Caffe' Europa
 
Libri

Racconto/Un inizio

Mauro Covacich

 

"Come diamante, piu' dura della selce ho reso la tua fronte.
Non li temere, non impaurirti davanti a loro; sono una genia di ribelli".

(Ezechiele, 3.9)

"Guardati dal dire: e' stata la mia forza, il vigore del mio braccio, a procurarmi questo potere".

(Deuteronomio, 8.17)

 

Questo racconto e' tratto dalla raccolta "Anomalie", pubblicata all'inzio del '98 da Mondadori. Lo pubblichiamo - all'interno dell'iniziativa "La nostra gente" - per gentile concessione di autore ed editore.

Ieri pomeriggio sono andato a giocare a pallacanestro con i miei amici. In realta' potevamo andarci anche di mattina, perche' la scuola e' chiusa e chissa' quando riaprira'. Dopo la bomba sul cancello e le prime finestre rotte, nessuno ci e' piu' entrato, e adesso sta li', buia, senza un'anima intorno. A dire il vero sembra che la utilizzino come magazzino per il mercato nero. Dicono che di notte c'e' chi va a farci riunioni e stampa volantini. Forse li' dentro tengono anche nascosti dei prigionieri.

Le lezioni comunque non sono state sospese del tutto. I professori si sono organizzati nella biblioteca civica, che ha qualche crepa ma e' ancora agibile, e hanno continuato il loro lavoro. Dopo le prime volte pero', in cui quello di matematica ci caricava di compiti per casa, non ci siamo piu' andati. Cosi' al mattino ci troviamo al mercato o all'aeroporto o dove ci pare, senza bisogno della giustificazione.

Il campo e' a dieci minuti a piedi da casa mia, vicino allo stadio di atletica, nella periferia nord della citta'. Ha alle spalle poche case disabitate e una distesa di erba gialla. Alcuni dicono che quando i soldati si sono ritirati da quelle postazioni hanno seminato la zona di mine, ma noi non ci abbiamo mai creduto. Se la palla va oltre la rete la guardiamo correre per un po' tra il fango e le pozzanghere, poi ci guardiamo tra di noi e buttiamo a sorte per chi va a prenderla.

Nessuno ha la comodita' che ho io di stare a pochi passi dal campo; nessuno tranne Zoran che sta nell'unica casa ancora abitata nelle vicinanze: sei piani grigio topo in mezzo all'erba alta. Da quando sono rimasti senz'acqua, lui e i suoi vicini vanno a prendersela proprio al centro sportivo. Usano le taniche del latte, visto che per il latte non servono piu'.

Per chi arriva dal centro il viaggio e' piuttosto lungo, eppure tutti vengono volentieri. Si sta bene al campo, e poi e' l'unico che ha ancora le retine sui canestri (non c'e' gusto a far canestro senza sentire il rumore della palla che entra). Soltanto una cosa stona: quel bosco nero, che comincia dove finisce il prato e cresce fitto e silenzioso fino in cima alla collina. Per il resto e' veramente un bel posto: luminoso, distante, con un po' di aria che rinfresca ma non disturba il gioco.

Ieri, uscendo, ho pensato solo per un attimo a quel bosco nero. Ho sentito qualcosa di strano, come un avvertimento, ma e' stata una sensazione e niente piu'. Poi ho pensato ai miei amici e ho cominciato a immaginarmeli uno a uno, mentre si muovevano per la citta'. Camminavo, palleggiavo - toccava a me portare la palla - e ricostruivo i loro percorsi, le fermate degli autobus, gli incroci pericolosi, gli spazi aperti dove correre, quelli protetti dove prendere fiato.

Bogdan e Mirna prima saranno passati al mercato, mi dicevo, a prendere un paio di mele e qualche mandorla dai banconi in via di sgombero. Non saranno tornati a casa per pranzo, avranno detto che restano in biblioteca a studiare. A casa avranno pensato: "Meno strada fai, meno rischi" e avranno accettato la bugia senza replicare. Adesso li vedevo nel sottopassaggio che dalla piazza centrale porta ai capolinea degli autobus. Le banchine sono sempre scoperte, perche' gli autobus sanno di essere presi di mira e tirano su le persone al volo. Bogdan ha detto a Mirna di prendere la rincorsa prima di uscire e adesso stanno facendo le scale che portano all'esterno come due cavalli, a quattro gradini alla volta. Sulla soglia si e' assiepata la gente che aspetta il momento propizio, che conta un po' a vanvera i colpi del caricatore. Se ne sentono due, poi un lungo silenzio.

Chi spara non ha fretta, sa che tutti quelli che sono entrati nel sottopassaggio, se vogliono continuare la loro strada, da li' devono uscire. Bogdan e Mirna invece non si fermano. Trattengono il respiro, escono senza guardare e saltano in corsa sul primo autobus che li porta fuori tiro. E' il modo migliore, di solito faccio cosi' anch'io. Ti sembra che tutto succeda piu' in fretta, ti sembra di rischiare di meno. Il piu' delle volte non parte neanche uno sparo, e' come se corressi per niente. Corri, vedi che non ti succede niente, ma sai che ti potrebbe succedere.

Forse sull'autobus avranno incontrato Vlado, che e' costretto dal padre ad accompagnare la sorella sul lavoro prima di venire a giocare. Il padre di Vlado e' insopportabile ma, come reduce, tutti lo ammirano e lo rispettano. E' rientrato dal fronte senza mani e passa le giornate a perseguitare Vlado, perche' vada a combattere, e sua sorella, perche' stia attenta a non farsi violentare dai negri o dai russi. Noi agli stranieri chiediamo solo sigarette, sigarette e basta: niente amicizia, solo qualche compromesso.

I negri ti dicono "okay friend" oppure "okay ami", ma se ti beccano col naso nei loro camion ti prendono a calci di fucile. Noi nei loro camion ci saliamo lo stesso. Basta andare nelle parti alte della citta', dove le strade si inerpicano strette e il traffico e' quello caotico dei rioni senza guerra. Al primo ingorgo i camion rallentano: ci si butta dentro e si prende tutto quello che si riesce a portar via (miele, carne in scatola, scarpe). Al secondo ingorgo i camion rallentano di nuovo: si salta giu' e si cerca di correre senza perdere nulla.

In genere Vlado scarica la sorella a meta' strada e segue gli altri verso il campo. Ieri lo avevo avvertito che sarebbero venute anche Keta e Mariana, che lui non conosceva, e si messo la tuta nuova e i polsini della nazionale. Mi ero vantato per una settimana di queste due amiche e, mentre mi avvicinavo al campo, pregustavo la soddisfazione di vedere le facce incredule degli altri. Cos'avrebbero detto al vederle giocare cosi' bene da non sembrare neppure delle ragazze? Come avrebbero reagito davanti a due ragazze alte e veloci da mettere invidia?

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