Un Sistema Postbellico per l'Europa
Sud-Orientale Libro Verde (bozza
preliminare)
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I parametri di Emerson: piena democrazia e conti in
regola
Bruxelles, 16 aprile 1999
Centre for European Policy Studies
Questo Libro Verde e' stato preparato sotto la responsabilità' del Centre for European
Policy Studies nell'ambito del suo Gruppo di Lavoro sul "Futuro dell'Europa
Sud-Orientale" (presieduto da Erhard Busek e Penegiotis Rumeliotis; relatore
Michael Emerson, Senior Research Fellow, CEPS).
Il Gruppo di Lavoro ha iniziato le proprie attivita' alla fine del 1998. Il lavoro ha
visto un'accellerazione vista la gravita' del conflitto in Kosovo. Nei giorni scorsi il
Consiglio Europeo ha a sua volta adottato degli orientamenti politici in risposta al
conflitto in Kosovo (14 aprile), annunciando la convocazione di una futura Conferenza
sull'Europa Sud-Orientale per decidere quali misure prendere per raggiungere la
stabilizzazione nel lungo termine e il riavvicinamento dell'intera regione all'Unione
Europea. Questo testo viene circolato come documento consultivo precisamente su questo
tema (chiaramente si tratta di un contributo non ufficiale e indipendente alle riflessioni
sulle politiche da attuare).
Un Sistema Post-Bellico per l'Europa Sud-Orientale
Riassunto
La guerra in Kosovo rischia di diventare la catarsi definitiva e terribile della tragedia
nei Balcani. La fine della seconda guerra mondiale ha portata alla riconciliazione e alla
creazione delle istituzioni del nuovo ordine europeo (dal Consiglio d'Europa alla CEE,
ecc.). Con lo scoppio di quest'ultima guerra nei Balcani e' ora necessario concepire e
negoziare delle basi di tipo definitivo per l'inclusione della regione nell'ordine civile
europeo. L'impianto di queste basi dovrebbe partire dal fatto che parecchi degli Stati
della regione balcanica o della ex-Yugoslavia si sono gia' incamminati sulla strada per
l'adesione all'Unione Europea. Premesso che molte delle politiche dell'UE sono già' o
possono essere estese ai paesi confinanti, e' altrettanto vero che l'Unione Europea non
può' semplicemente aprire le proprie istituzioni politiche immediatamente a diversi,
piccoli Stati, e in particolare a quelli senza una comprovata esperienza nell'attuazione
delle norme politiche europee.
Vi e' dunque l'esigenza di sviluppare una nuova soluzione politica, motivando la
convergenza dei paesi dell'ex-Yugoslavia e l'Albania verso norme europee moderne,
nell'ottica di una loro inclusione e non esclusione nell'Unione Europea. Si potrebbe cosi'
delineare una progressiva inclusione di questi Stati o di queste Regioni nelle politiche e
nelle istituzioni dell'Unione Europea. I negoziati per l'allargamento dell'Unione già' in
corso non verrebbero in alcun modo ritardati, ma verrebbero estesi alcuni degli elementi
della "strategia di preadesione" agli Stati e alle Regioni Autonome in modo da
ridurre le differenze tra essi e gli attuali candidati all'adesione. Visto che la regione
e' piccola in termini economici, il costo di un'iniziativa strategica per l'ex-Yugoslavia
e l'Albania, su una scala simile al costo delle politiche previste dall'Agenda 2000 per
l'adesione dei candidati, sarebbe in circostanze normali moderato (nell'ordine di un
massimo di cinque miliardi di euro all'anno, assumendo che tutti i paesi, inclusa la
Serbia, diventino eleggibili). Questo rientrerebbe facilmente nei margini finanziari delle
risorse disponibili dell'Unione a seguito degli accordi presi in merito all'Agenda 2000 al
Consiglio Europeo di Berlino. Tuttavia, i costi a carattere eccezionale della
ricostruzione postbellica potrebbero aumentare il totale delle spese.
La Nato sta svolgendo un ruolo indispensabile con lo spiegamento di una forza militare
tesa a fermare i crimini contro l'umanità. Ma con la fine dell'azione militare si
renderà necessario ricostruire l'ordine civile, ed e' qui che l'Unione Europea deve
assumersi le proprie responsabilità'. In merito il Consiglio Europeo ha adottato degli
orientamenti in tal senso nella sua riunione del 14 aprile. Questo paper offre una serie
di idee nuove per un'iniziativa strategica dell'UE, mettendo insieme componenti di tipo
economico, monetario, politico, di sicurezza e istituzionali per un sistema per l'Europa
postbellica che abbia lunga durata e che veda la piena integrazione della regione
nell'ordine moderno europeo.
Punti chiave
La proposta, avanzata dall'UE, della creazione di due nuove categorie di
adesione degli Stati e delle regioni dell'ex-Yugoslavia e dell'Albania. I negoziati
dovrebbero aprirsi appena verranno soddisfatti i criteri democratici basilari e quelli dei
diritti umani:
- "Stato autonomo dell'UE", per entità' che potrebbero diventare membri
a pieno titolo in futuro (ovvero Croazia, FYR Macedonia), e
- "Regione autonoma dell'UE", per entità' che richiedono
temporaneamente una protezione speciale e che dovrebbero avere un'autonomia, ma per cui la
condizione di stato sovrano potrebbe non essere realizzabile (ovvero il Kosovo).
Il processo in corso di allargamento dell'UE continua in pratica senza
cambiamenti, ma con l'aggiunta della nuova dimensione dell'integrazione anche degli Stati
e delle Regioni autonome.
Contenuto delle politiche delle relazioni tra l'UE e gli Stati e le regioni
autonome:
- inclusione in un Area Economica Europea (Mark II), inizialmente come area di
libero scambio multilaterale, e in un secondo momento il passaggio all'inclusione nel
mercato unico, con pieno accesso ai finanziamenti per gli investimenti e agli aiuti
dell'UE, ivi inclusa l'assistenza alla ricostruzione. Sovvenzioni per compensare le
perdite dovute alle mancate tariffe doganali, stipulate in base a una condizionalità
annuale coordinata tra l'UE e il Fondo Monetario.
- inclusione nell'Area Monetaria Europea, con l'opzione di una piena euroizzazione
della moneta locale, e compensi per le perdite nel bilancio dei diritti ai profitti sulla
coniazione (anche a specifiche condizioni macroeconomiche).
- inclusione di nuovi programmi di cooperazione nell'ambito del pilastro Giustizia e
Affari Interni dell'UE, con l'opzione di Accordi di Sicurezza Speciali per quanto
riguarda il sostegno militare e paramilitare da parte delle forze degli Stati membri
dell'UE. Definizione di un quadro di sicurezza generale di tipo multilaterale denominato
"Patto di Stabilita' per l'Europa Sud-Orientale".
- totale dei costi finanziari per l'UE di circa cinque miliardi di Euro annualmente, ossia
ben entro i margini a disposizione e non ancora stanziati del bilancio dell'Unione Europea
a seguito dell'accordo raggiunto nel marzo 1999 sull'Agenda 2000 al Consiglio Europeo di
Berlino. Costi di carattere eccezionale dovuti alla ricostruzione postbellica potrebbero
aumentare queste spese.
- nessun contributo al bilancio UE da parte degli Stati e delle regioni autonome in base
al principio di non tassazione senza una piena rappresentanza.
Presenza istituzionale per gli Stati e le regioni autonome dell'UE:
- Consiglio UE, limitato a incontri congiunti speciali senza diritto di voto
- Commissione UE, da sviluppare il carattere di una rappresentanza speciale, con
nomine nel personale
- Parlamento Europeo, membri eletti, in una fase iniziale senza diritto di voto,
poi in seguito con diritti pieni
- Corte di Giustizia Europea, inizialmente solo nomine nel personale
- Banca Centrale Europea, nessun membro del Consiglio Direttivo, osservatori per
i paesi euroizzati
- Banca d'Investimenti Europea, membri del Consiglio Direttivo
- Comitato delle Regioni e Comitato Economico e Sociale, partecipazione
Indice
1. Il punto di partenza
2. Il potenziale dell'UE
2.1 Area Economica Europea (Mark II)
2.2 Area Monetaria Europea
2.3 Unione Economica e Monetaria
2.4 Risorse finanziarie dell'UE (e delle Istituzioni Finanziarie Internazionali)
2.5 Area Europea di Libertà', Giustizia e Sicurezza
2.6 Area Europea di Sicurezza Militare
2.7 Stati e Regioni Autonome dell'UE
3 Esigenze dell'Europa Sud-Orientale
3.1 Più' progredite nel campo economico che in quello politico
3.2 Più' progredite nel campo politico che in quello economico
3.3 Richiesta di sostegno basilare nei campi sia economico che politico
3.4 Territori che richiedono protezione
3.5 L'ex egemone regionale
3.6 Patto per la Stabilita' nell'Europa Sud-Orientale
3.7 Dimensioni europee più' ampie
4. Conclusioni
Riferimenti
Tabelle
Elenco degli Allegati
1. Il punto di partenza
Non si intravede ancora la fine del confronto militare nella Yugoslavia, ma e' già' ora
di prepararsi per l'ordine postbellico nella regione. Quando finirà', la guerra avrà'
perlomeno creato una situazione nuova, in cui soluzioni più radicali per l'integrazione
della regione nell'Europa moderna dovrebbero diventare politicamente praticabili.
