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La libreria come controrivoluzione



Herbert R. Lottman




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Quella che segue è la trascrizione dell'intervento di Herbert R. Lottman al diciottesimo corso seminariale di perfezionamento indetto dalla Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri che si è svolto presso la Fondazione Cini a Venezia dal 21 al 26 gennaio.

Il tema piuttosto insolito di cui intendo trattare, e scusatemi se vi sembrerà eccentrico, mi è venuto in mente dopo l’ennesima visita a una mostra di elettronica, e di mostre di questo tipo ne ho viste tante, da New York a Chicago, da Parigi a Francoforte. Naturalmente la mia attenzione è stata attratta dai cosiddetti libri elettronici: come tutti anch’io sono affascinato dalla tecnologia. Fin al momento in cui mi son detto: ma questi non sono libri.

I progressi dell’era elettronica sono sorprendenti, dai video giochi selvaggi per i bambini, al nuovo metodo di trasmissione di documenti relativi agli sviluppi sia della scienza che della medicina, al modo di seguire le transazioni della Borsa, al modo di progettare costruzioni o più semplicemente di acquistare attraverso Internet dei libri o una pizza. Ma il solo suggerire che esista un legame fra questi schermi, sia online che offline, e i libri stampati che noi possediamo, desideriamo o intendiamo avere è una pura stupidaggine, è blasfemo.

Per avere conferma di questa mia reazione sono entrato nella mia libreria preferita e ho dato un’occhiata ai tavoli dove erano in mostra i libri nuovi esposti con la copertina verso il lettore, e a quelli un po’ più vecchi disposti sugli scaffali, per capire quali libri mi sarebbe piaciuto richiedere attraverso Internet. Non sono mai riuscito a trovarne uno. Eppure io mi auguro e mi aspetto che il mio medico o il dentista che mi cura, che gli scienziati che studiano per bloccare la crescita del cancro, che gli uomini e le donne che devono prevedere il tempo che farà domani abbiano tutti a disposizione i migliori mezzi elettronici possibili. Capite dunque che non sono un tipo reazionario.

Giovani o vecchi, tutti siamo d’accordo su un certo numero di cose. Nessuno di noi desidera realmente vivere al lume di candela, non riscaldiamo le nostre case col camino, usiamo il telefono quando ci serve, guardiamo la televisione e da tanto tempo abbiamo sostituito le macchine da scrivere con il computer. Eppure alcune cose non cambiano per noi, soprattutto perché noi non lo desideriamo. Nello splendido film di Chaplin, Tempi moderni, abbiamo visto tutti i vantaggi della macchina che nutriva l’operaio versandogli il cibo in bocca mentre questi continuava a produrre alla catena di montaggio. Credo però di poter affermare che in nessuna parte del mondo la gente abbia preferito servirsi di queste macchine da nutrimento piuttosto che dei ristoranti, delle tavole calde o anche degli stessi fast-food. Scommetto che anche alla Microsoft gli impiegati si siedono a tavola per mangiare - o quanto meno gli piacerebbe farlo.

Ho l’impressione che continueremo a desiderare di tenere i libri nelle nostre mani e di sfogliarli, e questo malgrado tutti i nuovi metodi di lettura che possano essere inventati. Io stesso non sono ancora riuscito a trovare qualcuno che preferisca prendere in mano un e-book quando vuole leggere per proprio piacere, per curiosità, e non per motivi di lavoro.


Naturalmente attraverso Internet si possono acquistare anche i libri tradizionali, e quando scartate il pacco questi libri sono del tutto identici a quelli che già avete sui vostri scaffali e a quelli che potete trovare nelle librerie, dove si possono prendere in mano, sfogliare e magari anche leggiucchiare. Ho il sospetto che la maggior parte dei veri lettori continuerà a preferire la libreria per lo stesso motivo per il quale va al ristorante: perché si tratta di posti accoglienti e confortevoli.

Dopo questa intensa settimana durante la quale avete avuto l’opportunità di confrontarvi con le migliori e più innovative strategie di gestione queste mie considerazioni possono sembrarvi scioccanti e perfino ostili alle innovazioni tecnologiche. Ma io sto soltanto chiedendo la sopravvivenza della libreria indipendente. Non desidero togliere ai librai il meglio della tecnologia, come la gestione computerizzata degli ordini, i database online o persino un sito Web per i clienti, ma desidero che i librai continuino a prestare attenzione alla gente che entra in libreria dalla porta.

