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Ma a Milano non esiste un Ulivo



Giancarlo Bosetti



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Leggendo le valutazioni accorte di Bidussa, De Bernardi, Fasano, Riosa e Salvati viene voglia di essere d’accordo quando descrivono le rovinose oscillazioni della sinistra milanese, prima incline a candidare un imprenditore che di sinistra ha ben poco, come Massimo Moratti, poi un intellettuale e un artista molto speciale come Dario Fo. Non c’è dubbio che qui si sono commessi e si commettono degli “errori” politici: di inconsistenza, nel duplice senso della parola, quello anglosassone di “incoerenza”, e quello nostrano di “nullità”. Della sinistra e del centrosinistra, sia chiaro, non di Fo, e nemmeno di Moratti.

Ma mi viene voglia anche, come direttore di questa rivistina online che pubblica qui diverse posizioni sul tema, di aggiungere un rilievo agli estensori del documento: siete in ritardo sui fatti, le cose sono andate più avanti di quello che sospettavate. Nel momento in cui date la colpa a un gruppo dirigente del centrosinistra per queste incoerenze, nel momento in cui lo accusate di una condotta che non tiene conto delle tante ragioni che dite, voi commettete un tremendo e ingenuo errore di sopravvalutazione della vostra parte politica.

La verità è che non esiste a Milano un Ulivo, non esistono gruppi dirigenti, non esiste un centro pensante quale che sia. Se no, le cose non avrebbero potuto andare avanti talmente a casaccio. La candidatura di Dario Fo è la conferma del vuoto che si è fatto, un vuoto nel quale il volto e le idee del Nobel milanese, per quanto le giudichiate comprensibilmente troppo radicali per vincere le elezioni, sono qualcosa in cui, almeno, la gente di sinistra riconosce qualcosa di suo.

E’ poco, lo so. E forse restiamo così nella prepolitica. Ma questo qualcosa è sempre più del nulla che la sinistra è diventata a Milano. Ricominciare ad esistere in modo prepolitico è pochissimo, ma è sempre qualche cosa di più dello zero assoluto, per quanto lo dipingiate di “politico”.  Ora che Fo ha rinunciato alla candidatura, si potrebbe persino gioire della ristabilita “normalità”, purchè si trovi il modo di riempirla, purchè si trovi il come e il chi.


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