E' opinione diffusa che le popolazioni e le elites dell'intera regione guardino in ultima
istanza alla loro adesione all'UE per assicurarsi un futuro positivo. D'altro canto vi e'
pero' poca comprensione nella regione di cosa ciò comporta, cosa che non sorprende quando
si pensa alla complessità' della struttura e dell'evoluzione del sistema dell'Unione
Europea. L'Unione stessa dovrà svolgere un ruolo attivo, aprendo un dibattito su quelle
che potrebbero essere le possibilità' in termini operativi. Ma il processo dovrebbe a
quel punto diventare interattivo, visto che solo i rappresentanti della regione possono
legittimamente decidere in quale modo potrebbero essere accolte le loro aspirazioni.
L'UE fino a ora non ha nessuna strategia credibile per venire incontro a queste
aspirazioni. Il cosiddetto "approccio regionale" si e' dimostrato insufficiente
[Commissione UE, 1998].Gli strumenti della condizionalità sono troppo finemente tarati
per poter veramente incidere sulle tendenze più profonde nella regione. Questi strumenti
utilizzano solamente incentivi di scambi commerciali e di aiuti, senza avere nuove o
emergenti competenze nel campo monetario o della sicurezza. Inoltre, l'obiettivo di tipo
politico non e' chiarito in termini temporali che abbiano una rilevanza politica. Ci si
limita a usare espressioni del tipo "con una vocazione europea".
Se si presume dopo la guerra emergerà la volontà politica di arrivare a soluzioni
decisive per quanto riguarda un sistema e un ordine civile nuovo nell'Europa
sud-orientale, come punto di partenza si potrebbe guardare a entrambi i risvolti della
questione nei termini seguenti:
- il potenziale dell'UE per quanto riguarda politiche inclusive, di partecipazione
istituzionale e delle risorse finanziarie.
- le esigenze dei diversi Stati e comunità della regione.
2. Potenziale dell'Unione Europea
2.1 Area Economica Europea (Mark II)
L'Area Economica Europea (EEA) ha costituito una innovazione interessante. Si trattava di
un accordo tra alcuni Stati piccoli che desideravano una piena integrazione nel mercato
unico dell'UE, senza doverne accettare gli aspetti sovranazionali. I piccoli Stati della
EEA non avevano bisogno dell'Unione come ancoraggio dei propri valori politici, mentre
l'UE, per ragioni istituzionali, non desiderava un numero crescente di piccoli Stati
membri (successe poi che tre dei paesi decisero di preferire una piena adesione, mentre
altri tre continuarono quali membri della EEA).
Anche se con importanti modifiche, il modello ha aspetti interessanti per quanto riguarda
il sud-est europeo. L'idea generale e' quella di assicurare l'inclusione completa per
determinati campi d'azione delle politiche dell'Unione, anche quando una piena adesione
non viene considerata opportuna (da una parte o dall'altra, o da entrambi).
La EEA-Mark II verrebbe avviata con una iniziativa volta a creare una zona di libero
scambio paneuropea (nessuna tariffa sui beni industriali) tra l'UE, l'EFTA, la EEA (ovvero
i tre attuali membri), la CEFTA (ovvero i candidati all'adesione dell'Europa centrale e
orientale più Cipro), oltre ai partner doganali dell'UE (la Turchia), con l'aggiunta dei
paesi dell'ex Yugoslavia e l'Albania. A parte l'azzeramento delle tariffe, il regime di
regole verrebbe allineato a quello multilaterale già esistente di tipo paneuropeo in base
all'accordo del 1997 tra l'UE, EFTA, EEA e CEFTA. Questa materia altamente tecnica e' in
realtà di grande importanza per quanto riguarda l'integrazione delle strutture
industriali, proprio perché rende possibile la ricaduta del valore aggiunto sulla
produzione dei beni in questione su un numero ampio di paesi. I vantaggi di una
"piena accumulazione" sono descritti altrove [vedi Komuro, 1997], e la loro
introduzione nell'Europa sud-orientale nel suo insieme e' un'auspicabile iniziativa in
attesa di diventare priorità politica.
Gli Stati economicamente molto deboli dei Balcani verrebbero compensati per la perdita
delle tariffe doganali attraverso delle sovvenzioni ricavate dal bilancio comunitario con
costi per l'Unione molto contenuti (le stime sono in via di preparazione), ma che
avrebbero il grande vantaggio di colpire la corruzione alle frontiere che costituisce
attualmente la norma.
Mentre l'attuale EEA (Mark I) continuerebbe a funzionare senza cambiamenti, la EEA Mark II
includerebbe una clausola di tipo evolutivo per i paesi partecipanti del sud-est europeo
volta alla loro adozione delle regole e della legislazione dell'Unione, aderendo poi in
una seconda fase a Mark I della EEA. In questo modo i paesi dell'Europa sud-orientale che
non sono candidati all'adesione all'Unione Europea seguirebbero nelle orme già tracciate
dai paesi candidati all'adesione. Chiaramente alcuni paesi procederebbero a velocità più
spedite di altri, ma anche i partner meno avanzati verrebbero indotti ad adottare i
regolamenti dell'UE in materia economica sin dall'inizio e in misura consistente.
I paesi della EEA-Mark II verrebbero inclusi in un'ampia gamma di politiche dell'Unione, e
in particolare nei programmi economici in maniera analoga all'attuale processo di
preadesione. Il modello da seguire in questo case e' quello dei programmi PHARE, che si
sta trasformando gradualmente in qualcosa di più simile ai Fondi Strutturali (interni)
dell'UE, con una partecipazione anche nei programmi (interni) di istruzione promossi
dall'Unione (Socrates e Leonardo). Un processo simile potrebbe essere esteso all'intera
Europa sud-orientale. I Corridoi Paneuropei e le Reti Transeuropee per le infrastrutture
di trasporti e la trasmissione energetica dovrebbero essere pienamente eleggibili per i
finanziamenti da parte della Banca Europea per gli Investimenti in tutta la regione.
Come nel caso dei programmi di preadesione, ai paesi della EEA-Mark II non verrebbe
chiesto di contribuire al bilancio comunitario (al contrario, riceverebbero una ricompensa
per la perdita di tariffe, come già accennato).
Riassumendo, la EEA-Mark II comprenderebbe:
- libero scambio a tariffe azzerate, su base multilaterale con i paesi dell'UE, EFTA,
EEA, CEFTA;
- adesione al regime sulle regole fondamentali paneuropee;
- compensi di bilancio per l'abolizione delle tariffe;
- clausola di tipo evolutivo per la piena inclusione nel mercato unico, con la
progressiva adozione della legislazione comunitaria;
- l'inclusione di programmi di istruzione, di fondi strutturali e di finanziamento degli
investimenti in infrastrutture in maniera analoga ai programmi di preadesione già in
vigore
2.2 Area Monetaria Europea
Sono due gli eventi che hanno creato nuove prospettive per la cooperazione monetaria tra
l'Unione Europea e l'Europa sud-orientale. Il primo chiaramente e' l'introduzione
dell'euro. Il secondo e' stata la crisi finanziaria in Russia, che ha creato una
situazione nuova per le economie con politiche di stabilizzazione monetaria dubbiose o
deboli. I costi dell'indipendenza monetaria per questi paesi sono ora molto più alti di
prima. Ciò e' dovuto al fatto che i premi sul rischio inerente ai prestiti fatti nei
mercati finanziari sono cresciuti in maniera tale da non sostenere un crescente flusso di
investimenti. Ciò significa che in queste circostanze le prospettive di crescita
economica sono seriamente danneggiate.
