"Milosevic? Non gli resta che il
suicidio"
Predrag Matvejevic intervistato da Siegmund
Ginzberg
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"Milosevic? Non gli resta che il suicidio"
"Vuole sapere che ne penso di Milosevic? Un attimo, forse ritrovo
la lettera che gli scrissi nel '91, quando lasciai la Yugoslavia perchè non potevo
schierarmi col nazionalismo feroce. Eccola: "Penso che a questo punto può conservare
la dignità e la faccia solo se si dimette. Più tardi non le resterà che il
suicidio". Ora la faccia non glie la potrebbe salvare nemmeno il suicidio. Spero che
finirà impiccato per quel che ha fatto al suo popolo. Ma devo dirle che i sentimenti con
cui aspetto le bombe sulla Serbia sono molto più ambivalenti. Da una parte spero che
davvero fermino la mano del tiranno sanguinario contro i kosovari. Dall'altra mi addolora
profondamente l'idea che venga bombardata la mia città, vengano colpite altre vittime
innocenti, civili o anche soldati serbi, magari diciottenni in divisa".¶

Predrag Matvejevic è un conoscitore profondo ed erudito della storia
dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo e di quelli che costituiscono il retroterra.
Ed è anche un autorevole e sempre impegnato "ex" dell'"ex Yugoslavia,
eterno dissidente e, soprattutto difensore di dissidenti (dagli accusati di emulare
Trotskij e Bucharin nella Yugoslavia di Tito a Sakharov, Solzhenitsin, Brodsky e
Siniavsky. Da cinque anni è esule-ospite in Italia, dove insegna slavistica
all'Università di Roma, e a Parigi, dove ha insegnato alla Sorbona e al Collège de
France. Ci siamo rivolti a lui perchè ci chiarisca quel che c'è dietro gli avvenimenti,
le passioni e il sangue dei Balcani.¶
Balcani, balcanizzazione, polveriera balcanica, crisi balcanica,
questione balcanica, suicidio dell'ex Yugoslavia, follia balcanica. Sono concetti che
risalgono al secolo scorso e tornano puntualmente nella cronaca quotidiana. Ce ne potrebbe
parlare in modo semplice, anzi, guardi, come se dovesse spiegarlo a mia figlia
adolescente?¶
"I Balcani sono un crogiolo di particolarità che che non cessano
di confondersi e contrapporsi. Un luogo dove la storia sfida la geografia e la storia
sfida persino la psicologia. Vogliamo partire dalla follia? Ebbene, lì forse c'è davvero
anche un rapporto particolare tra geopolitica e tare genetiche. Il padre di Milosevic, che
era un pope ortodosso, si è suicidato. La madre si era impiccata. Anche uno suo zio si
era impiccato. Il padre del presidente croato Tudjman si era suicidato dopo aver ucciso la
moglie. Il generale Mladic, il criminale di guerra massacratore dei bosniaci ha avuto una
figlia suicida come Ofelia, perchè non reggeva all'onta delle scelleratezze del padre.
