Caffe' Europa
Attualita'



Il Buono, il Brutto, il Cattivo


Robert Katz

 

Articoli collegati
Il Buono, il Brutto, il Cattivo
The Sopranos e il sogno americano
Recensione/Mickey Occhi Blu

Robert Katz, americano, vive da anni in Toscana. E' autore di libri storici e romanzi (Cassandra Crossing - Rizzoli), sceneggiature (La pelle di Liliana Cavani) e di numerosi saggi: tra questi, Morte a Roma (Editori Riuniti), ricostruzione della strage delle Fosse Ardeatine pubblicato in 19 paesi, in dieci lingue e 20 edizioni, da cui è stato tratto il film Rapprasaglia. Tra i suoi libri di storia tradotti in Italiano vi sono La fine dei Savoia (Editori Riuniti) e Sabato Nero (Rizzoli), ricostruzione della deportazione degli ebrei di Roma ad Auschwitz da parte dei nazisti. Dal suo libro I giorni dell'ira, sul caso Moro, è stato tratto il film di Giuseppe Ferrara Il caso Moro. Ultimamente è uscito da Rizzoli il suo saggio Dossier Priebke: Anatomia di un processo. Robert Katz è stato Visiting Professor di giornalismo investigativo all'Università della California.

Cosa pensano davvero gli americani degli italiani?

Gli americani, almeno quelli che conosco, pensano agli italiani, a tutti gli italiani, come appartenenti a un unico gruppo etnico composto di tre tipi umani differenti. Il primo, ma non certo il più importante, è composto dagli italo-americani nati e cresciuti negli Usa, nipoti e pronipoti di quelle anime disperate - provenienti in maggior parte dall’Italia meridionale - trasportate sulle nostre spiagge dall’ondata di immigrazione dei primi decenni del Ventesimo secolo. Ormai, naturalmente, la loro progenie è italiana quanto il picnic del 4 di luglio (la festa nazionale americana del giorno dell'indipendenza, ndr), ma credetemi, se il vostro nome finisce con una vocale, in America siete considerati sempre italiani.

L’ultima incarnazione di questa sottospecie "italiana" è la famiglia del New Jersey protagonista di una serie televisiva americana: un gruppo di eroi popolari musicalmente chiamati The Sopranos. Milioni di americani seguono le loro improbabili vicende alla tv ogni domenica sera. Naturalmente i Soprano, essendo italiani del primo tipo, sono mafiosi, ma, come tutti i loro simili, combattono insieme a loro la quotidiana battaglia per realizzare il sogno americana che promette salute, ricchezza e sesso senza limiti.

Il modo in cui riescono a rimanere sposati alla cosca e allo stesso tempo rispecchiare la famiglia americana media, poco funzionale eppure adorabile, è stato spiegato in modo esemplare da un recente episodio. Quando Mamma e Papà Soprano fanno insieme alla figlia il giro di visite, quintessenzialmente americane, ai college in cui pensano di mandare la ragazza, Tony, il padre, sfrutta l’occasione per rintracciare e far fuori un infame pentito che vive in incognito sotto il Programma federale di protezione per i testimoni.

Fieri delle loro radici, i Soprano e i loro goombah (spelling americano del termine "cumpà", cioè "compare" ndr) continuano nonostante tutto a considerare l’Italia lo stesso paese miserando che i loro progenitori immigranti si lasciarono alle spalle. Alcune domeniche fa, per esempio, Tony, nel corso dei preparativi per ricevere un cugino in arrivo da Napoli, si sentiva chiedere dal suo amico Paulie quale fosse lo scopo di quella visita: "Chiaro, per vedere com’è fatto un gabinetto dentro casa".

Come "correttivo" ci sono però, secondo i miei compatrioti, gli Italiani del secondo tipo. Ah, sono straordinari, un miracolo dell’universo, gli illustri cittadini del belpaese al di là dell’Atlantico, quelli che non fanno mai nulla di men che perfetto. È l’Italia del "sorriso sul volto del cameriere", per usare la vecchia, maliziosa metafora di Luigi Barzini Jr. Sono loro i protagonisti dei sogni americani - eleganti arbitri del gusto, ricchi ma con discrezione, della moda e del design (se non della qualità), formose o chiassosi vincitori e presentatori di Oscar, esuberanti tenori e i loro amici, esperti conoscitori della cucina dell’Italia "settentrionale" e dei vini DOCG, o per l'appunto camerieri che non smettono mai di sorridere.

ital.jpg (23636 byte)