Già da tempo gran parte dell'Europa sud-orientale si e' abituata a usare il marco tedesco
come importante moneta di riferimento. Due paesi della regione utilizzano attualmente
sistemi a tassi di cambio fissi ("currency boards"), fissati inizialmente sul
marco e ora all'euro. Il menu di regimi monetari con legami all'euro prevede diverse
opzioni (vedi Tabella 5 per una presentazione schematica dei loro costi e benefici nelle
circostanze attuali):
- regimi a tasso di cambio con fluttuazione manovrata ("managed float"), con
l'euro come moneta di riferimento per le politiche valutarie. Nei paesi maggiormente
avanzati ai confini della regione, come la Slovenia, ci sono già scenari che prevedono la
piena adesione all'euro già pochi anni dopo l'adesione all'Unione.
- sistemi a tassi di cambio fissi ("currency boards"), nei quali la valuta
nazionale e' fissata al marco tedesco/euro e l'espansione monetaria e' limitata
dall'esigenza di avere riserve di moneta forte nella banca centrale. Questo sistema opera
attualmente in Bulgaria con successo, e in Bosnia un sistema simile si sta facendo strada.
Tuttavia questo tipo di sistema non e' perfetto, e dovrebbe progressivamente passare a uno
degli altri regimi qui discussi.
- totale euroizzazione. La totale dollarizzazione dell'economia ha già visto un
certo numero di esperienze a livello mondiale, come già accennato, che hanno avuto
successo nel caso del Panama ed sono sotto esame da parte dell'Argentina. Da un punto di
vista economico si tratta di un regime superiore a quello del currency board nella misura
in cui conferisce un accesso più completo ai mercati monetari e finanziari e una più
alta (quasi totale) credibilità delle politiche di stabilizzazione. Nei confronti della
currency board, ha lo svantaggio di comportare la perdita delle entrate dovute ai diritti
di coniazione, ma questo potrebbe essere compensato attraverso un accordo di cooperazione
con l'UE e con la Banca Centrale Europea.
I costi e i benefici dei diversi regimi monetari sono riassunti nella Tabella 5. La
differenza fondamentale tra la currency board e la totale euroizzazione e' che solo la
seconda permette una completa integrazione nel sistema di pagamenti e nei mercati monetari
e finanziari dell'area dell'euro. La completa integrazione monetaria richiede in
particolare una partecipazione al sistema "Target", sistema che richiede che le
banche commerciali accettino delle regole comuni di tipo prudenziale. Per arrivare a
questi standard sarebbe richiesta quasi sicuramente un'ampia presenza di banche
commerciali dell'Unione. Ma queste restrizioni significherebbero in realta' l'accumulo di
importanti vantaggi economici.(Gli Stati che si considerano attualmente politicamente
impreparati per la perdita del controllo nazionale sulle proprie banche commerciali
dovrebbero studiare gli esempi della Lettonia e dell'Ungheria, che beneficiano enormemente
dai tassi di interesse più bassi e dai minori problemi dovuti alla necessita' di
ricapitalizzare le banche deboli.)
Vi e' dunque ampio raggio per l'apertura di un campo di cooperazione monetaria tra l'area
dell'euro e l'Europa sud-orientale. Aldilà degli effetti più strettamente economici, la
moneta rappresenta il simbolo più potente degli standard e delle affiliazioni. L'euro
potrebbe dunque svolgere un ruolo importante nel sud-est europeo nel comunicare un senso
di inclusione nell'Unione Europea.
2.3 Unione Economica e Monetaria
Unendo l'Area economica europea e l'Area monetaria europea si diventa, de facto,
membri dell'Unione economica e monetaria. E' a questo punto possibile intravedere una
piena partecipazione economica alla UEM senza far parte pienamente dell'Unione Europea
(torniamo alle questioni istituzionali di seguito). Questa formula non e' insolita.Viene
già applicata a parecchi microstati europei inclusi Monaco e Andorra, e trova un
equivalente nelle Americhe nel caso del Puerto Rico.
In ogni caso l'inclusione nella EEA e nell'area dell'euro trasformerebbe gli standard e
gli incentivi economici. Gli Stati della regione che hanno recentemente acquisito
l'indipendenza hanno in parecchi preso delle cattive abitudini, sfruttando i regimi
doganali e monetari ai fini della corruzione. In queste condizioni essere accolti
nell'Area europea monetaria e di libero scambio porta dei benefici molto maggiori di
quelli previsti dall'analisi economica convenzionale. Il passaggio a un regime che non
concede nessuna possibilità di protezione statale e di corruzione diventa la riforma più
indispensabile per assicurare alla regione una futura prosperità, oltre a un ordine
etico.
2.4 Risorse finanziarie dell'UE (e delle Istituzioni Finanziarie Internazionali)
L'accordo raggiunto a Berlino sull'Agenda 200 offre alcune prospettive. Entro il 2006 la
spesa annuale dell'Unione Europea dovrebbe raggiungere i 104 miliardi di euro per sei
nuovi Stati membri (con una popolazione complessiva di 63 milioni). Questo totale lascia
un margine di circa 20 miliardi di euro non ancora stanziati, prima ancora di arrivare al
limite stabilito del 1,27% del PIL (124 miliardi di euro). Di questi, 10 miliardi di euro
possono essere accantonati per i rimanenti candidati all'adesione, che sono i tre Stati
non dei Balcani con 11 milioni di persone (Lithuania, Lettonia e Slovacchia) e due Stati
balcanici con 31 milioni di persone (Bulgaria e Romania).
I rimanenti Stati dei Balcani hanno una popolazione di 25 milioni (Croazia, Repubblica
Federale della Yugoslavia, FYR Macedonia, Bosnia, Albania).Scale di finanziamento simili
suggeriscono che spese annuali nell'ordine di 5 miliardi di euro sarebbero sufficienti per
fare una grande differenza nelle prospettive economiche di questi paesi (ciò ammonterebbe
a circa il 10% del loro attuale PIL). Una somma sostanzialmente maggiore rischia di creare
problemi inerenti alla capacita' d'assorbimento da parte delle loro economie o di creare
condizioni di dipendenza sugli aiuti, condizione che ovviamente andrebbe evitata.
Le somme citate rientrano dunque nei margini di risorse non ancora stanziate e consentite
dall'attuale tetto del 1,27% del PIL.I negoziati dell'Agenda 2000 si sono appena conclusi
con grande difficoltà. Essi consentono pero' di prendere una grande iniziativa per
l'integrazione di tutti i Balcani per rispondere ad un nuovo imperativo politico.
Una somma di 5 miliardi di euro all'anno in fondi di bilancio consentirebbe il
finanziamento di programmi di investimenti e di ricostruzione su vasta scala, in aggiunta
alle compensazioni di bilancio per la perdita di tariffe doganali e dei diritti sulla
coniazione. Tuttavia, tali risorse derivate dal bilancio dell'UE non includono il
finanziamento degli investimenti da parte della Banca Europea degli Investimenti, che ha
capacita' di finanziamento notevoli. A fine '98 la BEI aveva totalizzato 9 miliardi di
prestiti ai paesi dell'Europa centrale e orientale, e ha aperto una linea di prestiti per
i paesi candidati per gli anni 1997-99 di 7 miliardi di euro.
Il CEPS sta preparando delle proiezioni finanziarie e di bilancio più dettagliate ed
esplicite per quanto riguarda l'iniziativa strategica per l'intero sud-est europeo.Le
cifre di cui sopra non tengono conto dei costi a carattere eccezionale dovuti alla
ricostruzione postbellica. Ma non tengono nemmeno conto del potenziale della Banca
Mondiale e della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) per il
finanziamento degli investimenti e della ricostruzione, e quello del Fondo Monetario per
quanto riguarda l'assistenza macroeconomica. L'UE e le IFI oramai hanno una significativa
esperienza di operazioni in cooperazione, marcatamente dovunque l'Unione assegni
importanti risorse.Ciò e' in larga misura positivo e dovrebbe continuare nell'Europa
sud-orientale per molti anni ancora.
L'UE non ha ancora assegnato risorse di bilancio significative a programmi di
cooperazione, istruzione e formazione nell'ambito della società civile, considerati
indispensabili nei Balcani.In realtà 5 milioni di euro sono stati assegnati per questi
fini al "Processo Royaumont per la Buona Convivenza nell'Europa Sud-orientale".