Ripenso a una recente visita che ho fatto a una piccola libreria di Parigi, chiamata Cahiers de Colette - il nome non è un riferimento alla famosa scrittrice bensì alla proprietaria, Colette Kerber. La signora Kerber non aveva alcuna esperienza di libreria quando aprì il suo piccolo negozio quindici anni fa ma desiderava occuparsi di cultura. Si mise a leggere il libro-base per librai francesi, seguì un corso di una settimana dedicato alla distribuzione e questo fu tutto. Si diede da fare per ottenere un prestito dal fondo per i librai chiamato Adelc che, effettivamente, divenne il suo socio di minoranza (tornerò su Adelc più avanti).

E così ecco Cahiers de Colette, su una strada trafficata e piena di negozi alimentari che si chiama Rue Rambuteau e che ha uno spettacolare vantaggio: si trova a un centinaio di metri dal Centre Pompidou, una combinazione di museo d’arte moderna, centro d’esposizione e libreria pubblica, una delle principali attrattive di Parigi, sia per chi vi abita che per chi ci viene da turista. La libreria Cahiers de Colette è microscopica, ha uno spazio di vendita di circa sessanta metri quadri, ospita fino a 15.000 libri, ma sono libri meravigliosi. Qui, semplicemente, non c’è spazio per i libri spazzatura. La proprietaria è coadiuvata da due assistenti e le vendite annuali per un importo di tre milioni di franchi le consentono di non operare in perdita.

Per me, la parte migliore di quella libreria consiste in una splendida selezione di romanzi e poesia, con particolare enfasi sulle letturature e culture del mondo. Ma Colette Kerber ha necessità di attirare nuovi clienti e fidelizzare quelli che ha già con manifestazioni speciali, ed ecco che organizza conferenze con romanzieri e poeti, con scrittori nuovi o famosi che autografano i propri libri. La clientela abituale abita nelle vicinanze della libreria ma la domenica i tre quarti dei frequentatori del negozio hanno volti nuovi. Boss di se stessa, ha deciso di tenere aperto il negozio sette giorni la settimana fino all’ora di cena.

Proprio grazie a librai indipendenti come Colette mi sono reso conto che per tutti quelli che hanno una genuina vocazione per la vendita dei libri non c’è niente di più prezioso di un negozio ben fornito accompagnato da semplici amenità. Devo ammettere che il mio è un concetto un po’ fuori moda, che tuttavia mi ha portato al concetto della controrivoluzione; ma tutti noi siamo d’accordo nell’affermare che le novità introdotte durante l’ultimo decennio, dalle megalibrerie alla libreria online della prima fase agli e-book, rappresentano una rivoluzione.

La vogliamo questa rivoluzione? La risposta non ha nessuna importanza: arriverà o è già arrivata. Lo storico culturale francese Pascal Fouché ha recentemente puntualizzato che il 60% del commercio librario francese al dettaglio viene soprattutto dagli ipermercati Fnac e Leclerc seguiti da Hachette e affiliati. Se a questa percentuale aggiungiamo le librerie che appartengono agli editori e alle catene di librerie minori, la cifra sale all’80%. Fouché calcola che il giro d’affari di quasi 200 librai indipendenti rappresenta meno di quello che la Fnac, che vende svariati prodotti, guadagna per i soli libri. Il potere contrattuale dei librai indipendenti presso editori e distributori diminuisce a vista d’occhio ed è inferiore a quello delle biblioteche o altre istituzioni.

Tuttavia essi possono sopravvivere e per farlo Fouché è dell’avviso che debbano prendere a prestito alcune delle tattiche degli ipermercati e della stessa Fnac, vale a dire diversificare con musica, video e multimedia; in altre parole il futuro del commercio librario è in gran parte al di fuori degli stessi libri. Senza dubbio ciò è vero soprattutto per le librerie più grandi e per i librai con maggiore ambizione.

Vi parlo della Francia, il vostro vicino, perché ovviamente divide con voi alcuni problemi e preoccupazioni. Ma quando i librai francesi guardano a nord sono sgomenti per quanto vedono. Per chi appartiene a un paese dove il commercio librario è disciplinato, l’Inghilterra appare come una giungla ed è vero che l’inaugurazione aggressiva di librerie sempre più grandi, a volte a pochissima distanza l’una dall’altra, può incutere timore, specialmente se ci si ricorda la freddezza con cui gli inglesi si sono liberati del prezzo fisso. La continua espansione di queste catene fa sì che sempre più libri siano messi in saldo, e che i prezzi siano spesso stracciati per far fronte alla concorrenza o per sconfiggerla. Tuttavia nessuno ammette di aver paura e i librai vi risponderanno che non hanno intenzione di tornare al prezzo fisso.