A parte i camerieri, tutti gli altri vivono in Toscana (i camerieri vivono a Trastevere, che in America si pronuncia Trasta-VERA), ma trascorrono gran parte del tempo in movimento, passeggiando per i borghi sulle colline dell’Umbria, solcando in barca a vela il mar Tirreno e librandosi sui loro aerei privati diretti a Beverly Hills. Tutto questo frenetico spostarsi può infatti spiegare perché gli americani che vanno in vacanza in Italia rarissimamente riescono a intravvedere gli italiani del secondo tipo, fuorché sulle pagine dei tabloid. L’Italia che questi viaggiatori vedono con i loro occhi, cercando di allungare il collo al di sopra della pazza folla è, purtroppo, popolata di italiani del terzo tipo: scippatori, imbroglioni e maestri nell'arte dell'inganno e del furto degni del Mago di Oz, che, secondo gli americani, conferiscono all’Italia l'innegabile reputazione di terra in cui nulla è ciò che sembra e i treni non sono mai in orario.

Prendiamo il New York Times. Le sue cronache dall’Italia, quando non riguardano il Papa o gli italiani del secondo tipo (o il fascino dei borghi sulle colline) raccontano quasi sempre di scandali, imbrogli o inefficienza. Queste storie, scelte fior da fiore, sono particolarmente gradite quando servono come "prova" che l’America, con tutti i suoi difetti - e Dio sa che il Times non si sottrae mai al dovere di criticare i difetti e le colpe nazionali - rimane il luogo invariabilmente descritto, da tutti i politici in cerca di poltrona da Miami a Malibu, come "il più grande Paese sulla faccia della terra".

Quando il Times compila l’elenco delle priorità della nazione, impegno che rispetta tutte le mattine, il resto dei media statunitensi della mainstream si affretta ad allinearsi. Prendiamo la CNN. La sua corrispondente da Roma,Gayle Young, illustrando di recente l’opposizione italiana alla pena di morte tanto amata dagli americani - un argomento di cui da noi raramente si parla - reputò necessario "spiegare" perché proprio l’"amica" Italia, tra tutti i paesi, metterebbe in discussione un’istituzione americana così venerabile come la pena capitale. Tirando fuori immagini di archivio di mafiosi siciliani dietro le sbarre che parlano con i loro parenti e amici durante una pausa in uno dei tanti maxi-processi contro Cosa Nostra, la giornalista commentava, "in fondo gli italiani nutrono una particolare ammirazione per coloro che violano la legge".

Un popolo che si fa incantare da questo tipo di fascino dev'essere, agli occhi degli americani, sempre sul punto di violare la legge. Si tratta naturalmente di stereotipizzazione della peggior risma ed è a partire dall’accettazione di questa premessa assurda che qualcuno si spinge oltre, portando allo scoperto quel che di solito riesce a nascondere: il suo puro e semplice filisteismo. Il re dei filistei in questi giorni, almeno nei media americani, è un ex giornalista del New York Times, oggi autore di bestseller: Michael Lewis.

Solar.jpg (9939 byte)


All’inizio di quest’anno Lewis spedì un certo numero di corrispondenze da Roma, scrivendo dal suo appartamento in "Piazza Campo dei Fiori", a Slate, una popolare rivista online. Quando Henry James, giungendo a Roma nel 1869, scribacchiò sul proprio taccuino "Finalmente per la prima volta mi sento vivo" si inseriva già nella consolidata tradizione degli scrittori americani che venivano a Roma per assorbire tutto quel che potevano della sua grande cultura, e il cui andirivieni sarebbe durato per altri cent’anni. Ma quando Lewis, in viaggio con a seguito moglie - la giornalista e fotografa Tabitha Soren -, figlia - Tallulah -, ragazza au pair e cane, ha iniziato a raccontare le sue impressioni su Roma, si è subito capito che quella grandiosa tradizione, che probabilmente si concluse quando Gore Vidal lasciò la sua casa di Largo di Torre Argentina negli anni Ottanta, era morta e sepolta.

Scrivendo del suo arrivo a Roma, in un pezzo perentoriamente intitolato "E-Commerce in Italy", Lewis cominciò subito a criticare i suoi italiani del terzo tipo su due fronti: truffa e arretratezza. Niente era come sembrava. Lewis aveva affittato il suo appartamento nella "piazza-campo" tramite quella che lui continuava a definire una "società italiana su Internet", un sito Web diretto da un certo Dottor Abate, un tipo descritto, quando i due finalmente si incontrano, come "nervoso e a disagio" ("il sudore gli colava lungo i lati del viso. Più che parlare, gridava"). E il Dottor Abate aveva ben di che sentirsi nervoso e a disagio, visto che, appena i Lewis sono rimasti soli nell’appartamento, hanno scoperto di essere stati ignobilmente truffati: non riuscivano a trovare l’asciugabiancheria che era stato loro promesso, non era stato loro comunicato il numero di telefono, e non riuscivano ad aprire la porta di casa ("sembrava inchiodata al soffitto").