Ma questi fondi non sono stati ancora attivati [ci si attende entro la fine di aprile una
risoluzione della questione di come dare a questi provvedimenti di bilancio una base
legale appropriata da parte dell'UE].Fino a ora, l'Unione ha dato priorità in pratica ai
programmi bilaterali di cooperazione tra essa e i singoli paesi della regione, con
possibilità alquanto limitate per azioni volte all'integrazione delle popolazioni dei
paesi candidati con gli altri paesi della regione. In un nuovo scenario postbellico questa
politica potrebbe cambiare. Programmi come ad esempio quelli di promozione della società
civile e di obiettivi educativi comportano costi molto minori se paragonati alle risorse
finanziarie a disposizione dell'UE. La questione e' dunque di gestione e di scelte
politiche più che di mancanza di denaro. Questa situazione e' ben illustrata
dall'ammirevole Balkan Schools Foundation of Sofia, una scuola dedicata all'insegnamento
multi-culturale e multilingue per tutti i paesi del sud-est europeo attraverso dei libri
di testo scritti in modo da escludere il solito nazionalismo aggressivo nella regione.
Questo istituto non e' stato eleggibile per fondi PHARE in quanto indirizzato a giovani
sia dai paesi candidati all'adesione che da altri paesi della regione.
2.5 Area Europea di Libertà, Giustizia e Sicurezza
Questa dizione e' contenuta nel linguaggio del Trattato di Amsterdam. Il lavoro
dell'Unione in questo campo si sta ora sviluppando molto rapidamente. Le attività sono
raggruppate in tre tranches tematiche:
- immigrazione e asilo;
- polizia, dogane e sicurezza;
- cooperazione giudiziaria.
Per quanto riguarda le sue politiche verso dell'Europa sud-orientale l'UE si trova davanti
a un dilemma. Da una parte vuole proteggersi dall'importare dalla regione un flusso
incontrollato di profughi, di migranti illegali e (da alcuni paesi della regione) di
attività criminali su vasta scala, dall'altra non vuole creare una nuova cortina di ferro
tra essa e i paesi che in essa vorrebbero integrarsi. Per queste ragioni l'Unione dovrà
sviluppare delle politiche attive all'interno dei paesi del sud-est europeo, per arginare
questi problemi alla loro origine. Inoltre, queste politiche devono essere comprensive e
multiformi (dal peace-keeping al mantenimento della legge e dell'ordine, all'economia,
ecc.) in modo d'avere una qualsiasi possibilità di rispondere ai problemi nella loro
ampiezza.
Per quanto riguarda azioni che intendono arrivare alla radice dei problemi di
criminalità, corruzione e delle deboli forze dell'ordine e istituzioni giudiziarie, non
vi e' nessuna ragione per dividere l'Europa sud-orientale in diverse categorie o paesi.
Fortunatamente esistono già esempi di iniziative che abbracciano i paesi candidati e gli
altri paesi del sud-est europeo, come ad esempio il programma Octopus II che include anche
l'Albania, la Croazia e la FYR Macedonia. Questo programma intende preparare tutti questi
paesi nel contesto delle politiche del Terzo Pilastro dell'UE. La portata di questo
progetto, che e' una cooperazione tra l'UE e il Consiglio d'Europa, e' comunque modesta
(2,5 milioni di euro).
E' anche richiesta la cooperazione giudiziaria nel campo dei diritti umani. La Convenzione
del Consiglio d'Europa e la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo avrà giurisdizione
nell'intera regione, ma la capacita' d'attuazione di queste leggi da parte dei sistemi
giudiziari locale deve essere largamente rafforzata.
E' nel campo dei visti e delle politiche sull'immigrazione che la prospettiva della
creazione di una nuova cortina di ferro appare maggiormente possibile. L'Unione ha fatto
suo un elenco di paesi per i quali sono richiesti visti da parte degli Stati membri.
Queste regole dovranno essere adottate anche dai paesi candidati che entreranno nell'UE.
L'elenco divide l'Euoropa sud-orientale come segue:
- primo gruppo di paesi candidati, Slovenia e Ungheria, insieme alla Croazia (che non
e' nell'elenco);
- secondo gruppo di paesi candidati, Romania e Bulgaria, insieme alla FYR Macedonia, la
Bosnia, l'Albania e la FR Yugoslavia (tutti sull'elenco dei paesi che necessitano visti).
Le direttive attualmente utilizzate potrebbero prevedere che il processo di adesione
esigesse da parte dell'Ungheria la richiesta di visto alla Romania, suo paese confinante.
La Bosnia e' un esempio di situazione in cui con relativo successo sono stati portati
avanti il peace-keeping e peace-making utilizzando una presenza militare consistente sul
territorio. L'Albania ha rappresentato un esempio di come una situazione di totale
anarchia nel 1997 sia stata fermata con l'aiuto di una presenza militare a guida italiana.
Ma con la fine della guerra o dell'anarchia, la pace ha visto il riemergere di società
profondamente criminali e corrotte. Ciò mette in risalto l'esigenza da parte dell'Unione
di organizzare proprie sostanziali capacita' di tipo paramilitare e poliziesco per poter
continuare laddove le forze militari lasciano il terreno.(Le conclusioni del Consiglio
Europeo del 14 aprile sono sembrate puntare verso un sostegno operativo più serio da
parte dell'UE per le forze di polizia locali laddove questo viene richiesto.)
In linea più generale, l'Unione deve ora affrontare l'esigenza di una vasta gamma di
capacita' operative nel campo della sicurezza per quanto riguarda l'Europa sud-orientale,
dalla cooperazione "soft" all'intervento militare "hard". Tali
operazioni richiedono tuttavia lo sviluppo di un modello di "accordi di
sicurezza" diversi tra l'UE e questi territori e regioni.
2.6 Area Europea di Sicurezza Militare
Il conflitto in Kosovo e' un evento che definirà il futuro dell'area. L'azione della Nato
si basa sulle capacita' militare possedute solamente dagli Stati Uniti, e in particolare
sui sistemi automatici di bersagliamento.Ma gli USA sono anche fortemente riluttanti
all'utilizzo di truppe di terra. I sondaggi dimostrano che i cittadini dell'Unione sono
più pronti a ingaggiare truppe di terra per comprensibili ragioni di vicinanza
geografica, anche nei casi in cui l'UE e gli USA condividano gli stessi giudizi sulla
situazione e la stessa valutazione politica. E' evidente che una soluzione a lungo termine
nei Balcani dovrà comprendere l'integrazione della regione in un'Europa civile e
civilizzata e che ci dovrà essere una progressiva transizione dall'ordine militare a
quello civile.La transizione richiederà necessariamente un collegamento delle presenze
militari, di polizia e civili nella regione.L'UE dovrà assumersi il ruolo di guida
nell'assicurare la coerenza e l'adeguatezza di tali operazioni.E' evidente che le
operazioni di bombardamento della Nato non risulteranno in una chiara e semplice fine del
regime di Milosevic, con una pace che ne seguirà per conto proprio.Gli Stati Uniti
continueranno senza dubbio a svolgere un ruolo nel periodo postbellico, ma l'Unione dovrà
assumersi il ruolo di guida.
L'Unione si muove nella direzione della creazione di proprie capacita' militari, incluso
lo sviluppo della dottrina e organizzazione all'interno della Nato di una Identità di
Sicurezza e di Difesa Europea. Nei mesi scorsi vi sono stati degli importanti passi in
avanti, che sopravanzano le clausole esitanti e approssimative contenute nel Trattato di
Amsterdam. La dichiarazione franco-brittannica sulla Difesa Europea fatta a St.Malo nel
dicembre 1998 ha segnalato una rinnovata volontà di andare avanti su questa strada. Le
conclusioni di quella riunione [vedi Schake, Bloch-Laine e Grant, 1999, per una analisi
approfondita] sono state poi portate avanti sotto la Presidenza tedesca in un documento
indirizzato ai ministri degli Esteri dell'Unione nel marzo 1999.Questo testo fornisce
l'indicazione più recente sul potenziale dell'UE nel campo della difesa:
"L'obiettivo e' quello di rafforzare la PESC, complementandola con lo sviluppo di una
politica comune europea sulla sicurezza e la difesa. Ciò richiede una possibilità
d'azione spalleggiata da organi decisionali competenti e da capacita' militari credibili.
Le decisioni di agire verrebbero prese all'interno del quadro istituzionale dell'Unione
Europea.Il Consiglio dell'Unione Europea potrebbe dunque prendere decisioni che impattano
una serie di attività nelle relazioni esterne dell'Unione (commercio, PESC, difesa). Il
Trattato di Amsterdam incorpora le cosiddette competenze di Petersberg ("azioni
umanitarie e di salvataggio, peace-keeping e le azione di forze di combattimento nel
crisis management, incluso il peace-making) nel Trattato. Il nostro sforzo dovrebbe essere
teso ad assicurare che l'Europa possegga le capacita' necessarie (incluse quelle militari)
e le strutture per condurre la gestione delle crisi nell'ambito delle competenze di
Petersberg. Questa e' un'area in cui e' urgentemente richiesta una capacita' europea di
agire..."
