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Criminalita’ e media/Tempi d'oro per la "nera"

 

Giancarlo Bosetti

 

Intervento al convegno di Napoli, Associazione Societa’ libera, 13 marzo 1999

 

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Un liberal e’ un conservatore che…

C’e’ un vecchio detto americano, di ispirazione conservatrice che suona cosi’: un liberal (vale a dire un progressista) e’ un conservatore che non e’ stato ancora rapinato. Il controcanto a questo detto lo ha fatto Tom Wolfe, 1987, in "Il falo’ delle vanita’" e suona cosi’: un liberal e’ un conservatore... che e’ stato arrestato. Entrambe queste battute alludono al fatto che l’atteggiamento nei confronti della giustizia, della procedura penale, del regime carcerario, dei criteri di gestione della polizia sono una bussola fondamentale per definire la posizione che si occupa in politica, se si e’ di sinistra o di destra, se si e’ liberali o autoritari. Cosi’ almeno stavano le cose e cosi’ in certa misura siamo portati istintivamente a pensare. Mettendo le parti in caricatura di fronte a un crimine comune, la reazione tipica della cultura della sinistra e’ stata sempre quella di cercare le radici sociali di questo crimine, il contesto da cui e’ scaturito e di proporre come prioritaria una terapia volta a rimuovere le cause, mentre la destra ha sempre messo l’accento sulla repressione, sui poteri della polizia etc. I primi piu’ attenti alle responsabilita’ sociali, i secondi piu’ attenti alle responsabilita’ individuali.

 

 

Quel che fanno i giornali

Oggi pero’, almeno in Italia, questa disposizione delle parti non ci serve piu’ per capire in modo soddisfacente la complessa e a volte confusa discussione sulla giustizia, la criminalita’, le azioni necessarie per risanare certe patologie sociali. E dal momento che i mezzi di comunicazione di massa sono attraversati dalle diverse culture e posizioni politiche, diventa difficile se non impossibile interpretare secondo quello schema – duri e repressivi da una parte, morbidi e socialmente interventisti dall’altra – il tono generale della comunicazione a proposito di criminalita’, violenza, illegalita’. Nel giudicare la condotta che ispira giornali e telegiornali in questo campo e’ importante considerare

- il rilievo che hanno le notizie sulla criminalita’

- la quantita’ di attenzione e spazio che vi si dedica

- il livello di allarme sociale o di rassicurazione che si intende trasmettere

- il dosaggio del linguaggio violento e degli ingredienti sensazionalistici

- la connessione che si stabilisce piu’ o meno esplicitamente con fenomeni sociali: disoccupazione, immigrazione, degradazione, marginalita’ etc.

- il grado di politicizzazione delle notizie

- l’effetto di agenda che i mass-media hanno nei confronti dell’attenzione pubblica e sulle scelte dei partiti e del governo

 

L’inizio di una ricerca

Una analisi estesa della comunicazione in Italia, da questo punto di vista, e’ al di fuori delle possibilita’ di questa relazione. Richiederebbe notevoli mezzi e risorse scientifiche che al momento non ho a disposizione. Ho pensato percio’ di ricorrere a un surrogato: una serie di interviste a direttori, capiredattori e giornalisti di lunga esperienza indirizzate a mettere a fuoco l’evoluzione nel tempo dei criteri di selezione e valorizzazione delle notizie di "nera" da parte dei giornali. Ha iniziato a lavorare a questo un gruppo di studenti dei corsi di comunicazione della Terza Universita’ di Roma, nell’ambito della facolta di Lettere e filosofia. (Isabella Angius, Ilaria Marchetti, Alessandro Anello, Marco Termine, Raffaella Fiochi, Annamaria De Blasio). I risultati sono quindi condizionati dalla soggettivita’ e dagli orientamenti degli intervistati, ma qualche elemento comune e’ possibile ricavarlo. (Le interviste sono messe a disposizione sulla rivista on-line "Caffe’ Europa" – www.caffeeuropa.it)

