La speranza è un Euro-islam
liberale
Bassam Tibi con Nina Fürstenberg
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“La nostra speranza è l’Euro-islam. “Euro-islam”, Bassam
Tibi scandisce la parola che rappresenta il suo concetto chiave, un
concetto con il quale è bene che cominciamo a familiarizzare.
Perché, spiega, “o si sviluppa un Islam di tipo europeo tra gli
immigrati musulmani (capace di imparare la tolleranza, il
pluralismo, la democrazia) oppure dovremo vedercela con la pretesa
di islamizzare l’Europa”.
Bassam Tibi è un intellettuale liberale, musulmano, tedesco di
origine siriana, carriera accademica tra Göttingen, Harvard e
Berkeley. Famoso in Germania per i suoi libri, articoli e dibattiti
in tv, sconosciuto o quasi in Italia (fa eccezione un suo libricino
sul Fondamentalismo uscito qualche anno fa da Bollati
Boringhieri). Su “Reset” compare un suo saggio in cui
spiega che l’Europa deve farsi attivamente “campo di
addestramento alla democrazia” se non vuole rimanere campo di
addestramento per Al Qaeda.

“O l’Europa cambia l’Islam o l’Islam
cambierà l’Europa”. Parole forti, realistiche, con una vena di
pessimismo, sulla bocca di un musulmano liberal che conosce la sua
religione, i suoi tratti illiberali, ma sa anche che l’Islam può
cambiare “sul terreno”, come è accaduto, e accade, in Francia,
in Senegal, e altrove.
Un momento, professor Tibi, ma sta nascendo questo Euro-islam? O
è solo un sogno?
In Italia e in Germania non ci sono imam che si
preoccupino di valori come la tolleranza, il pluralismo, la
democrazia, i principi liberali, ma in Francia per esempio sì, ci
sono. A Parigi c’è l’imam Boubakir, a Marsiglia Bin Scheich, e
anche il filosofo Mohammed Arkoun. Sono presenze fondamentali.
Queste persone stanno costruendo le basi di un Euro-islam. Il
problema è quello della formazione degli imam, che deve avvenire
qui. In Olanda è agli inizi un esperimento di formazione che
coinvolge lo Stato. E’ un processo difficile ma decisivo.
La sua storia personale è quella di un musulmano immigrato,
diventato un pensatore liberale attraverso il confronto con i valori
occidentali. Ci spieghi dove vede punti di tensione tra il
liberalismo e l’Islam.
La tensione, se la formuliano secondo la moderna cultura europea,
riguarda soprattutto due ambiti: quello dell’individuo e quello
dell’ambiente. Non è stato sempre così: è solo a partire da
Cartesio, dal XVII secolo dunque, che nasce quello che gli europei
chiamano principio di individuazione, in base al quale l’essere
umano viene concepito come individuo, come soggetto separato dallo
Stato e dalla società. Nell’Islam, invece, l’essere umano è
parte integrante della Umma (la comunita’ dei fedeli): come
musulmano, sono parte della Umma islamica, e senza la Umma non sono
nulla. Ecco il primo punto di attrito, quello che determina tante
difficoltà nell’integrazione dei musulmani in Europa: la mancata
differenziazione nell’Islam tra individuo e comunità.
E il secondo punto? Che cosa vuol dire quando parla di ambiente?
Voglio dire che l’Islam è una religione organica, che tende a
creare con la società una relazione organica, un ambiente in cui
non si riesce a separare la Chiesa dalla società come avviene per
il Cristianesimo, per l’Ebraismo ed altre religioni. Di fatto nell’Islam
non c’e’ la Chiesa e senza Chiesa non c’e’ separazione tra
Chiesa e società, tra Chiesa e Stato; senza Chiesa non c’e’
laicismo. Questo significa che i musulmani non devono soltanto
seguire la fede in Dio e i riti, ma anche molteplici prescrizioni
che riguardano tutti gli ambiti dell’esistenza. Questo aspetto è
quello che deve essere mutato attraverso una riforma dell’Islam.
Rispetto a quello che è l’Islam in Europa, lei invita a non
minimizzare le differenze. È paradossale, lei islamico liberale
insiste sulla differenza. Ma le sue idee non sono la dimostrazione
che un incontro è possibile?
Certo, un Islam liberale esiste, è una possibile interpretazione
dell’Islam, ma essa non ha ancora preso piede in nessun paese
europeo. Nel 1950, vivevano in Europa 800.000 musulmani, soprattutto
in Francia e in Gran Bretagna. Nel 2000 erano 15 milioni, e il 17
settembre di quest’anno 17 milioni. Ciò significa che nel 2035
potrebbero diventare 40 milioni. Se in Europa non si riuscirà a
sviluppare e a diffondere un Islam liberale, tutte le tensioni che
già esistono potrebbero creare problemi molto seri. Perciò è
interesse comune dei musulmani e dell’Europa lavorare ad un’idea
liberale dell’Islam, che permetta di trovare una base condivisa.