"Per portare avanti le proprie operazioni in modo effettivo, l'Unione Europea potrà
decidere, a seconda delle esigenze del singolo caso, tra operazioni a guida UE con
l'utilizzo di mezzi e capacita' Nato, o operazioni a guida UE senza l'utilizzo di questi
mezzi e capacita'...Inoltre, l'UE avrà bisogno di una propria capacita' d'analisi delle
situazioni, una propria rete d'informazione e una capacita' rilevante di pianificazione
strategica.Ciò potrebbe richiedere in particolare: - riunioni a scadenze regolari (o ad
hoc) del Consiglio Affari Generali, includendo in questi i ministri degli Interni; - un
organo permanente a carattere consultivo composto da esperti politici e militari; - un
Comitato Militare dell'UE composto da rappresentanti militari; uno staff militare con un
centro direttivo..."
Premesso che questo testo non rappresenta in se' una decisione, in ogni caso esso riflette
autorevolmente il pensiero dell'UE. Il potenziale delle capacita' li' descritte e'
precisamente ciò di cui le operazioni nell'Europa sud-orientale avranno bisogno, in
particolare a partire dal momento in cui i pesanti bombardamenti cederanno il passo al
peace-making e il peace-keeping. Chi pianifica per il futuro dell'Europa sud-orientale
potrà dunque sviluppare in accordo con questi gli scenari di attuazione volti a una
completa integrazione delle operazione dell'UE nella regione e riassumendo l'intera gamma
di competenze militari, politiche, di giustizia e affari interni ed economiche.
2.7 Stati e Regioni Autonome dell'UE
L'Unione ha davanti a se' un dilemma.Da una parte capisce come il proprio processo di
integrazione, costruito intorno alle istituzioni e alle leggi, ha già dato dimostrazione
di poter ottenere la riconciliazione e l'ordine civile tra paesi che sono stati in guerra.
D'altra parte intravede che il proprio processo di allargamento che prevede il salto da 15
a forse 27 Stati membri spinge al limite la propria capacita' di assorbimento e massimo
allargamento.Ma osservatori di grande esperienza dei Balcani quali i due Alti
Rappresentanti Bildt e Westendorp esprimono il punto di vista che le comunità non
riusciranno a cambiare i propri modelli di comportamento portandoli dal conflitto alla
riconciliazione senza fortissimi incentivi al loro inserimento nelle strutture dell'Europa
moderna (ovvero nell'UE).
Esiste una via d'uscita da questo dilemma? Per sostenere un dibattito su questo bisogna
fissare chiaramente quelli che sono i limiti dell'ampliamento dell'Unione. Si suggerisce
che i limiti sono al giorno d'oggi essenzialmente di tre tipi:
i/ valori: la priorità assoluta deve essere quella di non diluire i valori
fondamentali dell'ordine politico, economico e sociale dell'Unione;
ii/ poteri: l'interesse risiede nel non disturbare in maniera troppo acuta o
rapida, senza saperne le conseguenze, l'equilibrio di potere e influenza tra gli Stati
membri e tra le istituzioni;
iii/ gestione: l'interesse sta nel non caricare troppo i processi decisionali,
l'esecutivo e il legislativo.
Nel rispetto di queste tre aree di interesse, si potrebbe procedere valutando fino a che
punto l'Unione può' "massimizzare" la partecipazione dei paesi non ancora
candidati all'adesione dell'Europa sud-orientale in modo da creare il massimo di
sensazione di "inclusione" nell'Unione. Questo riguarda sia le politiche dell'UE
(come sopraindicato) che le proprie istituzioni, come segue:
La categoria già esistente di membro associato non dovrebbe più essere
utilizzata, visto che c'è bisogno di una nuova formula che dia maggiore e più
sostanziale integrazione e che porti con se' un reale senso di inclusione immediata
nell'UE non attraverso una vaga prospettiva di piena integrazione in una lontana data
futura.
Entrambi le parti (sia l'Unione che i paesi dei Balcani) potrebbero esplorare il possibile
contenuto di nuove categorie di adesione che, tenuto conto dei fattori politici ed
economici, diano ai paesi dell'intera regione la possibilità di diventare membri
dell'Unione, anche se non nel modo classico degli attuali Stati membri. Che cosa
comporterebbe questo in termini operativi? I seguenti paragrafi offrono alcune bozze
preliminari in merito, stabilendo due categorie che potrebbero avere come nomi ufficiali
"Stato autonomo dell'UE" e "Regione autonoma dell'UE".
Per un dibattito iniziale si propongono le seguenti definizioni:
"Stato autonomo dell'UE" :
- necessario il riconoscimento dell'esistenza in quanto Stato a livello internazionale
(ma non dovrebbe essere un micro Stato)
- necessaria l'inclusione nell'Area economica europea (EEA-MarkII)
- possibile l'inclusione nell'Area monetaria europea
- necessario l'Accordo di sicurezza civile
- possibile l'Accordo di sicurezza militare
- il massimo possibile di rappresentanza nelle istituzioni dell'Unione
- con l'aspettativa di diventare membro a pieno titolo dell'Unione, ma non prima di
parecchi anni
"Regione autonoma dell'UE":
- stesse condizioni degli Stati autonomi, con le seguenti differenze:
- non e' necessaria l'esistenza in quanto Stato (possibilità d'inclusione per i
microstati)
- più probabile l'adesione all'Accordo militare di sicurezza
- una rappresentanza meno estesa nelle istituzioni dell'Unione (vedi dettagli a seguire)
- senza l'aspettativa di diventare Stati membri a pieno titolo, se non in quanto parte
di uno stato più ampio ritenuto eleggibile.
Una bozza dei rapporti con le istituzioni europee potrebbe essere il seguente:
Consiglio dei Ministri. Qui vi sarebbe il massimo dei limiti imposti alla
partecipazione istituzionale degli Stati o delle Regioni autonome, per tutte e tre le
ragioni già elencate (in ordine ai valori, ai poteri a alla gestione). Questo limite
dovrebbe con il tempo allentarsi con il processo di maturazione costituzionale dell'Unione
stessa (ovvero con l'evoluzione della ripartizione dei voti e dell'estensione della
votazione a maggioranza in seno al Consiglio), e con la crescita dei sistemi politici
degli stati autonomi. Tuttavia quando questi limiti venissero allentati ci sarebbe
effettivamente lo spazio per una piena partecipazione all'Unione come Stati membri degli
Stati autonomi. In un futuro prossimo ci potrebbero essere sessioni congiunte del
Consiglio insieme agli Stati e alle regioni autonome senza prevederne il diritto al voto.
Si potrebbe ipotizzare anche l'esistenza di membri dello staff del segretariato del
Consiglio.
Parlamento Europeo. Al Parlamento Europeo potrebbe essere chiesto di valutare la
proposta dell'elezione al Parlamento stesso di rappresentanti degli Stati autonomi, nella
misura in cui il Parlamento si ritenesse soddisfatto con le credenziali democratiche dello
Stato interessato. Inizialmente ci sarebbe uno status senza diritto di voto (come nel
modello Puerto Rico nel Congresso statunitense). Il diritto di voto potrebbe poi essere
riconosciuto in un secondo momento, ma a questo punto il numero dei membri dovrebbe
rientrare nel limite imposto dal Trattato (700). Le regioni autonome potrebbero designare
o eleggere osservatori.
Corte di Gisutizia Europea. Come inizio, avvocati di primo livello potrebbero entrare
a far parte dello staff della Corte (ad esempio con contratti triennali, tornando
possibilmente come giudici a distanza di 20-30 anni).
Banca Centrale Europea. Nessun membro del Consiglio direttivo, ma status di
osservatori per gli Stati autonomi pienamente euroizzati .Possibilità di avere personale.
Banca Europe per gli Investimenti.Possibilità di rappresentanza sul Consiglio
direttivo per gli Stati e le Regioni autonome (cosi' come per la BERS).Possibilità di
avere personale.
Istutuzioni Consultive.Queste includono il Comitato delle Regioni e il Comitato Economico
e Sociale. Possibile una piena partecipazione.
Alto Rappresentante.Potrà essere nominato dall'UE per gli Stati o le Regioni autonomie
laddove gli accordi di sicurezza sono sostanziali.
