Caffe' Europa
Attualita'



Cos'è, e come riconoscerlo


Alessandro Gilioli

 

Articoli collegati
Cos'è, e come riconoscerlo
Consigli per difendersi
Itinerario/Un aiuto in Rete
Forum

Alessandro Gilioli, direttore editoriale della DARP e direttore responsabile di Happy Web, è autore, insieme al neuropsichiatra Renato Gilioli, di "Cattivi capi, cattivi colleghi", un approfondito saggio sul tema del mobbing edito da Mondadori.

Mobbing è una parola che deriva da un verbo inglese, to mob, che significa "assalire tumultuando", "malmenare, aggredire". Il termine è stato usato da Konrad Lorenz nei suoi studi di etologia per indicare il comportamento di una certa quantità di animali della stessa specie che si coalizza contro un membro del gruppo e, per motivi diversi, lo attacca e lo esclude dalla comunità, portandolo talvolta fino alla morte.

Il mobbing sul lavoro può essere "verticale", cioè da parte di un capo verso i sottoposti, oppure "orizzontale", cioè tra pari grado. Il mobbing verticale avviene quando l'azienda mette in atto una strategia, diretta o indiretta, per rendere impossibile la vita a un dipendente diventato sgradito, in modo che questi prima o poi si licenzi. Il mobbing orizzontale invece si verifica quando un certo numero di colleghi marginalizzano qualcuno che, per svariati motivi, il gruppo non vuole.

In Italia il mobbing coinvolge circa un milione di persone. Quello verticale, dall'alto verso il basso, si presenta in più della metà delle situazioni. Nel 40-45% dei casi invece si tratta di mobbing orizzontali. Molto più raro, anche se non impossibile, il mobbing dal basso verso l'alto, o ascendente, cioè il boicottaggio di un capo attuato da un gruppo compatto di subalterni: in Italia si stima che non riguardi più del 5% dei casi.

Il mobbing è un problema sociale che riguarda sia gli uomini sia le donne, con una leggera prevalenza di vittime tra queste ultime. Il fenomeno coinvolge sia giovani sia anziani, ma la fascia d'età da cui provengono più richieste d'aiuto è quella che va dai 40 anni in poi. I motivi sono semplici: prima di tutto, i giovani neoassunti accettano più facilmente i piccoli soprusi quotidiani e quindi raramente denunciano le situazioni di mobbing; in secondo luogo un lavoratore con una certa anzianità costa di più all'azienda, quindi diventa più frequentemente oggetto di mobbing verticale, finalizzato a ottenere le dimissioni del dipendente e ad assumere al suo posto un giovane con meno pretese.

Molti, e assai diversi tra loro, sono i modi con cui il mobbing miete le sue vittime. I sistemi cambiano a seconda dell'ambiente di lavoro, del livello culturale e professionale di chi agisce e di chi subisce e anche degli scopi per cui questa molestia morale viene messa in opera.

Ci sono mobbing palesi e violenti (attuati attraverso aggressioni verbali o fisiche, urla, allusioni pesanti alla sfera privata o sessuale); mobbing sottili e silenziosi (realizzati attraverso un’escalation di episodi che portano al progressivo isolamento della vittima e alla sua esclusione graduale dal gruppo); mobbing disciplinari (quando, per esempio, un dipendente riceve continue lettere di richiamo ingiustificate, diventa oggetto di un controllo ossessivo allo scopo di coglierlo in fallo e, in caso di malattia, viene perseguitato con uno stillicidio di visite fiscali); mobbing "geografici" (assai comune è il trasferimento del lavoratore in una sede periferica, scomoda e lontana dalla famiglia e dagli amici); mobbing mansionali (quando un lavoratore viene dequalificato, cioè costretto a un compito inferiore); e perfino mobbing paradossali (quando, al contrario, un dipendente viene promosso a un compito più alto che però non sa svolgere, e viene quindi messo in condizione di sbagliare per poi essere punito insindacabilmente).

mob2.jpg (15146 byte)



Naturalmente non tutti i problemi sul lavoro costituiscono davvero molestia morale: è importante distinguere il mobbing dai normali scontri e dai litigi tra colleghi che si verificano episodicamente in tutti gli ambienti. Se infatti una certa dose di conflittualità interpersonale in ufficio o in fabbrica è fisiologica, il mobbing è invece una vera e propria patologia sociale che si caratterizza per alcuni suoi aspetti peculiari, come la continuità delle aggressioni nel tempo, lo stillicidio di eventi persecutori, l'escalation di attacchi che portano la vittima all'isolamento, all'emarginazione, al disagio e alla malattia.