Se poi, un Islam liberale sia possibile anche nei paesi islamici, è
un altro problema. Su questo sono scettico.
Come determinare un’evoluzione dell’Islam in senso liberale?
Pensa che siano più utili azioni politiche, oppure iniziative
inter-religiose, oppure programmi economici, di studio, istruzione,
educazione civica da parte dei governi europei?
Il primo compito spetta ai musulmani, gli europei possono fare poco
o niente. Sono i musulmani che devono lavorare ad una nuova
interpretazione dell’Islam, che soddisfi le seguenti premesse: in
primo luogo, separazione tra religione e politica, e accettazione
del laicismo. Se questo non è possibile, allora una pacifica
coesistenza di musulmani e non-musulmani in Europa non è possibile.
Io sono musulmano nella mia sfera privata, ma nella sfera pubblica
sono cittadino, citoyen. La seconda premessa è l’accettazione
di tutti i diritti umani. Nell’Islam esistono diritti umani
collettivi, ma non individuali, come per esempio l’uguaglianza tra
uomo e donna, oppure la libertà di culto. E in terzo luogo, il
pluralismo religioso e culturale: nell’Islam non c’è alcuna
posizione pluralista anche se c’è più tolleranza che nel
Cristianesimo.
Può chiarire meglio questo punto della differenza tra tolleranza
e pluralismo?
I musulmani sono tolleranti, nel senso che accettano i cristiani e
gli ebrei come minoranze; si sentono obbligati a tollerarli, ma non
sono pluralisti, in senso democratico, nel senso che non accettano
il principio in base al quale i fedeli delle diverse religioni -
siano essi ebrei, cristiani, musulmani - oppure gli atei, debbano
tutti essere considerati esseri umani a pari titolo e di pari
valore. Questo tipo di pluralismo, nell’Islam, non esiste.
Lei si propone un compito arduo, la riforma dell’Islam in
Europa. Ma sarà possibile?
Ho formulato nel 1992 il concetto di Euro-islam, che è apparso su
testi francesi ed è entrato in circolo e ci sono religiosi islamici
che lo sostengono a Parigi o a Marsiglia. Essi sostengono un Islam
europeo esattamente come io l’ho descritto qui. Ma in Germania, in
Italia e in Svizzera, tra i musulmani domina una cultura opposta,
quella della Lega delle comunità di moschea.
Quale ruolo gioca la sua idea della Leitkultur, della ‘cultura
guida’?
Leitkultur corrisponde a quello che in italiano potete
chiamare “cultura di riferimento”. E la cultura di riferimento
è quella della democrazia, dei diritti umani, della società civile
distinta dalla sfera religiosa. E non - come erroneamente è stata
interpretata da qualcuno in Germania - come cultura “egemonica”.
La parola migrazione nell’Islam è ‘hijra’ e nel Corano
è riferita al Profeta, che nell’anno 622 emigrò dalla Mecca a
Medina per diffondere l’Islam.
Ovunque un musulmano emigri, è suo dovere istaurare e diffondere l’Islam.
Ma questo per l’Europa non è accettabile. Personalmente, come
musulmano, pretendo dall’Europa tolleranza per noi, ma tolleranza
non significa che noi possiamo islamizzare gli altri. La formula che
ho elaborato è: tolleranza e difesa. Dialogo con un Islam
tollerante e interpretato in chiave liberale. L’Europa si apre per
i musulmani che vogliono vivere in Europa anche da cittadini, ma se
i musulmani vogliono islamizzarla, allora l’Europa ha il diritto
di dire no. L’Europa ha una propria identità, che è occidentale
e laica, e non islamica. E’ necessario mettere in atto una doppia
strategia, e questa strategia consiste nel dialogo e nella difesa.
Ma il dialogo con l’Islam è davvero possibile nei termini che
lei propone, per liberalizzarlo?
Dialogo significa, per i musulmani, chiamata all’Islam. La
comunicazione è molto difficile tra persone che provengono da
culture così diverse, perché esse con gli stessi concetti
intendono cose diverse a seconda dei diversi casi. Ad esempio, in
Europa dialogo significa scambio intellettuale; nell’Islam esso
significa ‘da’wa’, chiamata all’Islam, e questo
specie per gli ortodossi. I cristiani non lo sanno e ci cascano. Ma
l’Europa deve rifiutare questo genere di dialogo. Esiste il
dialogo menzognero, e questo non è certo il genere di dialogo
auspicato.
Gli emigrati della terza generazione in Germania si presentano a
volte più chiusi e tradizionalisti di quelli delle generazioni
precedenti.