Altre innovazioni istituzionali.L'Unione potrebbe accogliere giurisdizioni o
organizzazioni per le quali le frontiere degli Stati o delle regioni autonome non
coincidono con le esigenze delle singole comunità culturali.
3 Esigenze dell'Europa Sud-Orientale
Vi sono non meno di cinque situazioni in cui sono richieste risposte specifiche
(escludendo i paesi della regione che sono candidati all'adesione).
3.1 Più progredite nel campo economico che in quello politico
La Croazia rappresenta l'esempio maggiore di questo gruppo, con un PIL allo stesso livello
di alcuni dei paesi nel primo gruppo di candidati all'adesione, come ad esempio l'Estonia
(vedi Tabella 1). Inoltre, indicatori qualitativi del progresso nella transizione verso
una normale economia di mercato e un sistema pienamente legale pubblicati dalla BERS
suggeriscono che in alcuni rispetti la Croazia si trova a un livello paragonabile a quello
di alcuni candidati all'adesione presenti nel primo gruppo, come il suo vicino Slovenia
(Tabelle 2 e 3). Potrebbe dunque aspirare su basi economiche a una piena partecipazione
all'Unione Europea.La Croazia e' inoltre un paese la cui popolazione (quasi 5 milioni) e'
più grande di quella della Slovenia o di qualsiasi degli Stati Baltici.
D'altra parte pero' la leadership croata ha gravemente abusato le norme per il trattamento
delle minoranze etniche, in particolare i serbi.In ogni caso chi conosce bene la realtà
croata indica che, possibilmente con le elezioni parlamentari alla fine dell'anno, il
regime politico potrebbe cambiare in modo repentino e avvicinarsi agli standard
occidentali.
La situazione potrebbe in alcuni rispetti essere analoga a quella della Slovacchia un anno
fa, quando l'UE e la Nato hanno mandato chiari segnali al leader Meciar che la sua
conduzione era insufficientemente rispettosa delle norme democratiche e dei diritti delle
minoranze. In questo caso l'incentivo dovuto alla riclassificazione della Slovacchia dalla
seconda alla prima categoria dei candidati all'adesione pare aver sortito il suo effetto.
L'esigenza urgente per l'UE e' dunque quella di sviluppare un forte e chiaro incentivo
alla normalizzazione degli standard politici croati: per esempio avviando i negoziati per
diventare Stato autonomo dell'Unione appena vengono osservate le necessarie condizioni
politiche.
3.2 Più progredite nel campo politico che in quello economico
La FYR Macedonia e' l'esempio più importante in questo gruppo.Il PIL procapite macedone
e' più basso di quello croato ma e' purtuttavia paragonabile a quello di alcuni dei paesi
della seconda fascia di candidati all'adesione quali la Lettonia e la Bulgaria (Tabella
1). Secondo la BERS, il progresso della FYR Macedonia in termini di indicatori di
transizione economica di tipo strutturale sono complessivamente allo stesso livello sia
della Romania che della Bulgaria. Tuttavia, la prestazione macroeconomica attuale e'
fortemente positiva in termini di crescita positiva, bassa inflazione e deficit pubblico
contenuto. Su queste basi, l'economia macedone e' classificata insieme a quella bulgara
come quella con le migliori prestazioni, mentre quella romena arranca (alta inflazione e
crescita negativa).
Al contrario della Croazia, alla FYR Macedonia dovrebbe essere riconosciuto il merito e la
ricompensa per aver agito come baluardo politico contro l'estensione dei conflitti in
Bosnia e Kosovo e per aver ottenuto standard accettabili di cooperazione inter-etnica tra
le comunità macedoni, albanese e serba. Questi risultati sono ora messi a dura prova
dalla guerra in Kosovo con l'influsso enorme di profughi e le forti proteste della
minoranza serba contro l'azione della Nato.
La leadership della FYR Macedonia ha scritto al Presidente della Commissione nel marzo
1999 chiedendo l'immediato avvio dei negoziati per lo status di membro associato con la
prospettiva di piena partecipazione. Nel corso dello stesso mese un gruppo congiunto di
parlamentari europei e macedoni hanno sostenuto questa richiesta.Viene riferito che l'UE
ha avviato una riflessione sull'opportunità o meno di avviare i negoziati per un accordo
di associazione.L'urgenza della situazione che si e' venuta a verificare richiede un
cambiamento dei tempi e delle priorità.Si dovrebbe aprire una piena gamma di opportunità
economiche e di aiuti, paragonabili ai programmi di preadesione per i paesi candidati.
Data la piccola popolazione macedone, l'UE potrebbe dimostrare una certa ritrosia nel
creare aspettative di prospettive per una piena adesione.D'altra parte vi e' l'esigenza
urgente di offrire l'apertura di negoziati per lo statuto di Stato autonomo già ora e
senza altre precondizioni.
Anche il Montenegro ha compiuto sforzi importanti per accettare gli standard politici
dell'UE pur rimanendo costituzionalmente all'interno della FR Yugoslavia. Potrebbe trarre
profitto dai vantaggi insiti nell'essere una Regione autonoma [ma non rientra nello scopo
di questo studio avanzare decisioni politiche di questo genere].
3.3 Richiesta di sostegno basilare nei campi sia economico che politico
L'Albania rappresenta in questo caso l'esempio più chiaro. Tutte le proprie istituzioni
soffrono di una cronica debolezza e nel 1997 sono state sul punto di crollare
completamente nell'anarchia. I leader e le elites albanesi esprimono il desiderio di far
parte di una Europa civile.Ma gli interessi criminali sono largamente diffusi, al punto
tale che il contrabbando, la corruzione, il traffico di droghe, armi e di profughi
rappresentano attività economiche rilevanti.
L'UE e i suoi Stati membri stanno già fornendo il sostegno alle forze di sicurezza:
- una forza militare e paramilitare a guida italiana ha nel 1997 ha fermato la violenta
anarchia nel paese riportandolo a una situazioni di governabilità più democratica:
- vi e' l'assistenza tecnica per la formazione delle forze di polizia finanziata
dall'UE
- vi e' il sostegno al personale doganale da parte dei servizi doganali italiano e greco.
Queste operazione hanno fornito risposte a esigenze fondamentali, ma non ancora in modo
decisivo.Si dovrebbe prevedere un intervento più marcato nel momento in cui le autorità
albanesi decidessero di rompere decisamente con lo status quo. Le postazioni doganali
potrebbero essere gestite dai servizi dell'Unione e dei Stati membri per fermare la
corruzione alla frontiera.Forze di polizia e paramilitari, presumibilmente italiane e
greche, potrebbero pattugliare e controllare il flusso d'immigranti illegali, in
particolare attraverso l'Adriatico con la possibilità di operare sulla costa albanese
piuttosto che dover inseguire gli scafi nell'Adriatico di notte. La forza di polizia
potrebbe essere diretta per un periodo iniziale da cittadini dell'Unione con il sostegno
dei contingenti paramilitari.
Nel campo economico si potrebbe applicare il modello bosniaco di una currency board,
controllata da un governatore centrale di un paese occidentale.Un passo ancora più
radicale sarebbe quello di euroizzare completamente l'economia albanese e prevedere la
proprietà della maggioranza del sistema bancario da parte delle banche dell'UE (come
avviene in Lettonia con il 70% e in Ungheria con il 60% [fonte BERS, 1998]).Ciò
assicurerebbe dei vantaggi maggiori rispetto al regime del currency board (maggiore
credibilità, tassi d'interesse più bassi e maggiore accesso ai mercati finanziari), come
accade nel modello del Panama [Moreno-Villaz, 1998] e tuttora viene considerato in
Argentina [Hanke e Schuler,1999].
Se l'euroizzazione fosse concordata in modo cooperativo tra l'UE e l'Albania, sarebbe in
quel caso giusto che l'UE sovvenzionasse il bilancio albanese in corrispondenza alla somma
che in circostanze normali la banca centrale incasserebbe con i diritti di coniazione.
Se si concordasse inoltre che l'Albania passasse a un regime senza tariffe sugli scambi
commerciali, sarebbe ulteriormente giusto che all'Albania venisse trasferita una somma per
la perdita di entrate doganali nel bilancio statale.Vista l'alta incidenza del
contrabbando e la bassa prestazione dell'economia allo stato attuale, l'Unione potrebbe
avanzare un'offerta di compensazione tariffaria allettante per lo Stato albanese (ovvero
più alta di quella che le autorità albanese possono riscuotere ma comunque una somma
piccola all'interno del bilancio comunitario).