Recentemente un grossista inglese ha riferito quanto segue al giornale per librai The Bookseller: “Le librerie che sono sopravvissute al collasso del Net Book Agreement sanno fare il loro lavoro… il servizio ha sempre la meglio ogni volta”. E così, anche nella giungla inglese, i librai indipendenti hanno una loro chance, sopravvivono e gli analisti del commercio librario vedono un futuro per loro, se riescono a operare lontano dai supermercati del libro, se sono in grado di specializzarsi e fornire un servizio più personalizzato. Nulla vieta agli indipendenti di mettere in comune alcuni servizi, di trasmettere gli ordini congiuntamente per ottenere condizioni migliori. Fino a questo momento, nonostante la giungla, i librai indipendenti non si sono arresi e ne spuntano coraggiosamente dei nuovi. Forse ad alcuni piace la giungla e vi prosperano; forse alcuni librai inglesi particolarmente indipendenti e tosti si annoierebbero da morire in un mercato ben regolamentato come quello francese o tedesco.

Mi è consentito parlare del mio paese? Non che vi siano confronti possibili, ma ho potuto osservare che alcuni problemi americani assomigliano ai vostri. Ad esempio, i librai più piccoli in Italia e in America sono minacciati dalle megalibrerie ma in nessuno dei due paesi questi giganti della distribuzione costituiscono una minaccia alle librerie delle città minori semplicemente perché non possono operare su quella scala. Inoltre soltanto le megalibrerie più sofisticate sono in grado di tenere nel montemerci libri seri di letteratura, poesia, dramma e libri di interesse regionale, cosa che i librai indipendenti fanno sempre.

Ma addentriamoci nel modo di operare delle librerie indipendenti d’America. Confesso che traggo le mie informazioni dalla lettura del Publishers Weekly. E’ così che ho saputo di Wordsworth, una delle librerie indipendenti più conosciute, situata nella prestigiosa Harvard Square a Cambridge, nel Massachusetts, una piccola impresa colpita sia da Amazon.com che dall’arrivo invadente delle più grandi e migliori megalibrerie (Barnes & Noble e Borders). Parte della strategia difensiva che i proprietari di Wordsworth hanno scelto deliberatamente è consistita nel porre meno enfasi sui bestseller, i libri che si vendono meglio nelle catene di librerie e tramite Amazon.com, dando la preferenza a libri di letteratura di qualità e naturalmente ai libri in catalogo. Questo negozio non ha voltato le spalle al progresso, infatti si avvale della Rete per la vendita dei libri e il suo sito Web è considerato una dei dieci migliori per quanto riguarda il commercio librario americano.

Publishers Weekly sponsorizza il premio per il “Libraio dell’anno” con una cerimonia che si svolge durante la convenzione dell’American Bookseller Association e BookExpo America, la nostra fiera nazionale del libro. Il premio per il 1999 è stato consegnato a un libraio di Washington D.C., una città in cui la lettura è diffusa e dove vivono politici e giornalisti d’élite. E’ appropriato anche il nome della libreria: Politics and Prose, fondata nel 1984 da Carla Cohen e Barbara Meade, entrambe donne sposate che non avevano bisogno di far soldi, cosa che, all’inizio, ha costituito un handicap, anche se in seguito hanno imparato a lavorare con profitto. Esse dispongono attualmente di un’area di vendita di 550 metri quadrati con altri 90 metri quadri per l’inevitabile coffee shop.

Non vi sono dubbi che l’arma segreta di queste due socie sia costituita dagli eventi (un importante programma di eventi è ormai indispensabile quanto lo stesso coffee shop per il successo di una libreria americana). Quasi ogni sera dell’anno, presso la libreria Politics and Prose si tiene almeno una conferenza o vi è un autore che firma i suoi libri. Le proprietarie dirigono anche uno dei più diffusi e importanti gruppi di lettura del paese, con più di 200 gruppi affiliati, la maggior parte dei quali si incontra al di fuori del negozio per discutere di libri. Pubblicano una newsletter mensile e hanno organizzato un consiglio di consulenza (del quale fanno parte importanti clienti) per discutere il piano di lavoro della libreria. Vendono i libri tramite un sito Web, hanno una lista di clienti in e-mail che viene costantemente informata sui libri.

