La fabbrica dei mostri
Sandro
Provvisionato
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Questo intervento è apparso su Il barbiere della sera del 28 maggio.
Sandro Provvisionato, caporedattore del TG5, curerà il sito Misteri d'Italia , dedicato alla
documentazione e l'approfondimento delle storie più oscure della nostra storia
repubblicana.
La stampa italiana c'è cascata un'altra volta. Solo tre titoli del 17 maggio 2000,
apertura su tutti (o quasi) i quotidiani d'Italia: Il Corriere della Sera: "Br, il
telefonista era nel sindacato" Il Messaggero: Delitto D'Antona, preso il telefonista.
Il Manifesto: Il doppio lavoro delle Br. Inutile citare le altre aperture perché il
concetto è sempre lo stesso.
E la stampa italiana c'è cascata un'altra volta. Arrestato il 16 maggio, Alessandro Geri
diventa subito un mostro sanguinario, salvo poi tornare in libertà dieci giorni dopo.
Nessuna cautela, nessuna forma di garantismo per l'accusato. Gli investigatori hanno
sempre ragione, i magistrati non possono sbagliare. Eppure, bastava fermarsi un solo
attimo a riflettere per capire che l'arresto realizzato il 16 maggio, dopo una fuga di
notizie pilotata (la solita lotta a coltello tra polizia e carabinieri) era soltanto
l'ennesimo gesto propagandistico nell'ambito di un'inchiesta che da quasi un anno non
aveva raggiunto alcun risultato.

Le scadenze della festa della Polizia (18 maggio) e l'anniversario dell'assassinio del
povero D'Antona (20 maggio) erano troppo ghiotte per non strombazzare un colpo
straordinario messo a segno, guarda caso, proprio dalla polizia. Al di là del ruolo
giocato in questa vicenda dal ministro dell'Immagine (pardon: della Propaganda, ma che
dico: dell'Interno) Bianco, resta la vergogna per una stampa che non sa riflettere, ma che
continua a sdraiarsi sulle "preziosi fonti" degli investigatori e ad appiattirsi
su qualsiasi atto della magistratura.
E non è solo colpa dei cronisti giudiziari (anch'io lo sono stato e a lungo),
naturalmente portati ad ossequiare le divine fonti e proni al volere dei magistrati, anche
a rischio di cadere nel forcaiolismo. Che quell'inchiesta fosse troppo perfetta, che Geri
fosse solo un capro espiatorio, era facile intuirlo. Perché non avanzare almeno un
dubbio? I dubbi sono arrivati, ma non a tutti i giornali, giorni dopo, di fronte al suo
alibi che di dubbi ne ha fatti venire persino alla procura di Roma, nota (vedi caso Marta
Russo) per la sua assoluta correttezza.
Tra i pochi a comprenderlo subito (non dovrei dirlo perché lavoro nella stessa testata)
il direttore del Tg5 Enrico Mentana che, a caldo, in diretta (edizione delle 20 del 16
maggio), dichiarò tutte le sue perplessità. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un
giovane esposto inutilmente ad una vergognosa gogna. Certamente più vergognosa per chi
l'ha promossa. Evidentemente il passato non riesce ad insegnarci nulla. Mettiamo, per un
attimo solo, che Geri, quel 20 maggio di un anno fa, anzichè lavorare al computer con
un'amica se ne fosse stato solo, soletto in casa a dormire. Mettiamo che quel ragazzino,
il supertestimone, di cui (per fortuna) non conosciamo quasi nulla, di cognome si fosse
chiamato Rolandi. E che suo padre di lavoro facesse il tassista. Che piega avrebbe preso
il caso Valpreda (pardon: Geri)? Complimenti colleghi, avanti così.
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