Questi due margini d'azione - euroizzazione e libero commercio - accompagnati entrambi da
compensazione nel bilancio - trasformerebbero completamente la struttura economica
incentivante, le regole fondamentali e il governo dell'economia, nel senso che
ripulirebbero in modo radicale la corruzione, la criminalità e le pratiche di
favoritismi.
3.4 Territori che richiedono protezione
Questa categoria e' ben rappresentata dalla Bosnia, che a partire dall'accordo di Dayton
del 1995 e' sotto un complesso regime di protettorato che mantiene la pace tra le
comunità etniche facendo osservare una mappa multietnica. Le truppe Nato/Sfor
spalleggiano l'Alto Rappresentante, che ha ampi poteri che gli derivano dall'accordo di
Dayton, cosi' come esso e' stato successivamente esteso con il Peace Implementation
Council del dicembre 1997. Il regime monetario, basato su una currency board su base del
marco tedesco/euro e' controllato da un governatore esterno (dalla Nuova Zelanda) nominato
dal Fondo Monetario. Aiuti alla ricostruzione su vasta scala vengono forniti dall'UE e
dalla Banca Mondiale.Una unione doganale tra le entità e' assicurata dall'Alto
Rappresentante.
L'attuale ambasciatore bosniaco alle Nazioni Unite ed ex ministro degli Esteri Mohammed
Sacirbey ha chiesto un maggiore consolidamento di questo sistema nell'ambito dell'UE, cosa
che si potrebbe prevedere. Il quadro legale dovrebbe essere rivisto.Nel tempo, la
costituzione bosniaca dovrebbe evolversi dalla sua attuale formulazione Dayton/Nato/Sfor a
qualcosa che faccia più affidamento sull'integrazione con l'UE.
La Bosnia rappresenta ora un'esperienza unica di come si organizza un moderno sistema di
protettorato.Visto che l'Unione dovrà assumersi la leadership a lungo andare dei passaggi
che porteranno dall'attuale peace-keeping a condizioni di normalità nella regione, e'
importante trarre le lezioni dall'esperienza bosniaca.
Una protezione e uno statuto speciale saranno necessarie per gli altri territori. E'
attualmente impossibile sapere e improprio speculare quali future frammentazioni e
protezione si renderanno necessarie in futuro. Ma il Kosovo rappresenta in prospettiva una
Regione autonoma, che l'Accordo di Rambouillet in parte sottoscritto potrebbe mantenere
come parte costituzionalmente all'interno della FR Yugoslavia. Alla Nato e' stato
assegnato il ruolo di forza di implementazione della pace per la protezione e il ritorno
dei rifugiati.Tuttavia, vi sarà la chiara esigenza politica di creare un sistema
postbellico che abbia chiare basi civili, ed e' qui che l'UE potrebbe svolgere un ruolo
unico per l'integrazione delle funzioni relative alla sicurezza, agli aspetti umanitari,
economici e politici in un unico quadro che porti a una integrazione più generale
nell'Europa.
3.5 L'ex egemone regionale
La Serbia si e' dimostrata sufficientemente forte in quanto forza militare e politica da
poter affrontare una "guerra patriottica" sfidando apertamente l'occidente.La
leadership serba passera' alla storia come una delle dittature più note del ventesimo
secolo. Con l'inizio della guerra con la Nato, i possibili scenari includono:
a/ La FR Yugoslavia e la Serbia sottoscrivono l'Accordo di Rambouillet, che prevede un
Kosovo parzialmente autonomo con forze Nato di mantenimento della pace;
b/ la Serbia ha una maggiore capacita' di resistenza della Nato, che sospende una
offensiva militare senza successo;
c/ la guerra con la Nato cresce e sfocia nella diretta occupazione del Kosovo da parte di
truppe di terra Nato.Il Kosovo diventa una entità interamente indipendente sotto
protezione Nato/UE;
d/ il governo di Milosevic viene rimpiazzato da una nuova leadership democratica, che
cerca di cominciare di nuovo e avvicinarsi all'Europa moderna. Il nuovo regime accetta una
completa autonomia per il Kosovo, perlomeno de facto.
e/ compromesso territoriale in cui il Kosovo viene suddiviso, con il nord che diventa
interamente serbo e il sud un protettorato Nato nel quale rientrano i rifugiati.
[Al momento non si può' prevedere l'esito. La fuga dei rifugiati verso la FYR Macedonia,
l'Albania e il Montenegro e' di vastissimi proporzioni. L'esodo forzato e' imposto dai
serbi. Vi e' un numero minacciosamente ridotto di uomini tra i rifugiati. Totale blocco
delle informazioni.] In ogni caso ci sono compiti significativi per l'UE, per i quali si
dovrebbero preparare le proposte istituzionali degli Stati autonomi e delle Regioni
autonome.]
Ci deve essere in ogni caso un quadro positivo di riconciliazione con la Serbia per
permetterle di tornare a essere un normale Stato europeo.E' questa la lezione più
profonda imparata dall'Europa occidentale in questo mezzo secolo.Si dovrebbe dunque creare
l'aspettativa che attraverso il proprio rinnovamento politico la Serbia possa procedere
sulla strada che la porti eventualmente a diventare Stato autonomo dell'UE, condizione
dalla quale potrà derivare enormi benefici economici e sociali. L'Europa del dopoguerra
ha visto emergere un modello che ha avuto un successo sorprendente per l'equo trattamento
di chi e' stato nemico, e la loro riconciliazione e integrazione in modo civile.Se si
riflette sul fatto che entrambi le parti dell'Europa hanno condiviso simili orrori nella
prima meta' del secolo, questo modello si rende tanto più acutamente necessario
nell'attuale contesto dei Balcani, dove abbonda un pessimismo fatalistico. Alla Serbia,
posta al centro dei Balcani, dovremmo chiedere di diventare un caso spettacolare di
recupero attraverso il proprio rinnovamento politico.
Il ruolo centrale della Serbia nella regione si rifletterebbe anche in una serie di punti
chiave di un auspicabile programma postbellico, per esempio in misure volte a ribaltare la
grave fuga di cervelli avvenuta negli scorsi anni dalla élite belgradese; in programmi
per la costruzione di organizzazioni non-governative nuove o più forti di quelle attuali;
nel rinnovamento dei corridoi strategici di trasporto che attraversano Belgrado.
3.6 Patto per la Stabilita' nell'Europa Sud-Orientale
Non e' ancora chiaro quanto e come verrà ridisegnata la mappa dell'Europa sud-orientale a
causa del conflitto in Kosovo. La formula della Regioni autonome dell'Unione Europea
intende accogliere un serie di possibili casi, e non si dovrebbe comunque e in ogni caso
aspettare il ridisegnamento della mappa degli Stati. D'altra parte vi sono scenari che
potrebbero emergere nei prossimi mesi e che necessiterebbero di una conferenza
internazionale e che inciderebbero sull'elenco e sulle frontiere dei possibili Stati
autonomi e Regioni autonome dell'Unione.
Il Consiglio dell'UE (affari esteri) ha deciso in data 8 aprile di preparare un nuovo
Patto di stabilita' per l'Europa sud-orientale che va ben oltre il precedente patto di
stabilita' regionale stilato nel 1994-95 nei termini e nei meccanismi che lo sostengono.Il
Consiglio Europeo del 14 aprile ha poi deciso che "l'Unione Europea convocherà una
Conferenza sull'Europa sud-orientale per decidere quali ulteriori misure di tipo
comprensivo adottare per la stabilizzazione, la democratizzazione e la ricostruzione
economica dell'intera regione. In questo contesto, i Capi di Stato e di Governo
sottolineano che tutti i paesi della regione possono guardare in prospettiva a un
progressivo riavvicinamento all'Unione Europea".
Una iniziativa come questa conferenza dovrebbe essere l'occasione per dare maggiore
coerenza e una più chiara attribuzione di responsabilità alle molte iniziative e
organizzazioni regionali e paneuropee attive nel sud-est europeo.La loro elencazione
richiama l'osservazione che esse sono molte e degne di nota ma che nel loro insieme non
producono un impatto sinergico e decisivo: la "Balkan Conference" degli Stati
dell'Europa Sud-orientale, l'Iniziativa Centro Europea (CEI), il Consiglio di Cooperazione
Economica del Mar Nero, la Zona di Libero Scambio dell'Europa Centrale, la
"South-East European Cooperation Initiative (SECI), il Royaumont Process for Good
Neighborliness, ecc.E' arrivata l'ora di dare a tutto ciò un organizzazione in termini
più basilari. Questo non può' essere fatto senza una chiara direzione strategica da
parte dell'UE e senza una chiara intesa tra l'UE e gli Stati Uniti sul ruolo che essi
devono svolgere nella regione.La cooperazione UE-USA si fonda su una identità di vedute
sui valori politici. E' ovvio che la capacita' militare degli USA e' indispensabile oggi
in una situazione di guerra, ma e' anche evidente che l'Unione Europea ne deve diventare
il quadro in futuro. Il collegamento di questi ruoli complementari nel tempo e' dunque
un'ulteriore tassello nel disegno di una strategia futura.
