Girare in digitale
Paola Casella
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L'obbiettivo del saggio Girare in digitale (Dino Audino
Editore) - lo dice lo stesso autore, Marco Dinoi - è quello di
"delineare i contorni entro cui la produzione cinematografica si
sta muovendo, e presumibilmente si muoverà, in relazione all'uso
delle tecnologie digitali". Detto in termini più romantici,
adatti a un cinephile quale Dinoi rivela di essere, "un
nuovo mondo di immagini si sta spalancando".
Con metodo rigoroso (ma non privo di passione), l'autore procede a
esaminare tutte le peculiarità tecniche del mezzo digitale,
sottolineando le differenze fra videocamera e cinepresa 35mm: una
panoramica esauriente, anche se Dinoi si sforza di limitarsi
all'essenziale (l'intero saggio conta 120 pagine) e di non
abbandonarsi a interminabili digressioni tecniche. I capitoli di Girare
in digitale hanno titoli prosaici, come "La lente", ma
anche evocativi come "Disegnare il suono", che ricorda
"Scrivere con la luce", il titolo di un picture book assai
poetico realizzato da un artista della cinematografia (spesso definito
riduttivamente un "tecnico"), Vittorio Storaro.

L'autore spiega come con il digitale sia possibile "lavorare
efficacemente in condizioni di luce che sarebbero troppo precarie per
la pellicola", di "vedere e rivedere il risultato delle
riprese nel momento in cui sono state effettuate e/o subito
dopo", parla di crollo dei costi e di flessibilità di movimento,
e conclude: "Le telecamere digitali sono più leggere da
tutti i punti di vista; abbassano la soglia economica di accesso alla
produzione e permettono l'esplorazione di nuove possibilità
estetiche".
Secondo Dinoi il settore al quale la tecnologia digitale ha apportato
i cambiamenti più significativi (paragonabili, sempre secondo Dinoi,
all'avvento del sonoro o all'introduzione del colore nel cinema
tradizionale) è quello della post-produzione, in particolare del
montaggio (audio e video) e dell'elaborazione cromatica dell'immagine,
in termini sia di abbassamento di costi che di riduzione dei tempi che
di minor necessità di esperienza tecnica.
Ma a Dinoi perme soprattutto sottolineare le potenzialità creative
della tecnologia digitale, che consente di "sovvertire la
grammatica filmica", di operare scelte estetiche, di esplorare
"possibilità ritmiche e plastiche". "E' come
reinventare l'arte del cinema, lo capisci?", cita Dinoi da
un'intervista a Lars Von Trier, il primo regista di nome a utilizzare
la videocamera digitale per mettere in discussione le regole della
cinematografia tradizionale.
Nell'illustrare il potenziale artistico del mezzo, Dinoi si avvale di
numerosi esempi tratti dalla filmografia dei fondatori di Dogma '95,
Von Trier appunto e Thomas Vintemberg, ma cita anche registi
"tradizionali" come Cassavetes , Godard e Antonioni, per il
loro utilizzo sperimentale della tecnologia cinematografica al fine di
creare una grammativa nuova, oppure lo Stanley Kubrick di Eyes Wide
Shut e il James Cameron di Titanic, per il loro
avvalersi della tecnologia digitale a integrazione o a sostegno di
quella analogica. E l'esempio più stimolante di utilizzo creativo
della tecnologia digitale contenuto nel saggio ci viene non da Blair
Witch Project, come ci aspetteremmo, ma da Buena Vista Social
Club, girato dal regista "vecchia scuola" Wim Wenders.
Certo, l'immagine generata dalla telecamera digitale risulta spesso
estremamente artificiosa, ma anche questo può essere un effetto
ricercato da un regista innovativo che intenda "mettere in scena
proprio la meccanicità della visione". Quelli che Dinoi
definisce "difetti strutturali" dell'immagine digitale
possono dunque essere utilizzati in modo produttivo o creativo. Con
intuizione da sociologo, Dinoi arriva a suggerire che la "visione
elettronica, digitale appunto, dove l'immagine non è un continuum che
il nostro occhio percepisce ma una scomposizione e ricomposizione di
una realtà non più organica" rifletta in modo peculiare la
realtà contemporanea, frammentaria per definizione.
Per chi si intende di bit e pixel, MPEG e DVCAM, sa cosa sono i CCD
(no, non quelli di Casini) e conosce la differenza tra AVID e ADOBE, Girare
in digitale è un manuale tecnico completo e aggiornato. Per tutti
gli altri (fra cui chi scrive), è una buona infarinatura inziale,
sufficiente a fingerci addetti ai lavori, se serve.
Ciò che stupisce, più ancora della precisione dei dettagli tecnici,
è la conoscenza di Dinoi della storia del cinema, e la sua
comprensione dell'humus ideologico che accoglie determinate
innovazioni, tecnologiche ma anche concettuali. Il tutto raccontato
con una proprietà linguistica (non scontata, in un
"tecnico") e una verve espositiva che rendono accessibili
anche le nozioni più specialistiche.
Sorprende quindi scoprire, dalla quarta di copertina, che Marco Dinoi
non ha nemmeno trent'anni (è nato nel 1972) e che questo è solo il
suo secondo saggio.
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