 

 

Il posto sull’agenda pubblica

a) Nella fase piu’ recente il problema della criminalita’ comune sta conquistando livelli di attenzione che erano finora sconosciuti alla grande opinione pubblica anche perche’ gli spazi di attenzione si sono liberati, totalmente o parzialmente, da altri e piu’ ingombranti fattori: il terrorismo, la mafia, la grande criminalita’ politica. A ondate successive e a volte anche sovrapposte l’una all’altra l’assalto terroristico e quello mafioso hanno occupato la scena e tenuto impegnate le forze dello stato con una assoluta priorita’ e urgenza. In un paese e in anni terribili in cui i terroristi sequestravano e uccidevano uomini di stato e dirigenti di impresa, in cui la mafia eliminava i responsabili per lo stato della lotta alla mafia, ebbene in quegli anni l’assassinio del benzinaio, del tabaccaio o del gioielliere ad opera di criminali comuni riceveva una attenzione residuale. L’opinione pubblica si componeva o scomponeva in relazione a eventi che viveva come una minaccia primaria alla sicurezza e alla legalita’. Il ciclo di tangentopoli ha avuto all’inizio degli anni Novanta lo stesso effetto di "occupazione" dell’agenda pubblica. C’era gia’ l’allarme per la illegalita’ diffusa nella vita dei quartieri, per l’insicurezza degli esercizi commerciali, per i rischi corsi dalla popolazione urbana, specie le donne e gli anziani, nella vita ordinaria. Per esempio a Milano, o in alcune citta’ del Mezzogiorno, gia’ molti anni fa, alla fine degli Ottanta, le associazioni dei commercianti avevano cominciato a sollevare il problema della sicurezza in relazione alla piccola criminalita’ che li prendeva di mira, ma non riuscivano ad andare in prima pagina, non riuscivano a guadagnare le prime posizioni dell’agenda pubblica. Questo e’ accaduto solo in tempi recentissimi, con un notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei, come la Gran Bretagna dove questo e’ stato un tema cruciale nella campagna elettorale del 1997, uno dei temi ("duri col crimine e con le sue cause") che hanno dato la vittoria al Nuovo Labour di Tony Blair. Gli eventi di Milano, all’inizio di quest’anno, l’incontro del presidente del Consiglio, del ministro degli Interni, delle autorita’ di polizia con il sindaco dopo la serie nera dei nove omicidi in nove giorni sono il segno che il problema ha conquistato un primato di attenzione prima sconosciuto. Se negli anni passati i giornali (e tv) cercavano di catturare lettori (e audience) raccontando le storie della grande criminalita’ organizzata, del terrorismo e delle sue vittime, di tangentopoli e dei suoi protagonisti, inquisitori e inquisiti, ora rende molto di piu’ approfondire persino la notizia di uno scippo ai danni di un anziano se puo’ contribuire alla descrizione di un quartiere urbano, se puo’ raccontare uno stato d’animo esasperato, o addirittura creare la saga violenta di una via, di un quartiere, provocare (o accompagnare) l’esplosione di una protesta.

 