Negli anni '80 lo psicologo tedesco-svedese Heinz Leymann, il pioniere degli studi sulla materia, ha elaborato alcuni criteri per distinguere il mobbing dai normali conflitti di lavoro. Secondo Leymann, un lavoratore è sicuramente vittima di mobbing quando si verificano alcune di queste condizioni: improvvisamente gli spariscono o si rompono, senza che vengano sostituiti, strumenti di lavoro come telefoni, computer, lampadine; i litigi o i dissidi con i colleghi sono sempre più frequenti; gli mettono vicino un accanito fumatore pur sapendo che detesta il fumo; quando entra in una stanza la conversazione generale si interrompe improvvisamente; viene escluso da notizie utili per lo svolgimento del suo lavoro; apprende che girano pettegolezzi infondati sul suo conto; gli vengono affidati da un giorno all'altro incarichi inferiori alla sua qualifica o estranei alle sue competenze; viene sorvegliato nei minimi dettagli (come gli orari di entrata e di uscita, le telefonate, il tempo passato alla macchinetta del caffè etc); viene rimproverato eccessivamente per delle piccolezze; non viene data alcuna risposta alle sue richieste sia verbali sia scritte; i superiori o i colleghi lo provocano per indurlo a reagire in modo incontrollato; viene escluso da feste aziendali o da altre attività sociali; viene preso in giro per l'aspetto fisico o l'abbigliamento; tutte le sue proposte sono rifiutate senza valide motivazioni; è retribuito meno di altri colleghi che hanno incarichi di importanza minore; e così via.
mob3.jpg (28629 byte)


La prima reazione che di solito scatta nella mente di chi subisce il mobbing è l’autocolpevolizzazione: la vittima si chiede in che cosa, quando e dove ha sbagliato nell’attività professionale o nei rapporti con i colleghi. Il mobbizzato cioè tende a trovare in se stesso, e non nell'ambiente di lavoro, la causa del problema.

Un altro sentimento che affiora subito dopo è quello della solitudine: la vittima pensa quasi sempre di essere l'unica persona al mondo a subire questo tipo di aggressione e non riesce neppure a immaginare come il problema possa essere comune. Seguono poi altri effetti, come una sorta di "anestesia reattiva": la vittima diventa incapace di reagire, resta immobile di fronte alle vessazioni crescenti. E più la pressione aumenta, più questa immobilità cresce. L'escalation del mobbing porta quindi a una specie di depersonalizzazione, vale a dire a una fase in cui la persona non riconosce più se stessa ("io non sono più io").

Le conseguenze principali sono lo stress, l'ansia, la depressione, la frustrazione, le fobie, gli attacchi di panico, il crollo dell'autostima e la rabbia, che talvolta può sconfinare nel tentativo di suicidio o, più raramente, nell'aggressività verso altre persone.

Nei mobbizzati però possono insorgere anche diverse malattie fisiche che hanno all'origine un grave disagio psichico: da quelle respiratorie (come l'asma bronchiale) a quelle dell'apparato digerente (come l'ulcera duodenale), dalle vertigini alle cefalee, fino ai vuoti di memoria. Frequentissimi sono i disturbi del sonno, le palpitazioni e le lombalgie. Ma c'è anche chi non mangia più e chi diventa bulimico, chi perde interesse sessuale e chi ha gonfiori o eritemi sulla pelle. Nelle persone predisposte si verificano o si accentuano problemi legati all'abuso di alcol e di droghe. In generale, c'è un calo delle difese immunitarie e quindi una maggiore tendenza ad ammalarsi. Anche il suicidio, come si è accennato, è un rischio reale, perché la depressione causata dal mobbing, se non viene curata, porta spesso a fantasticare o ad attuare progetti autodistruttivi. In Italia non esiste alcuna ricerca documentata in merito, ma il ricercatore tedesco Harald Ege stima che anche da noi il 13% dei suicidi sia causato da situazioni correlate con il mobbing.



Articoli collegati
Cos'è, e come riconoscerlo
Consigli per difendersi
Itinerario/Un aiuto in Rete
Forum

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo