Letti per voi/I ricordi di Sordi, Leone e
Rossellini
Carlo Verdone
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ALBERTO SORDI
Voglio dedicare questo libro ad Alberto Sordi. In fondo, se sono diventato un bravo
attore, se me la cavo come regista, se ho quell' entusiasmo nel carpire gli umori della
gente per la strada, molto lo devo a lui, alle sue interpretazioni, ai suoi personaggi in
film come I vitelloni o Lo sceicco bianco. Senza di lui, senza il suo esempio non avrei
mai fatto questo lavoro. Lo amavo e lo amo troppo. Ultimamente mi ha dimostrato tanto
affetto e tanta stima. Vorrei in qualche modo ricambiare questo affetto e questa stima,
che mi vengono da un grande della commedia, da uno dei primi attori italiani di ogni
tempo.

ROBERTO ROSSELLINI
Dal 1972 al 1974 frequentai il Centro sperimentale di cinematografia in qualità di
aspirante regista. (...) Ero un po' spaesato, perché fra i trenta o quaranta allievi del
Centro ero forse il solo che non avesse una collocazione politica precisa. Da una parte c'
era un folto gruppo diciamo di area dell'allora Pci, da un'altra quello vicino a Lotta
continua, e ancora quello legato a Potere Operaio. (...) Un giorno fu annunciata la prima
lezione agli studenti di Roberto Rossellini. Era un grande evento. Attendemmo quella
mattina con una certa ansia. Rossellini s'era messo in testa di farci una lezione dal tema
"Evoluzione del linguaggio cinematografico". Entrò in classe e disse:
"Seduti, seduti", ma in realtà nessuno si era alzato. E allora mi fu
improvvisamente chiaro che Rossellini era considerato meno che niente dai suoi studenti.
(...) Rossellini parlava, parlava e parlava. Molti si alzarono e se ne andarono via. Lui
mostrava una certa superiorità, ma forse nemmeno si accorgeva di quel che stava
succedendo, tutto preso dal suo discorso. Fino a quando, improvvisamente, un allievo di
nome Vittorio, di Genova, durante un passo molto importante del maestro, se ne uscì con
una scoreggia che quasi sembrava finta tanto era forte. Rossellini continuò
imperturbabile. Non abbiamo mai capito se avesse finto di non averla sentita o se davvero
non si era accorto di niente. Dopo quel peto compresi che il biennio al Centro poteva
anche rivelarsi una grande bufala.

SERGIO LEONE
L'appuntamento a casa Leone fu fissato per un pomeriggio di febbraio. (...) All'interno
della villa dall'arredamento lussuoso e pesante, cominciai timoroso a salire i gradini,
quando udii levarsi una voce baritonale: "A Verdo', sto qua!". Giunto in cima
alla scala, avevo tre possibili direzioni da prendere (...) Vidi una porta aperta, entrai
senza bussare e mi resi conto tragicamente che stavo dentro il bagno personale di Sergio
Leone. C'era una confusione paurosa, asciugamani a terra, l'acqua del lavandino che ancora
scorreva, lo sciacquone in ricarica. La voce del dio si rifece sentire: "Ma 'ndo va?
Ma 'ndo cazzo vai? Sto qua!". (...) Davanti a me, dietro una scrivania-sarcofago
colma di copioni, libri, fascicoli di cause intentate e ricevute, che per numero
superavano di gran lunga i copioni e i libri di cinema, c'era un uomo enorme, dalla grossa
testa leonina, resa ancora più leonina da una folta barba che gli incorniciava il viso;
un uomo dagli occhi furbi e indagatori. Mi disse: "Sèdete!". (...) Dopo un
minuto di silenzio pesante, con di tanto in tanto una saetta che illuminava quel cielo
plumbeo che si era formato sopra di noi, mi disse secco: "T'ho visto 'n televisione.
Me fai ride".
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