Procreazione medica assistita e
rappresentazione della genitorialità:
una mitologia priva di immagini
Brigitte Allain-Dupré
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Procreazione medica assistita e
rappresentazione della genitorialità:
una mitologia priva di immagini
Quello che segue è il testo dell'intervento della psicoanalista
Brigitte Allain-Dupré al convegno "Lo Spirito d’Europa:
sfide globali e identità nazionali", che si è svolto al
Castello di Capalbio venerdì 26 luglio.
Si tratta di un momento della vita degli individui segnato dalla
particolarità della loro cultura e dal peso simbolico delle
rappresentazioni che essi ne creano: parliamo della creazione di una
discendenza, cioè della procreazione. Oggi, se in tutte le culture
è noto che per procreare è necessaria l’unione fisica di un uomo
e una donna, non per questo la questione essenziale di ogni
esistenza - quella delle origini - si è esaurita, senza mancare di
interrogarsi anche sulla questione dell’etica della clonazione.
Interessarsi al mito delle origini che l’individuo crea per capire
il senso della sua vita o per capirne le difficoltà, è stato il
centro delle elaborazioni della psicoanalisi sin dalle sue origini.
Oggi lo psicanalista continua ad osservare quanto personali e
singolari siano le colorazioni mitiche date alle origini, anche se
possono trovarsi dei motivi comuni al fondo culturale dell’umanità.
I bambini nell’Europa occidentale di oggi sono svezzati con
"informazioni sessuali" che i genitori moderni e
responsabili si sentono in dovere di trasmettere. La scuola a sua
volta collabora, nel caso in cui i genitori si sentissero a disagio
nel trovare le parole giuste. La televisione, la pubblicità, tutto
- nel vivo della cultura - mette sin da piccolo il bambino in
contatto con la nozione di coito, in particolare eterosessuale - ma
non solo - ed in seguito con uno dei suoi corollari, cioè la
procreazione.
Malgrado ed accanto a queste informazioni, è interessante
constatare che nella mente del bambino di oggi, resta uno spazio non
trascurabile per la creazione di fantasie mitologiche che gli
permettono di darsi una spiegazione sull'origine dei bambini. Queste
fantasie sono soggette a delle variazioni tematiche da una cultura
all'altra, ma il fondo comune è spesso organizzato attorno a dei
motivi tipici, in particolare quelli legati all'oralità, in assenza
di una conoscenza precisa dei territori del corpo, specialmente del
corpo femminile, investiti per la riproduzione.
Ciononostante oggi si constata che la dimensione culturale, nella
dimensione della condivisione del senso comune - a proposito della
questione dell'origine - è profondamente alterata dalle recenti
scoperte nel campo della procreazione assistita e dalle applicazioni
nel campo dei problemi di fecondità, sia maschile che femminile.

In effetti, ciò che appariva un tempo come il
mistero della natura, o un dono di Dio, in seguito come un
avvenimento naturale e vissuto come "normale" in una
coppia bisessuale, è diventato per alcune coppie che provano al
contempo, il desiderio di avere un bambino e la difficoltà a
riuscirvi, un reale lavoro di apprendimento e di sottomissione ad
alcune tecniche mediche altamente specializzate. Questo percorso
inserisce di colpo delle condotte specifiche che non hanno nulla in
comune con il metodo naturale di concepire i bambini e queste
condotte acquisiscono un peso simbolico estremamente forte nella
vita cosciente ed incosciente di coloro che vi si sono sottomessi.
Non resta che osservare l'apparire delle parole nuove che ormai si
inseriscono nel discorso di ordinaria amministrazione riguardo la fabbricazione
di alcuni bambini; parole come stimolazione, prelevamento,
impianto, reimpianto, dosaggio, ecografia, congelamento,
soprannumerario, riduzione, ecc.
Queste procedure talvolta rinviano a delle tecniche talmente
sofisticate che la comprensione del loro utilizzo e del loro
funzionamento rischia di sfuggire a taluni che le sopportano, col
rischio di renderli attori passivi di una storia che va al di là
della loro comprensione.
Per altri, al contrario, secondo un potente movimento di adattamento
e di integrazione culturale, queste procedure saranno rapidamente
vissute come banali, ordinarie; questa apparente banalizzazione si
spiega nella necessità di sopportare meglio il senso di
estraneità, se non l'effetto traumatico. Allora vedremo le parole
di un vocabolario specializzato insediarsi nel discorso della vita
corrente : "il tentativo" è ormai la parola in
codice che significa, nel vocabolario di certe coppie, che essi
stanno provando ad avere un bambino in questo contesto di
procreazione assistita.
Eppure, se nuove parole stanno per apparire, bisogna considerare che
non rinviano a nient'altro che a della tecnologia, e non alla
cultura estesa, viva e condivisa: nessun romanzo, nessun film,
nessun fiaba per bambini, nessun creazione culturale insedierebbero
immagini diverse da quelle mediche, nelle nostre rappresentazioni
personali e collettive.
La mia posizione di psicanalista, in quanto osservatrice
privilegiata, mi ha messo all'ascolto di questi problemi intimi nei
quali si fondono i temi della sessualità, del corpo, del senso
delle origini e, naturalmente, della genitorialità.. I miei
pazienti adulti, uomini e donne, ma anche bambini nati da queste
tecniche, mi hanno insegnato ad ascoltare questi nuovi problemi che
mi aprivano un mondo di nuove riflessioni. Il mio punto di vista non
ha dunque niente di scientifico, nel senso delle statistiche; è
invece quello di una psicoanalista che si confronta con ciò che è
in gioco, a livello cosciente ed incosciente, nella procreazione e
nella riproduzione, in questo contesto speciale della sua “medicalizzazione”.
D'altra parte, la popolazione con cui ho a che fare è soltanto
rappresentativa delle difficoltà e dei fallimenti legati
all'impresa della fabbricazione di un bambino, ma non
necessariamente.