Credete che lo scrittore andasse in cerca di un effetto comico? No, perché in seguito a questa esperienza, dopo non essere riuscito a raggiungere per telefono il Dottor Abate proprio quando più aveva bisogno di lui, conclude: "Ci vorrà del tempo prima che gli italiani si adeguino a Internet". Per illustrare meglio il concetto, la signora Soren ha scattato una fotografia, si presume da una finestra dell’appartamento "sigillato", di alcuni indumenti stesi ad asciugare su un filo, sopra la "piazza-campo", con la didascalia "Impianti a energia solare" (vedi illustrazione, ndr).

Sarcasmo a buon mercato, certo, ma anche senza didascalia quell’immagine sarebbe stata emblematica di ciò che la maggioranza degli americani pensa veramente degli italiani del terzo tipo. Non ha importanza che il povero dottor Abate, come saltò fuori dopo la pubblicazione dell’articolo, non fosse nemmeno italiano (anche se Lewis non lo ha mai ammesso), o che alla fine Tabitha Soren sia riuscita a trovare l’asciugabiancheria ("e addirittura a farlo funzionare") oltre al sistema per aprire la porta di casa. La vita continua, e non appena il marito ha messo piede fuori dall’appartamento, ha trovato subito argomento per la corrispondenza successiva.

La quale compare tre giorni più tardi, sotto un titolo di assoluto cattivo gusto, "The Roasting of Giordano Bruno", l’arrostimento di Giordano Bruno. Per un terribile scherzo del destino - terribile per l’America - il celebre giornalista esce dalla porta di casa per immettersi in Campo de’ Fiori proprio il giorno del quattrocentesimo anniversario dell’immolazione di Bruno. Dal testo dell’articolo di Lewis - ed è questa la cosa terribile - è abbondantemente evidente che egli non ha la più pallida idea di chi rappresenti la statua incappucciata che si vede dalle sue finestre, né di che cosa quell’uomo abbia fatto quando era in vita.

Quel che colpisce l’attenzione di Lewis è il fatto che nella piazza "si era scatenato l’inferno [e che] la gente faceva sembrare il dottor Abate calmo e composto". Quel che è peggio per il mio paese, i tentativi fatti da Lewis per sapere qualcosa di più su Giordano Bruno non rivelano altro che l'incompetenza del giornalista che, peggio ancora, procede diritto per la sua strada, senza dubbi o esitazioni di sorta. Dopo aver consultato "svariate enciclopedie online", egli informa i suoi lettori, dando evidentemente per scontato che ne sappiano meno di lui, che Bruno è "il patrono di tutti gli italiani che odiano la Chiesa cattolica". Stiamo parlando dello stesso grande filosofo che seppe compiere lo straordinario balzo mentale dall’eresia della teoria copernicana alla visione di un universo infinito e di una molteplicità di mondi?
È la definizione che si legge nel primo paragrafo della Encyclopedia Britannica online, che però non sembra essere stata una delle fonti di Lewis.

Che invece prosegue: «Bruno era un frate domenicano della fine del XV [sic] secolo, che fu scomunicato dall’ordine per aver proclamato, tra le altre cose, che Gesù non era divino... e fu bruciato sul rogo dall’Inquisizione il 17 febbraio 1600» - a quanto pare alla veneranda età di 152 anni, visto che Lewis, o la sua fonte Internet, gli ha aggiunto un secolo di vita. E quali sarebbero le "altre cose" citate? Solo che sulla scia dell'eredità ideale di Bruno seguirono un gruppo di seguaci atei che assomigliano ai revivalisti religiosi. "Gli italiani, così come sembrano capaci di dar vita a un commercio su Internet anche meno efficiente della normale attività commerciale vecchia maniera», conclude, "hanno dato vita a un culto anti-religioso che è più religioso della stessa Chiesa cattolica". ...St'italiani!


Il solo elemento a discolpa di queste odierne dimostrazioni di quel che gli americani pensano sugli italiani è rappresentato, nel caso di The Sopranos, da una serie di proteste da parte di scrittori e studiosi americani, per la maggior parte di origine italiana (alle quali il New York Times ha riservato uno spazio abbastanza rilevante) e, nel caso della famiglia Lewis, da alcune irate lettere a Slate, una delle quali, intitolata "Americani ignoranti all’estero", definiva l’articolo su Bruno "semplicemente imbarazzante". Quanto agli italiani dell’Italia con il sorriso sul volto del cameriere, l'America può continuare a sognare.

(Traduzione di Anna Tagliavini)



Articoli collegati
Il Buono, il Brutto, il Cattivo
The Sopranos e il sogno americano
Recensione/Mickey Occhi Blu

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo