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Nessuna pressione sugli investigatori

Enzo Bianco con Antonio Carioti



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Sin dalla fuga di notizie che ha preceduto l’arresto di Alessandro Geri, il ministro dell’Interno è entrato nell’occhio del ciclone. Una parte della stampa lo ha bersagliato di critiche, il Polo ne ha chiesto più volte le dimissioni. Pochi giorni fa alla Camera è stata presentata un mozione di censura nei suoi confronti. Ma Enzo Bianco è abituato alle polemiche e difende con risolutezza le sue ragioni.

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Signor ministro, si è parlato molto di pressioni politiche sugli investigatori, che li avrebbero indotti ad affrettare la cattura di Geri. Si sente la coscienza perfettamente a posto, da questo punto di vista?

Alcuni parlamentari dell’opposizione, basando le loro asserzioni su ricostruzioni di stampa a dir poco fantasiose, hanno insinuato che sarebbero state fatte pressioni sugli investigatori impegnati direttamente sul caso Geri. convocati in non meglio precisati "vertici" al Viminale. Il 2 febbraio e l’11 maggio si sono svolte due riunioni del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica dedicate alla minaccia terroristica. Ricordo che in più occasioni, specie davanti alla Commissione stragi, erano stati lanciati allarmi su una possibile ripresa del terrorismo, anche in concomitanza con alcune scadenze e anniversari; tra questi, l’omicidio del professor D’Antona. In quelle riunioni, come si potrebbe verificare, non c’erano investigatori impegnati nelle indagini.

Nessuno ha fatto pressioni, quindi; tanto meno ha interferito con il lavoro degli inquirenti o della magistratura. Mi sembra superfluo ricordare che il ministro dell’Interno ha il diritto-dovere di convocare riunioni con i capi delle forze di polizia e dei servizi d’informazione per conoscere la condizione dell’ordine pubblico e della sicurezza nel Paese, anche su singoli temi che si renda opportuno trattare. E così ho fatto. La mia coscienza è assolutamente a posto.

Che cosa è stato fatto per individuare i responsabili della fuga di notizie "istituzionale" sul caso D’Antona, denunciata dalla procura romana?

Sulla fuga di notizie è in corso un’indagine della magistratura ordinaria. I singoli ministeri non hanno ritenuto opportuno aprire inchieste amministrative, perché avrebbero dovuto tener conto delle risultanze della magistratura. Insomma, secondo la legge, avremmo dovuto sospendere le nostre inchieste e attendere la fine del lavoro dei giudici. E’ evidente che, qualora risultino responsabilità da parte di alcuno nella fuga di notizie "istituzionale", il governo e i singoli ministri agiranno con la massima decisione e severità.

C’è qualche rapporto tra le polemiche sull’arresto di Geri e il cambio della guardia al vertice della polizia, che ha visto Gianni De Gennaro sostituire Ferdinando Masone?

Non c’è alcun nesso. Il prefetto Masone ha guidato la Polizia di Stato per un lungo e delicato periodo, cinque anni e mezzo, e aveva manifestato il desiderio di essere sostituito. Fra l’altro, se ci fossero state davvero sue responsabilità nella fuga di notizie, certo il governo non l’avrebbe "premiato" con la nomina alla direzione del Cesis, l’organismo che ha il compito delicatissimo di coordinare le attività dei servizi d’informazione. Il suo successore, il prefetto De Gennaro, ha raccolto consensi ben più ampi della maggioranza di governo. Nessuno, neppure tra le forze di opposizione, ha stabilito un nesso tra le due vicende. Mi sembra un fatto acquisito.

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Scarcerato il presunto telefonista delle Brigate rosse, alcuni hanno l’impressione che la ricerca degli assassini di D’Antona riparta da zero. E’ davvero così?

Il ministro dell’Interno non dispone di informazioni privilegiate sulle indagini della magistratura. Ma la mia impressione non è così pessimistica. Mi auguro che gli assassini di Massimo D’Antona e i loro complici siano chiamati presto a rispondere di quel delitto in un’aula di giustizia.

Che cosa risponde a chi l’accusa di un’eccessiva esposizione massmediale?

Sono convinto che tutte le opinioni vadano ascoltate e rispettate, anche quando non si condividono. Vorrei però che i miei critici si mettessero d’accordo. Se non spiego i motivi di alcune decisioni del ministero, vengo subito accusato di avere cose da nascondere, oscure. Se agisco in maniera diversa, giunge puntuale l’accusa di essere sovraesposto. E’ davvero difficile mettere tutti d’accordo.



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