Quando persone di una cultura si trasferiscono in paesi che
appartengono a un’altra accade che o si adeguano - fosse anche
nella seconda o nella terza generazione - e diventano parte
integrante della nuova società oppure si rifiutano di farlo. In
Germania, i turchi sono già alla terza generazione dall’arrivo
nel paese e vediamo che entrambi i casi sono possibili. Anche in
America si presentano le due vie: diventare americani o rimanere
estranei e alimentare la cultura della diaspora, gruppi che restano
separati, le chiamano ‘gated communities’, comunità
chiuse in se stesse. In Germania, tra i Turchi ci sono quelli che si
sono integrati, che vivono in modo moderno e liberale, e che non
pregano più cinque volte al giorno, mentre altri non riescono a
sopportare questo stato di estraneità, e costruiscono comunità
parallele, che sono poi una sorta di ghetto.
Come Kreuzberg, a Berlino.
Che è un quartiere interamente turco; vi si vive come in
Turchia. Non c’è alcuna integrazione, né adattamento. Simili
comunità chiuse esistono anche tra gli iraniani o gli arabi in
Germania. L’11 Settembre è stato programmato e progettato per
cinque anni proprio all’interno di una di queste comunità
tedesche. Qui non si tratta già più di tolleranza, ma di vero e
proprio rischio per la sicurezza.
Non c’e’ più allora una enorme differenza tra il paese del
melting pot e l’Europa delle differenze?
La società americana ha un’identità molto forte ed è molto
capace di facilitare l’integrazione. I miei fratelli e sorelle
musulmani che vivono in America, sono per la maggior parte diventati
americani, e si definiscono di fede islamica americana. La società
europea non è altrettanto capace di favorire l’integrazione. Ad
esempio, io vivo da 40 anni in Germania, dove posso considerarmi una
persona di successo, e tuttavia la gente non mi considera tedesco,
sebbene io vorrei essere considerato tale. Ma ti chiami Bassam Tibi
e sei musulmano, e dunque non puoi essere tedesco, sei solo un
siriano con un passaporto tedesco.
L’Europa rimane allora meno capace di integrare?
Non ci si integra qui. Non sono, dunque, solo i musulmani a
dover cambiare, ma anche gli europei. Gli europei devono diventare
più capaci di favorire l’integrazione di coloro che la
desiderano. E ci sono musulmani che lo vogliono. So bene che non
sono la maggioranza. Il che vale anche per l’Italia, dove si sono
individuati molti seguaci di Al Quaida. Io valuto che due terzi
degli islamici d’Europa non desideri affatto integrarsi, ma
bisogna tener conto che questo dipende anche dal fatto che le
società europee non forniscono una forte identità e non sono in
grado di favorire il processo di integrazione. Diciamo che le due
parti si mettono i bastoni tra le ruote vicendevolmente. La
capacità di favorire integrazione produce desiderio di integrazione
e il desiderio di integrazione rafforza la capacità di integrare. E’
un processo di cui sono responsabili entrambe le parti: francesi,
tedeschi, italiani, belgi, alla stessa stregua dei musulmani.
Lei ha lavorato ad Harvard con Samuel Huntington, che nel
frattempo è diventato celebre nel mondo, con la sua tesi del “Clash
of Civilizations”.
Ma la mia posizione non è la stessa di Huntington, anche se abbiamo
lavorato insieme per cinque anni. Guardi, una posizione opposta a
Huntington è quella di Fukujama, il quale ha creduto invece che nel
XXI secolo tutta l’umanità sarebbe stata americanizzata e avrebbe
mangiato da McDonald’s, con il che la storia sarebbe finita. Io
viaggio molto e constato invece che in ogni luogo gli uomini sono
diversi, hanno idee diverse e immagini del mondo diverse. Huntington
ha avuto ragione nel sostenere che le diverse civiltà hanno diversi
punti di vista, e che esse possono esplodere, appunto con un ‘clash’.
(Attenzione lui non parla solo di conflitto tra le culture, che c’è,
bensì di esplosione delle civiltà. Di questo parlo anch’io).
Ci sono conflitti di valori, e Huntington ritiene che alcune
concezioni occidentali - come la democrazia, i diritti umani - non
siano trasportabili in altre civiltà. E qui, la mia opinione è
diversa; intendo dire che anche nell’Islam è possibile sviluppare
ed accogliere sia i valori umani occidentali, che la democrazia. Il
mio libro ‘Preventing the Clash of Civilizations’, che ho
scritto insieme all’ex Presidente della Repubblica federale
tedesca, Roman Herzog, è un libro critico di Huntington. Il dialogo
può impedire il clash e costruire ponti, ma è essenziale
che sia un dialogo sincero non menzognero, come accade oggi tra gli
islamismi e la Chiesa cattolica.
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