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Si chiama Freely. Sottotitolo, utopia di un mondo possibile. Il periodico italiano a
diffusione nazionale impegnato a parlare in modo specifico di handicap è anche la sola
rivista europea del settore non legata ad associazioni o a enti non profit in generale.
"Alla base di Freely cè la volontà di non trattare lhandicap in modo
pietistico o doloroso", spiega Giorgio Ambrogi, caposervizio del bimestrale, che
aggiunge: "Non è un caso che talvolta si ricorra alla battuta o, addirittura, alla
provocazione per cercare di scuotere lopinione pubblica e le istituzioni".
Significative in questo senso sono le vignette che appaiono sul bimestrale, chiara
espressione di un pensiero laico che tende a sdrammatizzare ma anche a far riflettere e
nelle quali è un cane - filosofo (che non parla, è vero, ma pensa) ad avere il dono
della ragione.
Dunque, informazioni e aiuto ai disabili perché
sfruttino tutte le loro potenzialità. "Non solo. Ai portatori
di handicap bisogna soprattutto permettere laccesso alla società
di tutti. Lo sport, ad esempio, è importantissimo". Ambrogi parla
della difficoltà che i disabili, in Italia più che nel nord Europa,
hanno a uscire di casa. "In questo senso Internet, che è uno
strumento straordinario, deve essere considerato per quello che è:
un mezzo, per quanto comodo. Ma non deve divenire un pretesto per
rimanere chiusi tra quattro mura e, soprattutto, non si deve vendere
lillusione che in Rete vi sia più di quello che cè fuori,
perché questo non è vero. In realtà bisognerebbe scegliere se, ad
esempio, lavorare in casa o no. A prescindere dal fatto che si sia
disabili o meno".
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