Lo scorso maggio Emöke B’Racz, proprietario del Malaprop’s Bookstore/Café di Asheville nel Nord Carolina, è stato eletto nuovo Libraio dell’anno. E’ un indipendente cui è stato dato credito per aver rivitalizzato l'area commerciale del centro città di Asheville. Quando il suo negozio divenne troppo famoso e assediato la B'Racz fu costretto a cercare locali più ampi, e attualmente il suo negozio occupa una superficie di 460 metri quadri. E poiché la signora B’Racs aveva incontrato molte difficoltà nel farsi concedere un prestito dalla banca per il suo nuovo negozio, quattro dei suoi clienti racimolarono il denaro, mentre altri si offrirono volontari per il trasloco dei libri della vecchia libreria alla nuova.

Il Malaprop’s Bookstore/Café non è esattamente una libreria per intellettuali; fra le sue specialità annovera libri sulla New Age, sulla filosofia orientale, sulla spiritualità e sul paranormale. E' stato anche la prima libreria in quella che viene chiamata la Bible Belt (la parte degli Stati Uniti del Sud abitata da fondamentalisti cristiani) a occuparsi di libri che trattano dell’omosessualità. Le vendite sono salite del 28% nell’anno che ha seguito il trasloco di Malaprop’s nei locali più estesi e continuano ad aumentare a un ritmo che varia dall’8 al 12% annuo. Dobbiamo proprio definirla un’eccellente libreria.

Non tutti i buoni librai vengono eletti Libraio dell’anno, tuttavia il Publishers Weekly fornisce un ampio rapporto durante tutto l’anno sui librai indipendenti che hanno avuto successo. Un caso notevole è rappresentato dal Chinook Bookshop di Colorado Springs, nel Colorado, una delle città americane che cresce più rapidamente. Chinook si è allargata assieme alla sua città e attualmente occupa una superficie di vendita 800 metri quadri e dispone di 50.000 titoli. Tutto questo è avvenuto nonostante la vicinanza di catene di negozi fra cui le grandi filiali di Barnes & Noble e Borders. Il proprietario attribuisce il merito del suo successo all’abilità dei suoi dipendenti che sono ben retribuiti e restano con la libreria. C’è anche un grosso sforzo per mantenere un ambiente gradevole, dove ci si trova fra amici . Quando iniziò la minaccia da parte delle catene, i proprietari fecero un’indagine per scoprire quali fossero i desideri della clientela. La risposta fu: “Non cambiate, ma aggiungete altre sedie”.

Naturalmente so che non basta essere amichevoli per sconfiggere la concorrenza dei grandi magazzini e dei giganti online. A volte può servire anche la solidarietà. L’American Booksellers Association ha messo a punto una rete per la vendita al dettaglio chiamata BookSense.com destinata ai suoi soci librai, che sono così in grado di trattare coi singoli clienti, praticare i propri prezzi (vi ricordo che l’America non crede al prezzo fisso) e le proprie condizioni di consegna. Anche in Inghilterra la Booksellers Association ha sviluppato un sito Web per mettere in contatto i potenziali clienti con le librerie locali. Contemporaneamente il grossista inglese Bertrams e la libreria online Bol.com offrono congiuntamente l’uso dei propri siti ai librai. I clienti possono ordinare da una libreria di loro gradimento ma l’ordine transiterà da Bol.com e verrà eseguito dal grossista.

Ci sono molte vie per il Paradiso ed è evidente che i librai indipendenti intelligenti possono imparare dai giganti. A me piace l’atteggiamento positivo della vostra Bea Marin che ha accettato la sfida che l’invasione della Fnac rappresenta per i piccoli librai. “La Fnac abituerà il consumatore italiano al servizio, servizio che spesso già è svolto proprio da questi punti vendita” ha scritto, come saprete, su La Rivisteria (giugno 2000). “Quindi, preoccupazioni sì, ma il piccolo libraio potrà trovare proprio in Fnac un alleato e uno stimolo”.

Si può aggiungere anche qualcosa sul non fare niente, sul fare soltanto il meglio possibile: potrebbe essere questa la controrivoluzione? Con la prospettiva dei grandi magazzini che minacciano i consumatori coi loro artigli e la onnipresenza del monitor del computer sempre aperto, il negozietto in fondo alla strada può avere un enorme fascino. Diventa addirittura irresistibile quando è piacevole da vedersi, quando invita ad entrarci - calmo, immobile, gradevolmente rassicurante. Tutta la passione è riservata alla disposizione dei libri sui tavoli, tutta la convinzione emana dalle espressioni del personale di vendita. Forse questo va controcorrente, contro la rivoluzione nelle vendite al dettaglio, ma è quello che io chiamo controrivoluzione.

