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Ada Pagliarulo e Paolo Martini



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Lavoro flessibile: atipico, a termine, interinale, part time. Per i detrattori si tratta solo di "precarizzazione" del lavoro, ovvero di una tendenza da contrastare con ogni mezzo, per difendere e recuperare il paradigma del lavoro a tempo indeterminato, con le sue garanzie e le sue tutele. Per altri il "lavoro mobile" e' una opportunita' da cogliere, un fenomeno da governare perche' l'unico in grado di creare nuova occupazione.

Sono quasi un milione e settecento mila i lavoratori atipici censiti dall'Inps, cioe' iscritti alla gestione separata di previdenza obbligatoria, il fondo con aliquota al 10 o al 13 per cento (a seconda della coesistenza o meno di un rapporto di lavoro tradizionale) che dovra' garantire una pensione di vecchiaia a coloro che lavorano nella forma della collaborazione coordinata e continuativa (per i dati vedi http://www.inps.it/doc/Nuove/Parasubordinati/
Elezioni/qualchedato.htm
).

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Pagano i contributi ma, dice Michele De Luca, diessino e presidente della Commissione di controllo sugli enti previdenziali, con aliquote cosi' basse e con prestazioni cosi' variegate la pensione e' piu' o meno un sogno, perche' in pensione ci andranno solo a 65 anni, e le cifre difficilmente supereranno il milione al mese. L'unico vantaggio per questi lavoratori e' la possibilita di ricongiunzione dei contributi versati con quelli, eventuali, di un futuro lavoro dipendente. De Luca, da esperto di previdenza, propugna un "riallineamento delle aliquote contributive tra tutti i lavoratori", e questo "sarebbe davvero risolutivo per gli atipici e per i subordinati". Ma per ora siamo ben lontani.

In tre anni il popolo del 10 o del 13 per cento e' quasi raddoppiato. Un terzo dei lavoratori atipici, secondo il Censis, vive questa realta' lavorativa come una necessita', un altro terzo dichiara che quello atipico e' il tipo di lavoro che preferisce. Le nuove forme del lavoro si adattano ai mutamenti dell'economia post-fordista: l'azienda che in passato ha portato al suo interno milioni di lavoratori ora acquista la fisionomia di una impresa "a rete", dove i processi produttivi si esternalizzano creando migliaia di lavoratori presto battezzati "parasubordinati", o "contoterzisti". A questo si aggiunga lo sviluppo dei settori ad alto livello tecnologico, a partire da tutte le nuove occupazioni legate ad Internet.

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In quest'area grigia, che a volte si ramifica nel sommerso e in altri casi trova il suo appiglio nell'alto potere contrattuale conferito dal possesso di competenze nuove, si trovano le "nuove identita' di lavoro". E le tre principali confederazioni sindacali hanno compiuto un tentativo di incanalarle e rappresentarle: la Cgil, dando vita due anni fa alla Nidil ; la Uil attraverso i Centri per l'Orientamento al lavoro; la Cisl con l'Alai . Gli ultimi due, pur avendo gia' firmato dei contratti unitari di azienda, si caratterizzano piu' come agenzie di servizi che come veri e propri sindacati, offrendo informazioni o consulenza, oltre che tutele differenziate rispetto ai 'posti di lavoro' tradizionali.

E' una nuova frontiera, una grande scommessa, dicono convinti i responsabili della Nidil Cgil, che ha festeggiato il suo secondo compleanno la scorsa settimana a Napoli. La Nidil, cinquemila iscritti (meno dello 0.5 per cento del totale degli atipici censiti) e' un sindacato dal carattere flessibile, come il lavoro che vorrebbe inseguire. Su questa flessibilita', sembra di capire, i fratelli maggiori sono meno convinti: "Resistenze ed ostacoli non sono mancati, dall'interno del sindacato, che fatica sempre a riconoscere le modificazioni della societa'", dice Cesare Minghini, che della Nidil e' il segretario. Eppure l'organizzazione fa dialogare archeologi e corsisti di gestione delle risorse umane, addetti al customer care delle aziende di telecomunicazioni e operatori sanitari.

In alcuni casi gli "atipici" sono in possesso di una laurea forte, possono contare su molti committenti, e vedono la flessibilita' di orari e incarichi come una opportunita'. Chiedono in genere minimi garantiti e diritti come quello alla maternita', ma non sognano il posto fisso, e predicano il modello anglosassone, invocando liberalizzazioni "europee" nell'ordinamento delle professioni. I pochi contratti firmati da questi nuovi sindacati (con aziende di ricerche di mercato come la Unicab, con regioni come l'Emilia e il Lazio, con associazioni di artigiani e commercianti) sono snelli ed essenziali. Contratto scritto, una piccola copertura di maternita', formazione e incentivi.

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