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Letti per voi/Cronistoria di due anni di indagini

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Questo articolo e' apparso su "La Repubblica" del primo giugno

Due anni fa l'omicidio di Marta Russo, una studentessa di Giurisprudenza raggiunta da un proiettile mentre cammina in un vialetto dell'Università La Sapienza di Roma. Da allora l'inquietante caso giudiziario tiene con il fiato sospeso l'opinione pubblica, che segue con interesse i colpi di scena, le testimonianze, le udienze, gli scontri tra accusa e difesa. Settantuno le udienze del processo - che ha "prodotto" quattordicimila pagine di atti - iniziato il 20 aprile dello scorso anno. Per gli imputati Giovanni Scattone, 31 anni, e Salvatore Ferraro, 32 anni, accusati di omicidio volontario, i pm Italo Ormanni e Carlo Lasperanza hanno chiesto la condanna a 18 anni di carcere. La difesa ha chiesto l'assoluzione per entrambi. Ecco le tappe principali del delitto della Sapienza.

9 maggio 1997: 11.35 del mattino. Marta Russo, studentessa di Giurisprudenza, viene colpita alla testa da un proiettile mentre cammina con l'amica Iolanda Ricci lungo un vialetto dell'Università "La Sapienza" di Roma. Le sue condizioni appaiono subito gravissime.

11 maggio: mentre Marta lotta contro la morte in un letto del policlinico universitario Umberto I, i suoi genitori lanciano un appello. "Chiunque ha visto", dice il padre Donato, "deve parlare".

12 maggio: nel magazzino della ditta di pulizie Pultra, a Giurisprudenza, gli investigatori trovano due proiettili inesplosi. La sera stessa le abitazioni dei dipendenti vengono perquisite e si trovano pistole giocattolo modificate. Alcuni di loro vengono portati in questura e interrogati. E nell'inchiesta entra anche Rino Zingale, bibliotecario all'Università e appassionato di armi, messo sotto inchiesta.

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3 maggio: alle 22 Marta viene dichiarata morta. I genitori annunciano che doneranno gli organi della ragazza. Cosa che avviene, il giorno successivo. Il cuore di Marta continuerà a battere nel petto di Domenica, 38 anni, di Palermo.

16 maggio: l'università di Roma si ferma per i funerali di Marta. Migliaia di persone si affollano commosse nella piccola cappella universitaria. Tra loro anche Prodi, Veltroni, Violante, il ministro Berlinguer. E il questore di Roma, Rino Monaco, mette al lavoro un pool di 80 persone.

19 maggio: le indagini si spostano nella facoltà di Giurisprudenza. Gli uomini della scientifica scoprono tracce di polvere da sparo sul davanzale della finestra dell'aula 6 dell'Istituto di Filosofia del diritto. Si comincia a indagare all'interno della facoltà.

12 giugno: dopo un mese di indagini arriva il primo arresto per favoreggiamento. E' per Bruno Romano, direttore dell'Istituto di Filosofia del diritto. Gli investigatori accusano Romano di aver coperto i colpevoli. A mettere nei guai il professore è stata Maria Chiara Lipari, figlia dell'ex senatore Dc Nicolò e assistente all'Istituto di Filosofia del diritto. La dottoressa Lipari dice agli inquirenti che il 9 maggio, nell'aula 6, erano sicuramente presenti anche la segretaria dell'Istituto Gabriella Alletto e l'usciere Francesco Liparota, e che mentre lei entrava nella stanza Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro ne stavano uscendo.

14 giugno: Gabriella Alletto accusa gli assistenti Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Il primo avrebbe sparato, mentre il secondo avrebbe assistito, mettendosi poi le mani nei capelli come gesto di disperazione. La Alletto dice anche che Liparota era vicino a loro, nell'aula 6. I tre vengono arrestati nella notte per concorso in omicidio volontario. Scattone e Ferraro negano qualsiasi coinvolgimento nella viceda. Liparota, che in un primo momento conferma la testimonianza della Alletto e ottiene gli arresti domiciliari, il 16 giugno si presenta in procura e ritratta, sostenendo di aver fatto la prima dichiarazione perché aveva paura e aveva subito delle minacce.

17 giugno: arresti domiciliari, per favoreggiamento, anche per Maria Urilli, segretaria all'Istituto di Filosofia del diritto, e per il direttore della Biblioteca Maurizio Basciu.

23 giugno: tornano in libertà Romano, Basciu e Urilli.

30 giugno: il tribunale del riesame conferma gli arresti per Ferraro e Scattone. 9 luglio: Giuliana Olzai, studentessa di Statistica e sorella di due banditi sardi accusati del sequestro di Dante Berardinelli, racconta a un quotidiano e poi agli inquirenti di aver visto Scattone e Ferraro, il 9 maggio, che fuggivano dal'Università "con fare circospetto".

31 luglio: incidente probatorio per Gabriella Alletto, che conferma le accuse. Anche Giuliana Olzai, il 26 settembre, ribadisce il suo racconto.

15 ottobre: la Cassazione nega ai due assistenti Scattone e Ferraro la scarcerazione.

12 dicembre: incidente probatorio, Liparota fa scena muta.

22 dicembre 1997: nuovo no alla libertà di Ferraro dal tribunale del riesame.

9 gennaio 1998: la procura chiede il rinvio a giudizio di Scattone, Ferraro, Liparota, Alletto, Romano, Basciu, Urilli e Zingale e Marianna Marcucci, amica di Ferraro.

12 gennaio: Liparota torna in libertà.

26 gennaio: il gip accoglie la richiesta dei pm: giudizio immediato per tutti. Zingale esce di scena patteggiando una condanna a un anno di reclusione per falso.

20 aprile: comincia il processo davanti alla prima Corte d'assise di Roma nell'aula bunker del Foro Italico.

25 maggio: Giuliana Olzai accusa Scattone e Ferraro. 1 giugno: un testimone, Stefano La Porta, sembra fare l'occhiolino a Scattone e viene indagato per falsa testimonianza.

22 giugno: anche l'assistente Luisa Avitabile finisce sotto inchiesta per falsa testimonianza.

10 luglio: sopralluogo della Corte all'Università.

13 luglio: la ricercatrice Maria Chiara Lipari conferma le accuse contro Scattone e Ferraro e chiama in causa anche Romano.

16 luglio: Urilli e Basciu si dichiarano innocenti.

20 luglio: Romano nega di aver voluto ostacolare le indagini.

7 settembre: Ferraro respinge ogni accusa.

9 settembre: Scattone si proclama estraneo ai fatti.

14 settembre: circola il video dell'interrogatorio, registrato l'11 giugno del 1997, nel quale Gabriella Alletto, presente il cognato poliziotto, nega ai pm di essere stata nella stanza 6. In aula, però, la donna conferma le accuse contro Scattone e Ferraro.

7 ottobre: confronto con gli imputati. La Alletto: "Confessate".

8 ottobre: Ferraro ottiene gli arresti domiciliari.

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12 ottobre: la Corte d'Assise nega arresti domiciliari a Scattone.

9 novembre: anche la bibliotecaria Laura Cappelli finisce sotto inchiesta dopo aver smentito il racconto dell'Alletto.

16 novembre: il tribunale del riesame boccia la richiesta di arresti domiciliari avanzata da Scattone.

18 novembre: un teste della difesa Ferraro, Salvatore Condemi viene indagato per favoreggiamento e falsa testimonianza.

22 dicembre: arresti domiciliari a Scattone.

10 febbraio 1999: per i periti nominati dalla Corte d'assise non ci sono elementi certi per affermare che si sparò dalla stanza 6. Liparota, con una dichiarazione spontanea, fa sapere di aver mentito perché terrorizzato da magistrati e investigatori.

6 marzo: fuori dall'aula bunker, la Corte compie un'ulteriore perizia e fa sparare tre colpi di pistola normali e altrettanti con il silenziatore.

14 aprile: le richieste dei pm: condanna a 18 anni per Ferraro e Scattone per omicidio volontario, 5 anni e 9 mesi per Liparota (favoreggiamento e detenzione di arma da fuoco), 4 anni per Romano (favoreggiamento). Un mese a Gabriella Alletto, assoluzione per Basciu, Urilli e Marcucci.

19 aprile: l'Università chiede un miliardo di risarcimento danni a Scattone e Ferraro.

25 aprile: in una intervista il presidente del tribunale Luigi Scotti dice che il processo è sfuggito di mano a tutti.

27 aprile: la famiglia Russo fa un esposto al Csm per l'intervista di Scotti.

30 aprile: il legale dell'Università viene rimosso dal rettore.

7 maggio: il procuratore Vecchione chiede la trascrizione di alcune arringhe difensive riservandosi di procedere eventualmente per l'ipotesi di calunnia.

25 maggio: il pm accusa: al padre di una teste (l'assistente Simona Sagnotti) sono stati sequestrati dei beni di cui era intestatario fittizio. In realtà i beni sono di proprietà di Enrico Nicoletti, legato alla banda della Magliana.

31 maggio: prima che la Corte si chiuda in camera di consiglio, Ferraro e Scattone ribadiscono la propria innocenza.

1 giugno: la sentenza arriva alle 15.30, dopo oltre ventiquattro ore di camera di consiglio. Giovanni Scattone è stato condannato per Salvatore Ferraro è stato assolto dall'accusa piu grave e condannato a 4 anni di reclusione per concorso in favoreggiamento. Gli altri imputati Francesco Liparota, Bruno Romano, Gabriella Alletto, Maurizio Basciu, Maria Urilli e Marina Marcucci sono stati invece asolti con formula piena dall'accusa di favoreggiamento. Scattone e Ferraro sono stati rimessi in libertà per scadenza dei termini di custodia cautelare.


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