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Lotta Continua-Br/Il caso Rossa e l'antica ambiguità

Stefano Caviglia

 

 

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E’ il "passato che non passa" della sinistra italiana. Il passato degli anni di piombo, dei morti ammazzati per terrorismo e soprattutto dei "cattivi maestri", gente che diede il suo contributo, a volte determinante, all’esplosione della violenza, ma il più delle volte senza pagarne il prezzo. E’ giusto continuare a chiedere ai dirigenti di allora di Lotta Continua, o di altri gruppi che hanno avuto atteggiamenti quanto meno ambigui verso il terrorismo, di fare i conti fino in fondo con le nefandezze di vent’anni fa? Oppure chi li mette periodicamente sotto accusa rivela antipatie ultradecennali, magari maturate proprio negli ambienti dell’estremismo di sinistra degli anni Settanta?

Stavolta è la figura di Guido Rossa, l’operaio comunista ucciso dalle Br a Genova per aver denunciato un terrorista in fabbrica, a riaccendere gli animi e a riaprire la ferita più grave della storia italiana del dopoguerra. Dalla sua morte sono passati vent’anni esatti. Per segnalare la ricorrenza, L’Espresso va a cercare la figlia di Guido, Sabina Rossa e nel numero in edicola il 29 gennaio scorso pubblica una lunga intervista in cui il giornalista Enrico Arosio fa la seguente domanda: Ma la sinistra, oggi, nel rievocarlo, ha chiarito il fatto che Guido Rossa non fu un delatore ma un uomo coraggioso? Qualcuno lo ha detto? "Forse no - risponde Sabina - ma non ce n’è bisogno. La figura di mio padre è stata ricordata senza ombre. Non ci sono malintesi. L’accusa di delazione è rimasta dentro al linguaggio brigatista, ormai sepolto". Ed è qui che Arosio cala la sua mazzata contro i "cattivi maestri", smentendo l’ingenua affermazione di Sabina e citando un corsivo uscito su Lotta Continua due giorni dopo l’omicidio, che letto oggi fa davvero impressione: "Il fare la spia oggi in Italia è divenuto linea di un Pci che s’è fatto Stato e insieme ad esso di un gran numero di militanti... Le Br hanno messo i piedi nel piatto del dibattito sulla delazione, ricordando qual è il punto di vista di un’organizzazione clandestina".

Segue la replica sgomenta dell’intervistata ("Non avevo mai letto queste frasi, sono terribili") e un accenno dell’intervistatore al fatto che tanti intellettuali, nel frattempo, hanno fatto carriera. E’ una miscela più che sufficiente per far divampare di nuovo la vecchia polemica mai spenta su Lotta Continua e le sue responsabilità al tempo del terrorismo. Anche perché stavolta c’è un elemento in più: il direttore dell’Espresso, Claudio Rinaldi, è un ex lottacontinuista anche lui. Che sia lui, si chiede tra le righe un pezzo del Corriere della Sera di pochi giorni dopo, l’ispiratore di quella citazione al vetriolo? Smentisce categoricamente l’autore dell’intervista, Enrico Arosio, di cui riportiamo le dichiarazioni in un articolo collegato, dicendo che, per quanto ne sappia, il direttore potrebbe non aver neppure letto l’intervista prima che venisse pubblicata.

E’ vero, del resto, che ad occuparsi di questi temi all’Espresso è soprattutto il condirettore, Giampaolo Pansa, che alla vicenda di Guido Rossa ha dedicato un libro e che è sempre stato durissimo con la sinistra che fece l’occhiolino al terrorismo. E’ lui che viene al telefono per parlare della polemica, ma soprattutto per negare che, da parte dell’Espresso, ci sia stata la decisione a tavolino di riaprire la discussione sulle vicende di Lotta Continua ai tempi del terrorismo: "Noi abbiamo fatto semplicemente un’intervista giornalisticamente interessante ed efficace. Il caso l’hanno sollevato le accuse e gli argomenti di bassa lega pubblicati sul Foglio pochi giorni dopo".

Fine del discorso. Ma non della polemica. E’ sul Foglio di Giuliano Ferrara, infatti, che è apparsa subito la replica stizzita di Adriano Sofri, che accusa l’Espresso addirittura di aver commesso una "piccola infamia", stravolgendo il senso dell’articolo di Lotta Continua per poterlo presentare in chiave filo-terroristica. In quel 1979 in cui venne ucciso Rossa, secondo Sofri, Lotta Continua avrebbe già sciolto da tempo, e a prezzo di gravissime lacerazioni interne, le sue ambiguità verso le Brigate Rosse. Quell’articolo, dunque, non sarebbe altro che una descrizione, per nulla indulgente, della mentalità del partito clandestino. E per dimostrarlo, Sofri ne cita la conclusione: "Per mantenere l’efficienza interna è necessario considerare potenziali spie da "giustiziare" decine di migliaia di proletari militanti del Pci che si distinguono dagli altri per il "coraggio" di denunciarli...".

In verità, non è facile stabilire se il senso complessivo di quell’articolo infelice sia stato forzato più dalla citazione di Arosio o da quella di Sofri. E’ probabile che la verità stia un po’ nel mezzo, dal momento che in quegli anni, come riconoscono i suoi dirigenti di allora, Lotta Continua era soggetta a pressioni fortissime di una parte della sua base, che avrebbe voluto un atteggiamento più indulgente verso le Br. Lo si vede bene nel titolo con cui, il giorno prima dell’articolo incriminato, il giornale diede la notizia dell’uccisione dell’operaio genovese: La logica di ferro delle Br arriva a uccidere un operaio, in quanto spia. "Quell’in quanto spia - ha detto al Corriere Gad Lerner, che in quei giorni, come giornalista di Lotta Continua, subiva di continuo le contestazioni dei lettori - fu vergognoso. Ci fu imposto e lo sopportammo. Io sopportai per poco, quel clima mi convinse che il giornale non aveva più futuro. A parte le sconfitte come questa, sono però convinto che nell’insieme abbiamo fermato molta gente in procinto di passare al partito armato, delegittimandolo". La pensa così, su quest’ultimo punto, anche il giornalista-scrittore Carlo Panella, anche lui ex di Lotta Continua, intervenuto sul Foglio, secondo cui lo slogan politico "Né con lo Stato né con le Br", avrebbe avuto la funzione di sottrarre manovalanza al terrorismo. Argomento che non ha mai trovato credito nel resto della sinistra, dove è considerato poco più di una comoda scusa. Sugli anni di piombo e sui "cattivi maestri", del resto, la sinistra litiga da vent’anni ed è facile prevedere che continuerà a farlo. Con o senza gli attacchi velenosi fra "ex".



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