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Il primo zapping-book, da Greeklandia a Feudlandia



Walter Veltroni




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Quella che segue è la postfazione a www.scheletri-telecom.it (idealibri) di Umberto Sulpasso

Immaginate che qualcuno, improvvisamente, abbia un'idea. Di quelle folgoranti, che sfidano il futuro, destinate a cambiare il mondo o forse no. Immaginate, chessò, l'inventore delle linguette per le lattine di Coca Cola, i Post-it, fino all'ultratecnologico sistema per migliorare il lavoro dei personal computer di mezzo pianeta. Immaginate tutto questo, e che la persona "illuminata" abbia la cocciutaggine di andare avanti per mettere nero su bianco, di modellare la creta e di lanciarsi in una sfida creativa e imprenditoriale.

Immaginate, come spesso accade, che si debba rivolgere a qualcuno, a qualcosa, che possa ascoltare, credere, produrre, investire i capitali. Immaginate tutte queste cose e poi fermatevi a pensare: dove vorreste far nascere questo novello Prometeo dell'umanità? In quale Paese, in quale regione? Meglio la California o l'Italia, Parigi o Roma?

Questo libro curioso racconta tutto questo. Racconta di una persona intelligente, nata in Italia, affermatasi all'estero; una persona appunto "curiosa", quasi una mente "politica", protesa da una parte a fare quattrini ma, dall'altra sorretta dall'idea che l'innovazione introdotta, la sua "idea", migliorerà la vita di una società, di quella società alla quale, con orgoglio, si sente di appartenere.

Il racconto, come in un film, ci fornisce personaggi che sembrano usciti da un catalogo di Hollywood degli anni Sessanta. Investigatori privati dediti alla soluzione del crimine e alla felice conquista del sesso debole; innovatori più o meno geniali nei quali non si riesce a tracciare mai il confine fra la voglia di diventare ricchi e il desiderio di vincere una sfida intellettuale; artisti che suonano il sax nelle metropolitane; valchirie pronte ad irrompere nella vita privata dei nostri eroi: Hollywood anni Sessanta, dunque, con un tocco di innovazione tecnologica da Spielberg e qualche concessione alla realtà cibernetica imminente.

Tutto bene dunque, fino al punto in cui la "fiction" dalla California si trasferisce sul suolo nazionale. E la struttura narrativa, naturalmente, si adegua, e da costruzione mentale di un mondo fantastico ed un po' iperbolico diventa riduzione dall'ipotetico alla dimensione operativa. Riduzione, sia ben chiaro, che è la vera sfida della moderna società-cibernetica. Che cosa sarebbe altrimenti la fantasia cibernetica se non fosse capace di trasformarsi in realtà? Un gioco fine a se stesso. Una "fuga" verso l'asocialità. Uno "scherzo" intellettuale senza conseguenze. E invece è di conseguenze che è alimentata e vive la moderna società tecnologica.

La sfida è tutta qui. L'autore lo sa bene: le idee circoleranno in abbondanza ovunque, riportando in auge i fasti dell'antica Grecia, nella cibernetica Greeklandia mitizzata dall'autore, dove i territori intellettuali sono ormai senza più frontiere. Chiunque, in qualsiasi posto si trovi, potrà sapere qualsiasi cosa, e chiunque, da qualsiasi posto si trovi, potrà contribuire alla circolazione della materia prima fondamentale del secolo XXI, vale a dire il sapere e la cultura. Ma se il sapere circolerà fresco ed abbondante, dalle cime del nuovo Olimpo cibernetico, lo sviluppo economico - ben lungi dall'adeguarsi a questa nuova ricchezza - erigerà dighe sempre più difficili da superare, palizzate sempre più ardue da scalare, perché lo sviluppo economico si verificherà solo ed esclusivamente nei paesi dove queste idee sapranno trasformarsi in processi produttivi nuovi ed in prodotti tangibili. E' questa la nuova sfida che ci attende, come società e come individui.

Ora che questa cultura da noi manchi non è mistero. E del resto il cinema, specchio della vita, riflette tutto questo. John Wayne, da noi non c'è. C'è Brancaleone. Gli eroi del nostro immaginario collettivo, così come risultano dalla nostra antologia cinematografica, sono bonari, spacconi, furbi. Intendiamoci, si tratta di personaggi dalla umanità straordinaria. Ma non si vive di solo pane. Specie quando la società moderna, almeno per i paesi industrializzati, il problema del pane lo ha superato da un pezzo.