L'ideologo, consigliere di Karadzic a Pale, Koljevic, si è sparato un colpo in testa,
venticinque anni prima si era suicidata sua madre, gettandosi nel fiume. Il padre di
Mladic era stato ucciso dagli ustascia. Il padre del ministro croato Sushak era stato
ucciso dai partigiani. Credo che se si considera la profondità shakespeariana dellle
tragedie balcaniche, le cose assumono un rilievo particolare. Non saprei come altrimenti
spiegare un elemento particlarmente atroce dei conflitti più recenti. Nelle guerre
europee sinora, anche nell'ultima guerra mondiale, si ammazzavano soprattutto soldati. Ora
si ammazzano molto di più i civili".¶
A cosa è dovuta tanta cupezza? Da dove comincia?¶
"Dallo spazio che occupano i Balcani, innanzitutto. Questo è un
crocevia tra Oriente ed Occidente, da qui passava evidentemente il confine tra Impero
d'Occidente e Impero d'Oriente, tra mondo bizantino e mondo latino, e di conseguenza
quello tra cristianesimo cattolico ed ortodosso. Questo è l'area in cui si consumano gli
scismi religiosi tra cristiani. E poi si forma la frontiera decisiva tra cristianità e
islam. E giù fino ai giorni nostri, quando da queste parti passava la frontiera tra
comunismo e occidente, fisicamente la Cortina di ferro, con la Yugoslavia di Tito nel
ruolo di una sorta di terra di nessuno tra le parti. Questa complessità si può vedere
persino sul piano sociologico ed econmico. Eravamo il confine estremo dell'Europa, o la
punta avanzata del Terzo mondo in Europa? L'elenco delle contraddizoni potrebbe continuare
all'infinito. In questa area ci sono i resti dei grandi Stati sovranazionali, l'Impero
asburgico e quello turco ottomano, ci sono le vestigia di nuovi Stati ritagliati secondo
accordi internazionali e spinte strettamente nazionalistiche. Ci sono le eredità di due
guerre mondiali e quella della guerra fredda. C'è il retaggio delle idee nazional-statali
del XIX secolo e, insieme, quello delle ideologie socialiste del XX. Su cui si è inserita
con impatto particolare la mutazione, a livello mondiale, da un assetto bi-polare,
USA-URSS, ad un assetto che tende a diventare multi-polare ma fa fatica a diventarlo. È
l'insieme di questi intrecci che spiega quel che sta avvengono ora, e la crudeltà con cui
sta avvenendo".¶
Un ciclone di contraddizioni insomma, di cui l'occhio ora sembra essere
il Kosovo.¶
"C'è circa il Kosovo un elemento che spesso sfugge ai
commentatori. Il fatto che si tratti, come in Bosnia, di un conflitto tra serbi ortodossi
e albanesi mussulmani. Abbiamo già ricordato che proprio dal Kosovo passa lo scisma
critiano, e poi la faglia storica tra mondo mussulmano e mondo cristiano. Già con lo
scisma tra cristiani la differenza diventava facilmente contraddizione tra fedi, Chiese,
Stati. Le differenze generavano contrapposizioni, tra fedi, Stati. Le contrapposizioni
generavano intolleranze. E le intolleranze odio e conflitto. È come seguire una
escalation, il passaggio da un grado all'altro di intensità del conflitto. È importante
cogliere l'evoluzione di questa gradualità, anche se sarebbe sbagliato ritenere che il
risultato sia una guerra di religione. Potrà sorprendere, ma nel Kosovo che fa parte
della Yugoslavia di Tito non c'era una divisione tra albanesi in quanto mussulmani e serbi
in quanto ortodossi. Tutto comincia nell'81. Con le prime manifestazioni in cui gli
studenti scendono in piazza per rivendicare una loro Repubblica, forse più di quello che
la Yugoslavia del subito dopo Tito poteva in quel momento dargli. Ma dobbiamo ricordare
che in quelle manifestazioni erano solo gli albanesi del Kosovo a portare in corteo
ritratti di Tito. Tutti gli altri no: i croati lo considerano come un traditore della
nazione croata e di madre slovena; i serbi lo odiano perchè lo considerano come un corato
che ha imposto il proprio ptere su di lui, gli ha negato la Grande Serbia che sognavano.
