilità, insomma.

Come si manifesta questa "visibilità"?

In primo luogo attraverso una forte presenza negli atenei a livello locale: ci sono gruppi particolarmente abili a essere vicini agli studenti. È il caso, ad esempio, della lista che ha riscosso il maggior numero di consensi: Coordinamento liste per il diritto allo studio, vicina a Comunione e Liberazione. Da parte di questa rappresentanza si riscontra l’impegno continuo a risolvere i problemi degli studenti anche attraverso aiuti concreti: forniture di programmi d’esame, fotocopie, dispense...

In che modo le associazioni studentesche finanziano la loro propaganda?

Talvolta sono le forze politiche di area ad aiutare i giovani politici. Altrimenti c’è l’autofinanziamento, realizzato attraverso feste, attività culturali e iniziative varie.



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