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Berlusconi tenta di mettere radici

Domenico Mennitti, Giorgio Rebuffa, Claudio Scajola con Antonio Carioti

 

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Eppure cresce. Dopo la sconfitta del 1996, Forza Italia appariva condannata a un rapido declino. Perfino un osservatore amico come Giuliano Ferrara, in quella fase, suggeriva a Silvio Berlusconi di lasciare la politica, mentre Umberto Bossi, con i suoi riti secessionisti in onore del dio Po, passava per l'unica vera opposizione presente sulla piazza. E poi le numerose defezioni di parlamentari dal Polo non sembravano promettere nulla di buono.

Invece il 1999 ha segnato un'impetuosa riscossa degli "azzurri", che alle elezioni europee sono risultati di gran lunga il primo partito, malgrado la concorrenza della Lista Bonino, e soprattutto si sono affermati anche alle amministrative, che in passato li vedevano sempre in affanno. Proprio questo dato nuovo porta a escludere che il successo sia solo un effetto degli spot televisivi e a spostare l'attenzione sugli sforzi compiuti in questi anni da Forza Italia per darsi un radicamento sul territorio. Finita l'epoca del partito virtuale, gli uomini di Berlusconi hanno puntato a rendere capillare la loro presenza. E i risultati si vedono, perfino nell'ambiente ostico delle "regioni rosse".

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Racconta Claudio Scajola, coordinatore nazionale di Forza Italia e protagonista della riorganizzazione, che tutto e' cominciato proprio dallo scacco del 1996. Fu nel maggio di quell'anno che Berlusconi gli affido' il compito di mettere in piedi una struttura articolata. "In primo luogo" ricorda Scajola "abbiamo provveduto a darci delle regole, in modo da disciplinare un'attivita' svoltasi fino allora in modo spontaneo e disordinato. Approvato lo Statuto nel gennaio 1997, e' iniziata la fase delle iscrizioni: agli aderenti abbiamo chiesto il versamento di una quota consistente, 100 mila lire, per non cadere nelle peggiori abitudini dei vecchi partiti, che spesso facevano le tessere con l'elenco telefonico". Quella prima campagna frutto' 120 mila iscritti, mentre ora Forza Italia dichiara di averne 200 mila.

"Nel secondo semestre del 1997" continua Scajola "abbiamo potuto quindi affidare ai tesserati l'elezione degli organismi del partito. Si sono svolti ben 117 congressi provinciali, in cui gli iscritti hanno designato direttamente i dirigenti locali e i delegati al congresso nazionale, tenuto ad Assago nell'aprile del 1998. Alla fine, Forza Italia disponeva di una dirigenza legittimata democraticamente a ogni livello, da Berlusconi ai singoli responsabili provinciali, e di una struttura presente su tutto il territorio nazionale".

E' sorta insomma una vera e propria "Armata azzurra", forte di quasi 15 mila quadri ed esponenti di diverso rango, che ha proceduto a formare le liste per le elezioni dell'autunno 1998 e del giugno scorso. "Il responso delle urne" sottolinea Scajola "parla da se': nel 1995 alle amministrative Forza Italia prendeva in media 13 punti percentuali in meno rispetto alle consultazioni di carattere nazionale; quest'anno la differenza tra europee e provinciali si e' ridotta al 3,5 per cento".

Domenico Mennitti, direttore della rivista "Ideazione" che rappresenta l'anima liberale del Polo, concorda con l'analisi di Scajola: "In ambito locale la scelta dei candidati e' essenziale per la buona riuscita di una lista. Il successo di Forza Italia si deve al fatto che e' riuscita a organizzarsi rimanendo un 'partito leggero', privo di apparato. Puo' accadere che chi bussa alla porta di una sede provinciale o regionale non trovi nessuno, ma la capacita' di mobilitazione nel momento elettorale, o su campagne specifiche come la lotta al fisco esoso, e' diventata notevole". "I dipendenti della sede centrale" conferma Scajola "sono solo 47, ma la nostra presenza nella societa' si fa sempre piu' capillare. Ora celebreremo anche i congressi locali nei comuni sopra i 10 mila abitanti".

Assai scettico sugli effetti benefici del radicamento territoriale e' invece Giorgio Rebuffa, deputato e giurista che ha lasciato Forza Italia alcuni mesi fa: "Secondo me il partito di Berlusconi e' in crescita perche' appare all'opinione pubblica moderata l'unica alternativa forte e credibile alla sinistra, mentre il suo processo di strutturazione rischia di portare al consolidarsi di oligarchie locali, tutt'altro che attraenti per l'elettorato. E' vero che questa volta Forza Italia e' andata bene anche alle amministrative, ma credo che la causa principale sia l'indebolimento degli apparati di consenso del Ppi e dei Ds. Mi sembra esemplare il caso del sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca, che ha vinto proprio perche' ha tenuto le distanze dai partiti del Polo".

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Un'altra controindicazione rispetto all'espansione organizzativa e' il pericolo di diventare un ricettacolo di riciclati. In effetti molti dirigenti di Forza Italia provengono dal vecchio pentapartito. Ma Mennitti trova il fenomeno perfettamente normale. "La fase dell'ostracismo pregiudiziale verso gli esponenti della passata classe politica e' ormai superata. Ed e' logico che in Forza Italia affluiscano persone che militavano nelle forze di centro, in primo luogo la Dc, anche se non mancano gli ex appartenenti alla sinistra e resta numerosa la quota di coloro che non hanno alle spalle esperienze di impegno diretto. La verita' e' che intorno a Berlusconi si sta raccogliendo l'Italia che crede in una democrazia maggioritaria funzionante, senza piu' trasformismi e ribaltoni. Mentre gli altri partiti si affannano a inseguire i nuovi ceti medi, con scarsi risultati, il leader del Polo ne interpreta le aspirazioni con assoluta naturalezza".

Rebuffa riconosce che Berlusconi e' in sintonia con vasti settori della societa', ma considera questo consenso "ancora friabile", perche' raccolto soprattutto contro la sinistra e non su un "progetto positivo di trasformazione del paese". Scajola esalta invece Forza Italia come "partito della gente, dotato delle antenne necessarie per cogliere le istanze dei cittadini e trasmetterle alle istituzioni". A questo proposito il quartier generale azzurro si propone di rilanciare, con un congresso programmato per il prossimo autunno, anche i club di Forza Italia, che sono stati la prima espressione spontaneistica del movimento per poi finire quasi accantonati. Nell'estate del 1994 se ne contavano circa seimila, mentre al momento del congresso di Assago erano ridotti a 1200.

 

"I club" sostiene Scajola "possono essere un utile strumento di selezione della classe dirigente, svolgere attivita' culturali e ricreative. Proprio per conferire loro maggiore liberta' d'azione, sono favorevole a mantenere la distinzione tra gli iscritti al partito e i membri dei club, che possono essere anche semplici simpatizzanti". Ma il progetto piu' ambizioso e' forse quello della formazione quadri. "Vogliamo andare al di la' dei corsi allestiti in modo episodico" dichiara Scajola "per creare una scuola di alto livello, dalla quale possano uscire i governanti del futuro".

Qui emerge un punto molto delicato, relativo alla necessita' di preparare in prospettiva soluzioni di ricambio alla guida del centrodestra. Oggi, come osserva Mennitti, parlare di un'emancipazione di Forza Italia dalla figura di Berlusconi "e' una forzatura". Ed e' molto probabile che il Cavaliere sia di nuovo il candidato premier del Polo alle prossime politiche. Ma e' chiaro che il destino dei moderati italiani non puo' essere affidato in eterno a un uomo solo.

 

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