La differenza è fra la conquista della frontiera e la sopravvivenza. Ecco perché Bill Gates - l'uomo più ricco d'America a soli quaranta anni - ha fatto sognare milioni di americani, perché la sua è la continuazione ideale del far west, perché, come un tempo John Wayne, anche lui va all'assalto di nuove frontiere, solo che la nuova frontiera da raggiungere e da conquistare, avendo raggiunto da tempo i confini fisici della costa occidentale, non è più una frontiera fisica, ma una intellettuale. E l'insegnamento che dovremmo sforzarci di cogliere dal successo di Bill Gates è la nascita dei cento cinque miliardari che Bill Gates ha creato come sottoprodotto della sua capacità innovativa. Centocinque studenti di college, ingegneri, operatori grafici, visualizzatori, tecnici del suono, insomma persone assolutamente comuni, che avendo sposato la cultura dell'innovazione sono diventati miliardari.

Un esercito di innovatori sempre in funzione, quotidianamente impegnati a corrodere la realtà quotidiana per rinnovarla. E del resto in California, nella ormai mitica Silicon Valley, si calcola che in un ventennio ci siano state più di centomila invenzioni che si sono trasformate in prodotti commerciali. Baker, famoso economista dell'epoca kennediana, aveva fotografato perfettamente questo fenomeno nell'espressione "human capital resources", capitale umano, nel quale occorre investire per arricchire il paese. Perché Baker capì, e spiegò, che in questo secolo, e ancora più in quello imminente, la differenza nel benessere dei popoli, la fa la capacità di innovare.

Ed ecco spiegato perché la "fiction" s'inceppa. Nel compiere il tragitto dalla California alla nostra Italia la tela arabescata del racconto fantastico si straccia per lasciare intravedere squarci di immagini del nostro reale scostanti e deprimenti. La trama è affascinante, ma non appena la superficie si incrina, non appena la tela soffre piccoli strappi, subito si intravedono squarci da Feudlandia. Territori ancora governati da Baroni. Imprese pubbliche che invece di contribuire a produrre miliardari, come fa Bill Gates, sopprimono l'iniziativa privata anziché alimentarla.

Fra la cultura di territori intellettuali senza frontiere - Greeklandia - e quella dei territori caratterizzati dalla volontà incontrollata del signorotto locale - Feudlandia - si apre un conflitto in cui, per ingenuità o stupore, ma soprattutto forse per irriverenza verso gli ordinamenti feudali, chi cerca di innovare perde, e chi vince è l'ordinamento feudale. La "fiction" si trasferisce sul tavolo anatomico perché ad ogni strappo della tela, viene inquadrata una realtà sottostante da incubo. Ed è per questo motivo che la storia diventa vivisezione ed il racconto diventa anatomia di un mondo forse destinato ad essere superato, ma che vive e sussiste tuttora, governa e fa rispettare le proprie leggi anacronistiche.

Questo libro ha una struttura particolare, quasi uno zapping-book. Non è una definizione azzardata, ma la sola che viene a mente immergendosi nelle esplosioni creative dell'autore. Piccoli cammei, attenzione al particolare, il tutto per raccontare di un fallimento italiano, dell'incontro infelice di ingegno e burocrazia. Insomma di una storia di intoppi, di frenate e porte sbattute in faccia. L'idea non passa, non buca, non trova aiuto. "Inventore" in tutto il resto del mondo, l'eroe dell'impresa si ritrova "sognatore" in Italia. Si scontra non solo con la burocrazia del pubblico, ma anche con la mancanza di rischio delle grandi e medie imprese, delle banche.

Questo perché - diversamente da quanto accade altrove - qui da noi il cervello non basta. Serve altro, servono garanzie o amicizie, sicurezze e protezioni. Tutte cose che spesso chi pensa non ha. D'altra parte, come direbbe Totò - non è pagato per questo. E così, chi pensa se ne va, va all'estero, emigra, portando con sé quell'idea. A noi lascia, come in questo caso, uno sfogo ironico e intelligente. Lascia il rammarico e la delusione. Storie che non vanno dimenticate quando si parla di pari opportunità, di libertà d'impresa, troppo spesso confusa con la libertà a mantenere stagnanti monopoli (pubblici e privati). E allora capita - e questo libro ne è una paradossale testimonianza - che la crisi italiana degli ultimi venti anni, di Tangentopoli, del mancato ricambio politico e del grave difetto dell'alternanza negata, si traduca anche in silenziosi, ma non per questo meno importanti piccoli fallimenti personali.

 

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