Immigrazione novita’ per l’Italia

b) La connessione tra criminalita’ diffusa ed immigrazione ha delle basi oggettive come risulta dalle indicazioni statistiche sulla popolazione carceraria e dall’analisi dell’incidenza dei crimini compiuti da immigrati clandestini sul totale (citare Osservatorio sulla criminalita’…..), ma l’acutezza con cui viene percepita dall’opinione pubblica e rilanciata nella comunicazione di massa riflette la relativa novita’ del fenomeno in Italia. La sensibilita’ dei giornali e’ variabile; per lo piu’ si mostrano cauti e lontani da atteggiamenti razzisti, certo piu’ cauti di quanto non fosse negli anni Sessanta la mitica, compassata e piemontese Stampa: "Calabrese uccide la moglie e si barrica…". L’incidenza sulla popolazione nazionale degli immigrati e’ del 2,2% contro una media europea ormai vicina al 5%. (Censis, Rapporto 98) E l’afflusso e’ recente, a differenza di quanto accaduto in Germania o in Inghilterra, dove le prime ondate risalgono a cinquant’anni fa. Questa novita’ e’ un moltiplicatore di allarme che si riverbera sui media. Difficile stabilire quanto i media aumentino l’effetto di allarme, alterando le proporzioni rispetto alla obiettivita’ e novita’ del problema. Certo che vi sono delle oscillazioni di attenzione determinati dagli spazi che sul timone dei giornali, e sulle prime pagine, si aprono in periodi di declino di altre fonti di notiziario. E’ da prevedere per esempio, regolarmente, che in agosto vi sia si’ un aumento degli sbarchi (agosto corrisponde a uno dei picchi, non l’unico, negli arrivi sulle coste pugliesi, ma e’ anche vero che i servizi sugli sbarchi diventano i primi nei telegiornali e sui giornali perche’ non ci sono altre notizie. Per le stesse ragioni a Milano all’inizio dell’anno, l’accumulo casuale di delitti ha raddoppiato i suoi effetti di opinione anche in assenza di altre notizie importanti in una fase ancora festiva. Se percio’ la paura aumenta piu’ di quanto non aumenti la criminalita’, come ha osservato Ernesto Savona, allora dovremo verificare se tra le cause di questo incremento della paura non vi sia anche una sovrarappresentazione del fenomeno sui media.

 

Politica e giustizia, rischi di inquinamento

c) l’attenzione per il problema della criminalita’ si e’ politicizzata non solo per le ragioni gia’ dette, ma anche perche’ il tema della giustizia e’ diventato centrale dopo tangentopoli ed e’ stato oggetto di un durissimo e non concluso scontro tra il centrodestra ed il centrosinistra. Il fallimento della commissione bicamerale per la riforma costituzionale e’ in gran parte da attribuirsi, come si sa, al mancato accordo sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura. Una delle ragioni che impediscono di applicare all Italia quella battuta di Tom Wolfe che ho citato all inizio, uno dei motivi per cui in Italia gli schieramenti politici non possono essere identificati sulla base dei metodi di lotta alla criminalita’, e’ che lo schieramento di centrodestra si e’ in buona misura collocato sotto le bandiere del "garantismo". E’ la parte che rivendica con piu’ insistenza una piu’ alta soglia di difesa degli inquisiti (513) e migliori strumenti di tutela dei condannati (41 bis) sia per la criminalita’ mafiosa che per quella politica. La richiesta forte di ordine e di tutela rigorosa della legalita’ viene subordinata qui a preoccupazioni di diverso genere. Quali? Le possiamo definire variamente, ma per lo piu’ esse si riferiscono all’intenzione di proteggere i politici dall’azione giudiziaria ritenuta troppo potente e invasiva da una parte dello schieramento politico. Lasciamo stare qui quanto questa esigenza sia motivata (storicamente – e’ stato gia’ osservato, Cafagna, La grande slavina – il ruolo dei giudici nella lotta contro la mafia e il terrorismo ha abbassato le soglie di garanzia e accresciuto i poteri inquirenti, il che non e’ stato senza effetti nella stagione della lotta alla corruzione politica); di fatto essa complica, confonde, e talvolta inquina la discussione politica mettendo in pessima luce il politico soggetto a conflitto di interesse in quanto inquisito, capace di chiedere il massimo di tutela per se’ ed il minimo per il criminale comune. Il pericolo e’ quello che la politica appaia ancora piu’ lontana dalle crescenti aspettative di affidabilita’ e onesta’: immunita’ insuperabile per i parlamentari, da una parte, e campagne a favore della teoria della "tolleranza zero" (vale a dire zero tutela per il ladruncolo).