Per concludere mi piacerebbe raccontarvi un aneddoto. Louis Tschann aveva aperto un negozietto vicino alla vecchia stazione ferroviaria di Montparnasse a Parigi nel 1928, destinata a sopravvivere per ben sei decadi, e a diventare la libreria preferita da scrittori locali come Samuel Beckett e dai lettori comuni. Sul finire degli anni Ottanta il proprietario dello stabile decise che avrebbe potuto ricavare molto di più affittando il negozio ad altre attività e Marie-Madeleine Tschann, la figlia che era succeduta al padre della conduzione della libreria, si era rassegnata all’idea di chiudere, ma la reazione dei clienti la convinse del contrario: gli editori la fornirono dei libri migliori e le altre librerie vicine a lei perorano la sua causa come se fosse propria.

Fu così che si ebbe il lieto fine: la Librairie Tschann poté trasferirsi in locali più spaziosi a due passi più ad est, lungo un tratto meno commerciale di Boulevard du Montparnasse. L’assistenza finanziaria necessaria arrivò dalla Adelc (Association pour la défense de la librairie de création), una fondazione che era appena stata creata e che annovera fra i suoi sostenitori alcuni fra i migliori editori letterari. Gli stessi editori assicurarono il rifornimento dei loro libri con pagamento a lungo termine. Dieci anni dopo l’Adelc intervenne nuovamente quando due dipendenti rilevarono la libreria dalla signora Tschann e da suo nipote, dato che la libreria era addirittura diventata una delle preferite dall’élite letteraria. Arrivavano persino dalla provincia per comprare i libri da loro. (Che sia una questione di snobismo? Non importa, ha aiutato la libreria).

I giovani proprietari non ignorano certo che esistano dei problemi. Se avessero più degli attuali 130 metri quadri, potrebbero mettere in bella vista più libri e vendere di più, forse anche aggiungere libri di facile vendita dedicati ai viaggi e alla cucina, invece non hanno posto per tenere negli scaffali tutto quello che vorrebbero. Oltre ai due soci proprietari la libreria da lavoro ad altre quattro persone, più un contabile e un fattorino. Le vendite annuali si aggirano sopra gli otto milioni di franchi ma dopo aver pagato tutti gli stipendi, compresi anche quelli dei due gestori, le rate dovute ai precedenti proprietari e a chi li aveva finanziati (vedi la Adelc, il Ministero della Cultura e l’associazione Amici di Tschann), non resta quasi niente. Stanno costruendo per il futuro.

Non esiste una libreria più tranquilla. Io vivo nelle vicinanze ma per anni non mi sono accorto che vi erano degli eventi da Tschann di tanto in tanto, cioé autori che venivano a parlare in libreria e e firmavare i libri o poeti che leggevano i propri versi. Non c’è spazio sufficiente per le sedie, ma se anche ci fosse non ricaverebbero molto utile da queste manifestazioni. Jacques Derrida è venuto a firmare uno dei suoi libri e ne ha venduto soltanto quattro copie, anche se va detto che si trattava di un libro che costava piuttosto caro, 275 franchi. (Ma hanno venduto più copie sia prima che dopo l’intervento dell’autore). Quando uno di questi eventi è importante può essere anche citato dalla stampa e allora accorre una folla di persone, ma non è il genere di persone che frequentano la libreria Tschann.

I due soci, Fernando de Barros e Yannick Poirier, riflettono sovente su queste cose. Considerando tutto quello che accade loro intorno, dovrebbero forse cercare di adattarsi? E se non si adatteranno, ci sono possibilità di sopravvivere? Uno dei due pensa che non dovrebbero nemmeno sforzarsi di adeguarsi: anche se hanno un sito Web, per esempio, non dovrebbero cercare di diventare l’ennesimo libraio che vende online. Di sicuro, dice, dobbiamo cercare di rimanere esseri umani, che ricevono altri esseri umani in un ambiente umano. Ci doteremo di tutti gli strumenti necessari, ma ci presenteremo e agiremo come abbiamo fatto da sempre. E’ esattamente quello che i loro clienti desiderano, ovviamente. E’ da qui che inizia la controrivoluzione.

(traduzione di Franca Crespi)

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