Ed è proprio qui che nasce il fenomeno di Milosevic, che del nazionalismo serbo fa il suo
manifesto per la conquista del potere. Viene in Kosovo, vede che la polizia sta caricando
alcuni dimostranti serbi, gli dice: "Nessuno da ora in poi potrà imporsi sui
serbi". E di questa parola d'ordine fa il trampolino per la scalata al vertice, con
l'abilità e la cattiveria che lo caratterizzano. isolando ed emarginando gli altri
dirigenti serbi che continuavano a pensare in termini di unità della Yugoslavia. E,
giunto al potere, per prima cosa toglie agli albanesi del Kosovo quel che avevano sotto
Tito: l'autonomia, le scuole e le universita', un teatro, la stampa in lingua albanese. È
stato terribile. Qualche giorno fa ero a Otranto, c'ero andato per parlare coi profughi
che sbarcano con i gommoni. Abbiamo parlato in serbo. "Ma i nostri figli non parlano
piu' nemmeno la nostra lingua, da dieci anni gli hanno proibito l'albanese nelle scuole,
ci hanno offesi, umiliati. Cosa potevamo fare?". È così, che partendo proprio dal
Kosovo, milosevic ha dato fuoco alla miccia che ha fatto esplodere l'intera Yugoslavia, ha
aizzato il nazionalismo corato, ha creato le premesse per le successive lacerazioni,
guerre ed orrori".¶
Ma su questo ha avuto, e forse ha ancora, un sostegno popolare.¶
"Ha abusato dell'attaccamento sincero del popolo serbo al Kosovo
per propri fini. Ha finito per spingere le popolazioni serba e albanese verso un'ostilità
irrimediabile. È vero, nell'immaginario serbo i luoghi simbolici del Kosovo, il campo di
battaglia in cui nel 1389 la Serbia perse la propria indipendenza contro i turchi, i
monasteri di un Rinascimento serbo non meno magnifico di quello italiano ed europeo, hanno
un ruolo molto importante. Ma lui li ha strumentalizzati, l'ha spinto all'estremo, l'ha
sfruttato, manipolato. Nel Kosovo effettivamente si scontrano un "diritto
storico" e un "diritto naturale" alla terra che si abita, come in molti
altri luoghi del mondo. Ma questo non impediva che sino ancora a dieci anni fa gli
albanesi del Kosovo si sentissero più yugoslavi che albanesi. L'Albania farsesca di Enver
Hoxa gli repelleva. Nel regime misto dell'autogestione avevano margini molto superiori di
iniziativa, per mettere a frutto la propria laboriosità. Facevano tanti figli, in una
famgilia albanese ce n'erano sette o otto mentre in una serba si limitavano a due o tre.
Compravano sia pure a prezzo molto caro il proprio pezzetto di terra, dai serbi che col
ricavato se ne potevano comprare una di estensione doppia o tripla altrove. Anche di
questo Milosevic gli ha fatto una colpa".¶
Tutto in nome della Grande Serbia.¶
"Questa è una vecchia paranoia balcanica. Grande Serbia, Grande
Croazia, Grande Albania, Grande Bulgaria... E tutto questo in una spazio ristretto,
limitato, per giunta carico come le ho detto prima di sovrapposizioni, stratificazioni di
contraddizioni, dove le frontiere sono defnite da tempo e pericolosissime da
modificare". ¶
Questa sembra anche una delle principali preoccupazioni dell'Europa e
degli Stati Uniti. Forse è anche, accanto all'intenzione di fermare un massacro in corso,
la ragione per cui si è passati così in fretta ai bombardamenti, per evitare una
spartizione di fatto del Kosovo ad opera di Milosevic, cioè la rimessa in discussione
delle frontiere.¶
"L'Europa ha storicamente una responsabilità nell'accumulo delle
contraddizioni nei Balcani. Nel secolo scorso erano diventati il grande terreno di manovra
per estendere la propria influenza, da parte germanica c'era la famigerata "spinta
all'Est", quella dell'Austria è stata in sostanza una politica coloniale, sulla
pelle di queste popolazioni si è articolato il conflitto con la Russia e la Gran Bretagna
sua alleata. Ma a mio parere la responsabilità maggiore è quella che l'Europa ha avuto
molto più recentemente, al momento dello sfaldamento della Yugoslavia. Hanno lasciato
fare, anzi hanno incoraggiato perchè la Germania voleva contare di nuovo, il Vaticano
approfittare della caduta del comunismo, e così via. Ci sono voluti 200.000 morti, gli
orrori della Bosnia, 2 milioni di profughi perchè cominciassero a rendersi conto che non
andava, e intervenissero per incoraggiare con le bombe la pace di Dayton"¶
Ora l'Europa, per la prima volta unanime, e' in prima linea,
letteralmente. Lo giudica positivo?
"Si, e va bene. Ma devo dire molto chiaramente che non vedo molto
bene che la NATO si sostituisca all'ONU. Le risponderò con un aneddoto. Al momento del
crollo del Muro, ero a Berlino col mio amico Caludio Magris. Eravamo ovviamente sopresi,
contenti. Ma anche perplessi. Magris mi disse: "Temo ora l'arroganza
dell'Occidente". "E io temo che il manicheismo che sinora reggeva le sorti del
mondo si trasformi in monismo americano", gli risposi. Preferirei che l'Europa fosse
un po' più soggetto, non gregario della storia".
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