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Caso Esselunga, una premura sospetta

Anna Bartolini e Francesco Giuffrida con Tommaso Debenedetti


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Un proprietario d’azienda prende le difese dei consumatori. O almeno, questo era l’intento dichiarato del proprietario della nota catena di supermercati Esselunga, che nei giorni scorsi ha comprato due intere pagine di pubblicità sui più diffusi quotidiani nazionali per protestare – a nome dei cittadini, secondo lui – contro i gravissimi disagi creati agli utenti dal cattivo funzionamento dell'aeroporto di Malpensa, soprattutto per via dello spostamento di quasi tutto il traffico aereo da e per Linate sul nuovo hub.

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Una forma inedita di tutela o un curioso espediente per far conoscere il proprio marchio? L’idea dell’imprenditore è chiara: dal momento che il governo non ascolta le esigenze e le proteste dei viaggiatori, tocca ai privati ergersi a paladini della collettività. Di fatto, sembra che l’iniziativa del proprietario di Esselunga abbia scavalcato le associazioni di difesa del consumatore.

"Posso avere dei dubbi sui modi e le forme dell’iniziativa, sicuramente finalizzata anche a precisi interessi del promotore, ma sono perfettamente d’accordo sul merito", afferma Anna Bartolini, esperta della tutela dei consumatori e già collaboratrice del programma televisivo Mi manda Lubrano. "Molte associazioni dei consumatori avevano da tempo segnalato i gravissimi problemi creati da Malpensa. Lo spostamento dei voli da Linate a Malpensa costringe gli utenti che vogliono partire e tornare da una capitale europea in uno stesso giorno ad alzarsi prima dell’alba per raggiungere il decentratissimo aeroporto, oppure a partire la sera precedente, sobbarcandosi così inutili costi aggiuntivi. Insomma, vogliono avvicinarci all’Europa e, per farlo, hanno trasformato un viaggio facilissimo in una vera tradotta!".

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"Protestare è giusto" aggiunge Anna Bartolini "anche perché il governo è assolutamente e colpevolmente sordo di fronte alle richieste dei consumatori. E nella vicenda di Malpensa tale sordità ha raggiunto il culmine: va bene l’integrazione europea, ma che non ricada sulle spalle dei cittadini!".

Sull’opportunità del fatto che i privati prendano iniziative personali a difesa del consumatore, come è accaduto nel caso di Esselunga, l’avvocato Francesco Giuffrida del Codacons nutre tuttavia molti dubbi. "Non sono contrario, in linea di principio, a forme miste di collaborazione tra produttori e consumatori di prodotti. Tuttavia, ho più di una perplessità sulla genuinità di un messaggio pubblicitario a difesa dei consumatori che provenga da chi, ovviamente e giustamente, persegue interessi opposti. Anche perché è di tutta evidenza (come ricordava di recente Giuliano Amato) che i migliori difensori dei consumatori sono i consumatori stessi, al più aiutati dalle associazioni che ne hanno i mezzi e le competenze".

Il rappresentante dei Codacons condivide con Anna Bartolini l’opinione che il governo non sia un interlocutore attento. "Nonostante una certa recente attenzione da parte del governo al mondo dei consumatori", afferma l’avvocato, "è ancora insoddisfacente il ruolo che le associazioni che li rappresentano sono chiamate a svolgere. Quella registrata negli ultimi tempi è un’apertura di facciata, che nasconde il tentativo di imbrigliare il movimento consumerista nella palude degli enti inutili. In effetti, alcune delle associazioni oggi riconosciute, essendo derivazione di movimenti sindacali e d’opinione, si trovano già in una situazione contraddittoria perché di fatto vestono due abiti, uno dei quali, quello consumerista, viene sacrificato alla logica dell’altro, che deve privilegiare interessi sindacali."

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"Il vero passo avanti da fare" prosegue Giuffrida, "è quello che il Codacons chiede da sempre, cioè il riconoscimento delle associazioni di tutela dei consumatori quali parti (o meglio, controparti dei produttori) negli organismi che effettivamente regolano gli interventi ‘forti' nell’economia, come le authority dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Perché, ci si deve domandare, a quel tavolo siede, col governo, solo la parte dei produttori e non anche quella dei consumatori dei prodotti? Perché relegare il cittadino utente al ruolo di destinatario di decisioni e non promuoverlo a quello di corresponsabile delle stesse?".

 

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