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Letti per voi/Analisti e sesso: abuso di potere

Luciana Sica

 

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Questa lettera è stata pubblicata su La Repubblica (www.repubblica.it) del 7 luglio

Un brillante analista di rango, di successo scivola con una sua paziente in un idillio che la cura in genere non contempla. Lui ha potere, è un uomo di fascino, è socialmente risolto. Lei è fragile e smarrita, è da sempre facile preda di incantamenti e di illusioni. I due comunque si piacciono, si attraggono, e cedono al desiderio nel più naturale dei modi. E intanto la cura analitica va avanti.

Quella relazione pericolosa cos'è: un amore o un abuso? E soprattutto: la scuola psicoanalitica a cui appartiene il nostro seducente maestro dell'anima, che fa quando in qualche modo viene a saperlo? E' una domanda che indispettisce gli ambienti analitici, inclini a liquidare la questione come un pettegolezzo giornalistico di poco conto. E' invece una domanda non solo legittima, ma d'obbligo, a cui accetta di rispondere Mario Trevi, settantacinque anni, uno dei nomi di tutto rispetto della psicoanalisi. O per maggiore precisione, della psicologia analitica, visto che si tratta dello studioso più autorevole dello junghismo italiano.

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Dottor Trevi, come le società psicoanalitiche fronteggiano questi casi tanto imbarazzanti? Prevale il coraggio della denuncia o la tendenza all'omertà?

"Credo che le società siano portate almeno in un primo momento a occultarli, e poi a cercare delle giustificazioni per lo più cavillose che non reggono di fronte all'evidenza del tradimento che lo psicoterapeuta fa di una precisa deontologia professionale. Quando si parla di amore psicoterapeutico, non si tiene mai sufficientemente conto che lo scopo della cura non è mai il possesso dell'altro, bensì la tendenziale liberazione dell' altro, l'aumento delle sue potenzialità creative e la crescita delle forme adattative necessarie a vivere. Se l'analista cede, viene meno al suo dovere professionale nel suo punto più delicato, e combina disastri".

 

Lei cosa ne sa, di questi disastri?

"Certi fatti, nel nostro ambiente, sono risaputi. E io li ho sempre considerati fatti appartenenti alla sfera dell'umano, ma assolutamente da scongiurare. Come vecchio psicologo, mi è toccato aggiustare i cocci di tante persone che avevano avuto di questi guai, perché alla lunga - mi creda - vengono fuori sempre delle cose molto brutte... Non si dovrebbe dimenticare che se la paziente soffre di un grave disagio psichico, ogni pratica erotica da parte dello psicoterapeuta si può configurare come reato di abuso di incapace. Oggi per lo più i pazienti ricorrono all'aiuto della psicoterapia per quelli che, con formula impropria, vengono chiamati disagi esistenziali. Ma non è una buona ragione per approfittare di chi, in ogni caso, è sofferente".

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Il rapporto di potere tra un medico uomo e una paziente donna si accentua, diventa molto più insidioso nel setting analitico. Può dire perché?

"Il medico, per il maschilismo che persiste nella nostra società, si sente in qualche modo autorizzato ad allungare le mani. Un atteggiamento senz'altro colpevole, ma nel caso dello psicoterapeuta c'è qualcosa di più e di diverso. Potrà sembrare esagerato, ma il comportamento dell' analista che sbaglia si avvicina a quello del pedofilo. Perché noi condanniamo la pedofilia? Perché implica il concetto di approfittarsi di un minore che non ha il pieno controllo della sua volontà, del suo intendimento. Il pedofilo invece si difende quasi sempre dicendo che il bambino o la bambina era consenziente. Nella psicoterapia avviene qualcosa di simile: la paziente si trova in una condizione di sudditanza, di arrendevolezza, di minore capacità di disporre della propria volontà proprio perché è in una cura particolarissima che investe le sue emozioni più profonde e per lo più implica anche una regressione di natura infantile... Sì, lo psicoterapeuta che ne approfitta somiglia al pedofilo". A dispetto di quello che lei dice, c'è invece chi trova ingiustificato un eccesso di severità sino a difendere il "valore terapeutico" di certe attenzioni. Come a dire: che c'è di meglio per una donna sola e frustrata delle gratificazioni sentimentali ed erotiche del suo onnipotente analista?

"Alla base, c'è un falso concetto di spontaneismo, che va contestato. Tutti esaltano la spontaneità fingendo di non sapere che è il contrario della legge morale. Occorre invece rigore: queste cose si fanno, queste altre no, e basta. O meglio, si fanno fuori del rapporto analitico. E comunque, per esercitare questo mestiere, occorre una struttura psicofisica controllabile... Come un chirurgo si farebbe uno scrupolo enorme ad operare con delle mani infette, così lo psicoterapeuta dovrebbe avere un'enorme cura della propria psiche, perché questo vuol dire psicoterapia: non cura della psiche, ma per mezzo della psiche. Alla fine, forse sbaglierò, ma mi permetto di dubitare che Casanova e don Giovanni avrebbero potuto fare gli analisti".

 

 

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