3.7 Dimensioni europee più ampie
Innanzitutto la Turchia, che fa chiaramente parte della regione ma che in virtù delle sue
dimensioni e della sua situazione necessita di una considerazione a parte.Un nuovo sistema
per l'Europa sud-orientale deve diventare un'opportunità per un recupero positivo delle
relazioni UE-Turchia. Varrebbe la pena esaminare fino a che punto le idee esposte in
questo studio possano applicarsi a tal fine.
Il Consiglio Europeo ha recentemente chiesto alle istituzioni dell'UE di elaborare diverse
"strategie" di politica estera in relazione alla Russia e all Ucraina oltreché
all'Europa sud-orientale e al Medio Oriente.Mentre chiaramente il sud-est europeo e' ora
prioritario sull'agenda politica, si renderà necessario considerare le relazioni con
Russia e Ucraina. A un livello tecnico, parecchi dei meccanismi di politiche da attuare
qui discussi sono altamente rilevanti per questi due paesi - per esempio sul livello
economico (libero scambio paneuropeo, corridoi di trasporti) e sulle politiche del terzo
pilastro.
A un livello più fondamentale, le dinamiche politiche di un'Europa allargata sulla base
di una grande iniziativa che si rifa' alle linee d'azione qui discusse potrebbero
diventare nel tempo potenti e profonde. Se l'intera Europa sud-orientale dovesse
seriamente entrare a far parte del processo d'integrazione europea, si intensificherebbero
le percezioni di esclusione nelle rimanenti parti d'Europa.La Moldavia da parte sua
probabilmente chiederebbe di essere pienamente inclusa nella regione del sud-est europeo,
per esempio in qualità di Stato autonomo, e ciò potrebbe essere valutato positivamente.
L'Ucraina potrebbe seguirne le orme - e in questo caso le implicazioni sarebbero molto
maggiori e dovrebbero essere affrontate nel paper strategico dell'UE in via di
preparazione.
Finalmente, in Russia le dinamiche politiche sono particolarmente fluidi vista l'atmosfera
pre-elettorale, la gravita' dei problemi economici e le sensibilità suscitate dai
bombardamenti Nato in Serbia. Se si dovesse intraprendere una iniziativa per l'Europa
sud-orientale con la Serbia ancora considerata (dall'occidente) alla stregua di Stato
fuorilegge, la reazione negativa delle dinamiche politiche con la Russia rischierebbe di
aggravarsi seriamente.Al contrario, in uno scenario più positivo, la Russia potrebbe
diventare un partner principale nei processi per la riconciliazione nei Balcani.
Queste dimensioni europee più ampie vanno considerate ognuna nello stadio iniziale, ma
non vengono affrontate in questo studio.
4. Conclusioni
La guerra in Kosovo e' iniziata perchè i concetti europei di sovranità e di norme
politiche sono cambiati, cosicchè (per parafrasare le parole usate dall'OSCE nel
"meccanismo di Mosca" del 1991) gli eventi in Kosovo vengono considerati una
materia interna agli affari europei. Usando questa logica, l'Europa deve dimostrarsi
inclusiva nella pace cosi' come lo e' nella guerra.
Per via della guerra, e con un occhio a quando finirà, serve un cambio di velocità nella
strategia regionale dell'Unione.Fino a ora l'UE ha dato effettivamente priorità al
processo di allargamento in senso stretto.La dottrina dell'allargamento basata su una
previa convergenza profonda e durevole sull'acquis communautaire ha dominato le
azioni dell'UE.Ciò può' rivelarsi appropriato per paesi con una chiara vocazione
nazionale alla integrazione in Europa.Lo e' di meno per le comunità con gravi disordini
di tipo cronico o addirittura coinvolti in un conflitto.'"approccio regionale"
[Commissione UE, 1998] alla ex Yugoslavia e all'Albania si e' rivelato un lontano e povero
cugino del processo di allargamento, con limitati strumenti di condizionali.
Nuove politiche devono comprendere un approccio più potente, attivo e comprensivo, che
offra una qualità "inclusiva" più alta e più veloce di quella delle politiche
attuali. E' per questa ragione che sono state sviluppate le nuove categorie di adesione
all'UE: "Stati autonomi dell'UE" e "Regioni autonome dell'UE". Queste
idee hanno dei precedenti nelle grandi federazioni, per esempio per quanto riguarda le
diverse categorie presenti all'interno della Federazione Russia - le regioni, regioni
autonome e anche Stati sovrani - ma anche nel caso di alcuni territori o Stati
strettamente collegati agli Stati Uniti, si pensi al Puerto Rico.
Le già significative responsabilità dell'UE nella regione vengono ulteriormente
incrementate dall'intensità dell'attuale impegno militare della Nato.Questa azione potrà
rivelarsi un successo e piegare o anche far crollare il regime di Milosevic.Ma guardando
avanti, con l'intenzione da parte dell'Unione di acquisire crescenti capacita' militari e
di sicurezza insieme alle già esistenti competenze economiche, politiche e monetarie e'
doveroso da parte sua assumersi la leadership nell'organizzazione dell'Europa
sud-orientale postbellica. La nozione di una "partnership for prosperity"
avanzata recentemente da Javier Solana e' interamente positiva e potrebbe verosimilmente
essere incorporata in una strategia di ampliamento e approfondimento dell'Unione, in
cooperazione chiaramente con la Nato.Inoltre, le idee espresse dal Presidente designato
della Commissione Romano Prodi [Financial Times, 1 aprile 1999] seguono anch'esse quelle
tratteggiate in questo paper, in particolare per quanto riguarda un rapporto autonomo
speciale con l'Unione a seguito della conferenza sui Balcani. A queste vanno aggiunte,
crucialmente, le deliberazioni del 14 aprile 1999 sulla convocazione di una Conferenza
sull'Europa Sud-orientale per decidere il corso di un approccio comprensivo per il
riavvicinamento dell'intera regione all'Unione Europea.
Questo lavoro intende avviare una riflessione e un dibattito sul possibile contenuto
sostanziale di tale approccio comprensivo. Tuttavia, utilizziamo un linguaggio meno
ambiguo, parlando dell'integrazione della regione in Europa e non di un semplice riavvicinamento.Si
potrebbe obiettare che ciò costituisce un semplice distinguo semantico e che ai leader
europei interessi esplorare l'intera gamma di opzioni sopra delineate.Inoltre, il processo
di dialogo con i leader politici e gli opinion makers dell'Europa sud-orientale va
avviato appena possibile per esaminare insieme queste idee e adattarle più da vicino alle
esigenze locali.Questo paper del CEPS (a carattere indipendente e non ufficiale) potrà
perlomeno servire da base per reazioni e contro-proposte.Si prevede che il CEPS
intensificherà il proprio lavoro su queste basi, preparando qualcosa che più si avvicina
a un Libro Bianco, con una serie più articolata di proposte operative.
(Traduzione dall'inglese all'italiano a cura di Marco Bianchini)
Bibliografia
Commissione dell'Unione Europea [1998], "Approccio regionale ai paesi dell'Europa
sud-orientale: conformità con le condizione poste nelle Conclusioni del Consiglio del 29
aprile 1997" COM(98)237 finale.
Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo [1998] "Transition report,
1998", Londra.
S. Hanke e K. Schuler [1999], "Uno schema per la dollarization
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York.
N. Komuro [1997], "Regole originali paneuropee", Revue des Affaires
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basata sul dollaro e sull'integrazione finanziaria", Ministerio de Planificacion,
Panama
Rambouillet [1999], "Accordo a interim per la pace e l'autogoverno in Kosovo",
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testimoniato dall'Unione Europea, gli Stati Uniti e la Russia.
K. Schake e A. Bloch-Laine e C. Grant [1999], "La costruzione di una capacita'
difensiva europea", Survival, IISS, Primavera 1999.
ELENCO DELLE TABELLE
1. prestazioni macroeconomiche in Europa sud-orientale
2. indicatori di transizione nell'Europa sud-orientale
3. indicatori di transizione legale
4. andamento regionale delle riforme
5. indicatori di libertà politiche, civili ed economiche
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