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Un buon inizio
(pagina 2) Romolo Bugaro
Sollevai la copia stenotipica del verbale. "Alla scorsa udienza,
lei ha dichiarato che suo marito era in corridoio ." Mi fermai
un istante, lasciai che la frase riverberasse il suo effetto. Signora,
io sto cercando di capire se lei ha assistito a un episodio di violenza
carnale, a un tentativo di violenza, o che altro. I dettagli sono fondamentali,"
dissi. Abbassai un po' la voce, non volevo sembrare troppo aggressivo,
adesso. "Dunque, lei ha visto suo marito in fondo al corridoio, che entrava
nel bagno. E' vero o no, questo?"
La donna rimase immobile sulla sua seggiola, crocifissa davanti al microfono.
"Era lì, davanti alla camera," disse. "Era Ö"
"Quanto è lungo, il corridoio di casa sua?"
"Come?"
"Quant'è lungo, il corridoio?"
"Lui era senza calzoni," disse la donna. "Lui non li aveva Ö"
"Signora, per favore, vuole rispondere alla mia domanda? Mi vuole dire
quanto è lungo il corridoio?"
"Lui non li aveva, i calzoni."
Mi fissò di nuovo, con una disperazione talmente in ricaduta
e profonda negli occhi, talmente impenetrabile a ogni possibile obiezione,
che dovetti fermarmi. Sentii che mi stavo ficcando in un vicolo cieco.
Non sarei arrivato a niente, così. Dovevo cambiare subito tipo di
approccio e chiudere in fretta, farla finita con questo maledetto controesame.
"Signora, sua figlia le ha detto qualcosa, quando lei è entrata
nella camera?"
La donna socchiuse le labbra, sembrava spiazzata dalla domanda.
"Signora, ha capito cosa le ho chiesto? Quando lei è entrata
nella camera, sua figlia le ha detto qualcosa?" Sentivo che la stavo mettendo
in difficoltà, finalmente.
"Ha detto forse che papà le aveva fatto male, o altro Ö"
"Mia figlia non racconta Ö Lei parla poco, pochissimo."
"Signora, una violenza carnale mi sembra un fatto piuttosto grave,
no? In questo caso avrebbe pur dovuto dire qualcosa, mi pare."
"Luciana ha paura" disse la donna, con voce spezzata. "Mio marito,
lui Ö Luciana ha sempre avuto paura."
Alzai un braccio per interromperla. "Insomma, fissiamo un punto, almeno.
Quando lei è entrata in camera di sua figlia, dopo questo episodio
d'asserita violenza carnale, la ragazza non ha detto niente, è giusto,
questo?"
Restai in attesa d'una risposta, che non venne. "Signora, mi risponda."
Stavo usando un tono molto più cattivo, adesso. "Nell'immediatezza
del presunto fatto, sua figlia non ha fatto cenno ad alcun
episodio di violenza. E' vero o no, questo?"
Per la prima volta percepii in modo chiaro un sentimento d'ostilità
nello sguardo della donna. Improvvisamente aveva capito dove volevo arrivare,
le parti s'erano chiarite e iniziava a odiarmi.
"Luciana ha paura," ripeté. "Riesce a capirlo? Mia figlia ha
paura Ö Non dice mai niente, non racconta le cose Ö"
Molto bene. Era andata. "Grazie, signor presidente," dissi. "Non c'è
altro, per me."
Il roccioso dottor Tindelli fece appena un cenno con la mano. "Va bene,
signora," disse. "Lei può andare."
Poggiai il fascicolo sul tavolo di legno e mi lasciai cadere sulla poltroncina
imbottita. Mi sembrava d'aver evitato una catastrofe per miracolo.
L'imputato era seduto accanto a me. Un uomo piccolo, col naso coperto
di venuzze rosse da etilista. "E allora, cosa ne pensa, avvocato?" disse.
"E' andata bene o no?"
Feci un gesto generico con la mano. Avrei voluto essere lasciata tranquillo
per cinque minuti, solo cinque.
"Non so," dissi. "Abbiamo appena cominciato."
Biamonti, "Le parole le cose"
Bugaro, "La buona e brava gente della nazione"
De Marchi, "Lo zefiro della buona sorte"
Pariani, "La perfezione degli elastici (e del cinema)"
Riccarelli, "Un uomo che forse si chiamava Schulz"
Un racconto inedito di Romolo Bugaro
Premi letterari 1: Vittorie senza vendite
Premi letterari 2: Se conta più l'intrigo dell'intreccio
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