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Tv digitale/Come funziona

G. M.

 

 

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Per i più la piattaforma digitale è probabilmente una base di atterraggio per oggetti volanti non identificati. Sembra quasi che tanto più se ne parla, tanto meno ci si capisce. E invece la tv digitale è una innovazione che cambierà radicalmente l’organizzazione e il modo di fruizione del mezzo televisivo. Dal punto di vista tecnico il digitale significa che il segnale televisivo viene scomposto in sequenze numeriche binarie, in un’alternanza cioè di 0 e di 1. Un formato identico a quello che leggono i personal computer. La piattaforma digitale non è altro quindi che il complesso di strutture e tecnologie che permettono la elaborazione e la distribuzione di programmi televisivi in forma numerica. Più nel dettaglio, il segnale viene assemblato da un service provider, trasmesso tramite una rete di trasporto (network delivery system) e ricevuto dall’utente attraverso un decoder (o set-top-box). La rete di trasporto può essere di tre tipi, che riflettono quelli utilizzati dalla tradizionale tv analogica. Si può utilizzare il satellite, il cavo, ma anche l’etere. Il digitale terreste (che non necessita di antenna parabolica ma di una antenna tradizionale) è anzi il sistema il cui sviluppo sembra attualmente più promettente perché consentirebbe il passaggio al digitale in modo non eccessivamente traumatico.

Il nuovo sistema di broadcasting ha conseguenze importanti dal punto di vista pratico. Consente innanzitutto di massimizzare l’utilizzo delle frequenze. Nello banda di trasmissione occupata oggi da un canale analogico, possono passare fino ad otto canali digitali. E domani probabilmente ancora di più. Questo è fondamentale dal momento che le frequenze sono un bene finito e scarso e la loro assegnazione agli operatori è stata finora il principale grattacapo dei governi. La moltiplicazione delle frequenze è un piccolo miracolo tecnologico, che ha un nome: Mpeg-2 (Moving Picture Expert Group). Consiste nella compressione del segnale attraverso complessi algoritmi matematici.

Otto canali in uno significa offrire all’utente un servizio molto più elastico e personalizzabile. La trasmissione in digitale della programmazione dei canali analogici (As is, secondo la dizione corrente) è solo il primissimo gradino del broadcasting numerico. Ma ci sono altre possibilità. Il Multiplexing: un evento in diretta viene trasmesso in più canali, ma secondo prospettive diverse (si può seguire la gara di Formula uno del proprio pilota preferito). Il Near Video on Demand: lo stesso programma (per esempio un film) viene messo in onda ogni tot minuti nel corso della stessa serata, così lo si può vedere nell’orario più comodo. La Pay per view: l’utente allestisce un palinsesto personalizzato, scegliendo i programmi in un vasto menù, e paga solo quel che vede.

Ma c’è di più. La conversione in codice binario del segnale televisivo accelera il processo di integrazione tra tv e computer. I due apparecchi diventano estremamente compatibili. Si potrà, ad esempio, accedere a Internet attraverso il satellite o i cavi in fibra ottica della tv, o usufruire di una serie di servizi interattivi come l’home banking.

Il tutto con una qualità audio e video decisamente migliore. Il digitale permetterà di ricevere il segnale senza fastidiose interferenze. E su uno schermo sempre più simile a quello dei cinema: si chiama Widescreen e le proporzioni tra i lati saranno 16:9 (invece dell’attuale 4:3). Questo comporterà la progressiva sostituzione degli attuali televisori presenti sul mercato. Una operazione che avrà costi enormi, anche perché i governi hanno messo in programma il completo abbandono dell’analogico a favore del digitale terrestre. Negli Stati Uniti la Federal Communications Commission ha stabilito che entro il 2000 tutte le televisioni dovranno iniziare, almeno per alcune ore al giorno, le trasmissioni in digitale. E nel 2006 l’analogico dovrebbe sparire del tutto. Nel frattempo, secondo le stime, gli americani dovranno spendere la bella cifra di 75 miliardi di dollari per cambiare i loro televisori. Lo stesso accadrà in Europa, dove progetti di lancio del Dvb (Digital Video Broadcasting) terrestre sono allo studio in Gran Bretagna, Germania, Spagna e Svezia. In Italia la data di morte dell’analogico potrebbe essere fissata – secondo le indicazioni che stanno emergendo dal dibattito politico – nel 2010. Ma il rinnovo del parco tecnologico riguarderà anche i broadcaster. Oltre alle strutture per la piattaforma digitale, gli operatori dovranno cambiare le dotazioni degli studi televisivi, le telecamere (che dovranno essere ovviamente digitali e in grado di supportare il formato Widescreen), gli impianti di videoregistrazione. Spese da capogiro, che non saranno ripagate che fra molti anni. E questo spiega perché la battaglia del digitale sia diventata appannaggio di poche grandi società multinazionali.


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