 

La "nera" in televisione, una svolta

d) Nell’accentuare il focus dell’attenzione pubblica sulla criminalita’ un ruolo preminente ha avuto la televisione. Se infatti i giornali non hanno mai trascurato nella loro storia la cronaca nera che e’ e rimane uno dei loro punti di forza, i telegiornali hanno cominciato solo in tempi recenti a dare spazio alle notizie su crimini che non fossero di natura mafiosa o terroristica. Una ricerca sistematica e’ anche qui tutta da fare, ma e’ autoevidente che si e’ passati in tempi relativamente brevi (gli ultimi sei-sette anni) da un trattamento piuttosto rarefatto, eufemistico, prudente e censurato dei fatti di sangue a un forte utilizzo della cronaca violenta, alla sua messa in evidenza nei titoli di testa, a un linguaggio esplicito e di effetto…. "Maria Pia, stuprata, strangolata, poi accoltellata"…. Apertura del Tg5, peak-time . E questo ha una spiegazione molto chiara nella competizione durissima per l’audience tra le principali testate giornalistiche della Rai e di Mediaset, una competizione che qualche volta ha messo in discussione il primato del Tg1 e nella quale la cronaca (non solo nera, di ogni genere, rosa, bianca etc.) gioca una parte decisiva. Tutto questo spiega perche’ il delitto comune, nonostante il suo impatto su intere categorie, un tempo facesse piu’ fatica ad approdare sulle prime pagine ed oggi invece vi arrivi carico di valenze politiche. Una volta rimaneva, come si dice in gergo "forte in cronaca", un modo di dire che significava: non esce dalla dimensione locale, al massimo una "breve" in nazionale.

 

Media moltiplicatori di paura

e) Il sospetto che l’influenza dei media agisca come moltiplicatore delle paure, paure basate su fattori obiettivi reali ma ingigantiti dalla comunicazione, e’ avvalorato dai risultati degli ultimi rilevamenti Censis a proposito della distribuzione sul territorio italiano delle tensioni sociali. I fattori principali che individuano per esempio le aree di Torino, Milano, Imperia, Firenze, Caserta come quelle di massima tensione sono la marginalita’ e l’immigrazione, cui sono connesse elementi determinanti del disagio: problematiche di abitazione, prostituzione, ingressi di clandestini, coinvolgimento di irregolari in attivita’ criminose. Lo scarto tra rilevanza effettiva dei fenomeni e rappresentazione che ne da’ la societa’ e’ chiaro nella differenza tra la graduatoria delle principali problematiche che gli Italiani sentono per il proprio paese e la graduatoria di quelle che sperimentano effettivamente nella propria zona di residenza. Interrogati sui problemi del paese gli italiani mettono al primo posto la disoccupazione (63,9% del campione Censis), seguita dalla criminalita’ organizzata (44,7%), dalla droga (26,8%) e dall’immigrazione extracomunitaria. Ma quando si chiede di analizzare i problemi del proprio ambiente l’ordine cambia: scompaiono dalle prime posizioni la criminalita’, l’immigrazione e la corruzione, sostituite dal traffico urbano (25,1%), dalla delinquenza comune (24,8%) dalla carenza di servizio socio-sanitari, mentre rimane indiscutibile il primato della disoccupazione. In generale la comunicazione mass-mediatica – ed e’ qualcosa che riguarda la sua stessa natura – accentua l’elemento dell’emergenza, dell’eccezionalita’ in presenza di fenomeni (come l’immigrazione) che sono invece di lunga durata, che vanno affrontati in modo sistematico, permanente non affrettato. I ritmi, i metodi e i valori della comunicazione di massa, i tempi della fattura di un giornale e di un tg sono strutturalmente diversi da quelli della decisione politica. L’importante e’ ricordarselo. La politica non puo’ chiedere alle redazioni dei giornali di trasformarsi in consigli comunali o in assemblee parlamentari, ma deve anche evitare la tentazione di fare quello che talvolta accade, di trasformare se stessa in una agenzia di comunicazione, che emette segnali di rassicurazione o spettacolari annunci, cui non segue nulla di efficace.

 

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