Uno dei capitoli più
spinosi dell'agenda politica autunnale è costituito dalla ripresa del dibattito
parlamentare sul disegno di legge riguardante la procreazione assistita, approvato in
maggio dalla Camera e ora all'esame del Senato.
Il testo sui "figli in provetta", votato da una maggioranza
ibrida comprendente i settori cattolici dell'Ulivo, il Polo e la Lega, è infatti
altamente controverso. Ne invoca il rapido varo l'antiabortista Carlo Casini, presidente
del Movimento per la vita, che ha rivolto un appello in questo senso al presidente e ai
capigruppo di Palazzo Madama. Lo avversano con risolutezza le donne dei Democratici di
sinistra, che hanno promosso una raccolta di firme mirante ad affossarlo. Sembra quasi
riaffacciarsi l'aspro clima delle dispute sul divorzio e sull'aborto.
"Eppure la proposta che avevamo portato in aula alla Camera, dopo
un lavoro di due anni, era molto equilibrata e aveva raccolto un consenso vasto, esteso
oltre i confini della maggioranza governativa", ricorda l'onorevole Marida Bolognesi
dei Ds, presidente della Commissione Affari Sociali di Montecitorio e a suo tempo
relatrice su questo discusso provvedimento.
Che cosa è successo allora per scatenare un simile putiferio? "A
un certo punto la disponibilità alla mediazione è venuta meno. Ha prevalso la volontà
di affermare valori etici ben definiti. E sono passati emendamenti che hanno scardinato
l'impalcatura della legge".
"La modifica più importante" prosegue Marida Bolognesi
"è il divieto della fecondazione cosiddetta eterologa, cioè effettuata tramite
tecniche che richiedono l'uso di materiale genetico appartenente a un donatore estraneo
alla coppia. Esclusa questa possibilità, veniva meno lo scopo principale della legge,
dato che per disciplinare l'inseminazione omologa, cioè con spermatozoi e ovociti dei due
interessati, è sufficiente un regolamento ministeriale. Ce n'era abbastanza per
convincermi a lasciare l'incarico di relatrice, in segno di protesta contro una soluzione
che lede la laicità dello Stato e penalizza cittadini che hanno la sola colpa di
desiderare un figlio".
E' subentrato quindi come relatore il leghista Alessandro Cè e il
dibattito si è fatto sempre più ideologico. "Basta pensare" sottolinea Marida
Bolognesi "che la fecondazione eterologa è stata assimilata alla clonazione e alla
manipolazione degli embrioni, con una pena dai tre ai dieci anni di carcere per i medici
che la praticano. E addirittura si è introdotto il bizzarro principio dell'adottabilità
per gli embrioni prodotti a fini procreativi ma rimasti inutilizzati, dimenticando che la
personalità giuridica, nel nostro ordinamento, si acquista al momento della nascita. Si
voleva inoltre riservare la procreazione assistita solo alle coppie sposate, tagliando
fuori quelle conviventi. Almeno questo l'abbiamo evitato, ma la legge risulta comunque
inaccettabile".
I sostenitori del testo approvato alla Camera obiettano che era
necessario proibire la fecondazione eterologa per tutelare il nascituro, poiché è
aberrante privare una persona, per legge, del diritto di sapere chi è uno dei suoi
genitori biologici.
"Credo che essere genitori" replica Marida Bolognesi
"non significhi tanto trasmettere a un figlio il proprio patrimonio genetico, quanto
piuttosto assumersi la responsabilità di allevarlo ed educarlo. Vietando la fecondazione
eterologa non si tutela l'identità dei minori, ma semplicemente si impedisce ad alcuni
bambini di nascere. E non credo che andrebbero incontro a particolari problemi psicologici
figli così fortemente voluti da coloro che s'impegnano a crescerli. Del resto nessuno
sarebbe obbligato ad avvalersi della fecondazione eterologa, mentre mi sembra equo che chi
intende ricorrervi possa farlo. La morale non s'impone per legge e nessuno può pretendere
di sindacare scelte così intime di una coppia".
Nel fronte laico c'è però anche chi contesta non solo le norme
licenziate dalla Camera, ma anche l'opportunità stessa di regolare la questione per
legge. E' il caso di Cinzia Caporale, studiosa di bioetica, che conduce una rubrica
settimanale su questi temi dalle frequenze di "Radio Radicale".
"Tutto ciò che è collegato con la genetica" spiega
"riguarda diritti fondamentali dell'individuo, che a mio avviso necessitano semmai di
una garanzia costituzionale in termini generali. E' assurdo che per cambiare la
composizione del Csm serva un procedimento di doppia lettura con maggioranza qualificata,
ma su temi così delicati si possa deliberare per legge ordinaria, magari con improvvisi
colpi di mano compiuti da schieramenti a geometria variabile".
"Nel caso specifico della procreazione assistita" continua
Cinzia Caporale "si tratta di una materia in continua evoluzione a causa delle nuove
scoperte scientifiche, per cui la casistica si estende sempre più e le norme non riescono
a starle dietro. In una situazione del genere, il diritto dovrebbe limitarsi a scongiurare
danni certi, piuttosto che pretendere di incentivare comportamenti ritenuti virtuosi o
comunque socialmente auspicabili".
Sulla base di questo principio, affermato nel Manifesto di bioetica
laica uscito lo scorso anno e riprodotto su questo stesso numero di Caffe' Europa, Cinzia
Caporale sostiene che, invece di mettere in cantiere l'ennesima legge retorica e
farraginosa, sarebbe bastato fissare pochi punti.
"Ciò che conta davvero" sostiene "è impedire il
disconoscimento dei figli generati attraverso la fecondazione eterologa. E' un principio
di civiltà elementare che da poco la Corte costituzionale ha finalmente affermato, con
grave ritardo, dopo aver atteso inutilmente che le Camere varassero una legge. Poi bisogna
cambiare il codice deontologico dei medici, nelle parti in cui impone alla procreazione
assistita limiti che nei fatti sono violati di continuo. Infine va resa obbligatoria e
vincolante l'iscrizione dei centri che praticano queste tecniche a un elenco pubblico
presso l'Istituto superiore di sanità".
Per il resto, secondo la collaboratrice di "Radio Radicale",
tutto dovrebbe essere lasciato all'autodeterminazione degli individui, senza escludere
pregiudizialmente nessuno dalla riproduzione assistita. "Questa smania di proibire,
di combattere un presunto 'Far West procreativo', alla fine si risolve in una farsa. Il
vero scandalo è il fatto che le strutture pubbliche, in base alla circolare emessa nel
1985 dal ministro della Sanità dell'epoca, Costante Degan, non praticano le tecniche
eterologhe e nemmeno le omologhe più sofisticate, per cui si crea una discriminazione tra
chi dispone dei contatti e dei mezzi per rivolgersi ai centri privati, pagando caro, e chi
non può farlo".
"Del resto, anche se la legge passerà così com'è" conclude
Cinzia Caporale "le persone informate e risolute riusciranno ad aggirare ogni
barriera. A Londra o a Madrid qualsiasi donna italiana, magari single e omosessuale,
potrà farsi inseminare, se proprio lo desidera. E la Sanità italiana dovrà ripagarle le
spese, perché una sentenza della Corte europea di giustizia ha stabilito che ogni
cittadino dell'Unione ha diritto al rimborso nel caso in cui ricorra, in un paese membro
dell'Ue, a una pratica medica che non viene effettuata nel territorio del suo Stato di
appartenenza. Di che cosa stiamo discutendo allora?".