Quando l'annuncio sarà stato fatto confermando
un'impossibilità a procreare secondo i metodi naturali, la
sorpresa, la costernazione e la tristezza, e ciò che noi chiamiamo
"lavoro del lutto", sarà spesso compensato dalla
proposizione fatta dal corpo medico di un ricorso ad altri metodi
che si potrebbero definire sovrannaturali per rimediare, se
non cancellare, lo smarrimento, ma soprattutto la ferita che
rappresenta l'impossibile fertilità naturale.
Entrando da lei, l'angelo Gabriele disse: “Rallegrati, colmata di
grazia, il Signore è con te”.. A questa parola fu turbata e
pensava che genere di saluto fosse mai quello. E l'angelo le disse:
“Non temere, Maria poiché hai avuto grazia presso Dio; ed ecco,
concepirai e partorirai un figlio, che chiamerai Gesù.. [...] Disse
Maria all'angelo: “Come sarà questo, poiché non conosco uomo?”.
Rispondendo l'angelo le disse: “Lo Spirito Santo verrà su di te e
la potenza dell'Altissimo ti adombrerà.(1)
A distanza di vent'anni, considerando l'esperienza delle coppie
che hanno dovuto vivere la procreazione assistita, ciò che emerge
con maggiore pregnanza dalla mia esperienza, è la mancanza di
rappresentazioni preliminari e anticipatrici della stessa assistenza
medicale. La mancanza in questo caso si traduce soprattutto
attraverso l'impossibilità di avere accesso a immagini, sensazioni
o parole, riguardo a dei dati che sono comprensibili solo attraverso
l'interpretazione medica. Tutto si svolge come se il percorso non
fosse segnalato da alcun riferimento all'immaginario che le
generazioni di donne e di coppie si trasmettono a proposito
dell'esperienza della maternità e della genitorialità.
Per quanto riguarda la procreazione assistita, i segnali sono ancora
sconosciuti, in qualche modo adombrati, e colpisce udire nel
discorso dell'arcangelo che un valore positivo è dato al potere
dell'ombra, al quale Maria dovrà sottomettersi con fiducia.
Oggi, potremmo considerare la domanda posta a Maria dall'arcangelo
Gabriele come il paradigma di tutte le domande rimaste nell'ombra :
"Com'è possibile?"
Dopo una lunga e attenta osservazione delle rappresentazioni della
nascita di Gesù nel corpus immenso della pittura del Rinascimento
europeo e, senza temere di apparire iconoclasti, sono stata molto
colpita dalla pertinenza e dall'attualità delle domande poste da
Maria riguardo ai problemi che ci impegnano oggi.
In effetti, per le madri di oggi, tutto sembra realizzarsi nello
stesso modo, che nello racconto degli evangelisti. Come se il corpo
medico rispondesse "come procreare" - sottintendendo un
bambino - alla domanda "cos'è procreare?", perché si è
osservato che molto spesso l'infertilità non viene interrogata nel
suo senso di prospettiva, ma è piuttosto considerata come una tara
che deve essere necessariamente corretta.
Più spesso la donna, ma anche la coppia, si troverà sola di fronte
ad un corpo medico potente e sapiente che lei vive come severo, che
si impossessa della sua fecondità e della sua fertilità come di un
oggetto in sé. Questa fertilità diventa per lei l'oggetto di
pensieri tecnici, non più legato a delle sensazioni corporali
intime e segrete. Come se la donna non riuscisse a tenere nel suo
corpo il bambino, ma questo si reggesse piuttosto attraverso un
potere astratto.
Le pratiche che vengono proposte, rimandano la donna e la coppia ad
un'immagine del corpo, della fecondità e dei meccanismi biologici
della gravidanza che incespica su di un deserto simbolico, un vuoto
d'immagini legate all'esperienza comune della procreazione: in
effetti, niente li ha preparati, né culturalmente, né
interiormente, a concepire un bambino in modo così precisamente
scientifico. La funzione oggettivante della procreazione assistita -
e soprattutto quando dura diversi mesi, se non diversi anni - per il
ricorso al impianto, e poi ai dosaggi, alle analisi come alle
immagini ecografiche, informa e induce progressivamente ad una
comprensione e ad una rappresentazione nuova che l'uomo e la donna
hanno del proprio corpo, dei suoi funzionamenti fisiologici, della
loro sessualità e del loro desiderio di avere un bambino. Questa
induzione di rappresentazioni "importate" dal campo medico
non viene a combinarsi né a integrarsi con delle rappresentazioni
simboliche personali e/o mitologiche collettive del funzionamento
del corpo riproduttore, che sarebbero state precedentemente e
solidamente investite. Si organizzano nelle rappresentazioni intime
in quanto corpi estranei, interiorizzati, ma appartenenti ad una
sintassi esogena.
Tutto allora si svolge come se, tra le storie che venivano
raccontate ai loro genitori o ai loro nonni quando erano bambini -
per esempio che le cicogne portavano i bambini col becco, dei bimbi
che nascevano tra i cavoli e le bimbe tra le rose, erano cose che
avevano la funzione di lasciare che il bambino scoprisse
progressivamente la realtà e la concretezza del coito parentale - e
le storie attuali di paillette di seme scongelate e di
impianto di ovociti fecondati, non c'era continuità semantica. Non
si sono mai visti disegni di paillettes di seme congelato
sulle partecipazioni delle nascite né ricami di ovociti stilizzati
sul corredino dei neonati!

Si capisce allora che tra una disconoscenza ed una
incultura legate alla rimozione dell'immagine del corpo e della
sessualità e la conoscenza oggettivante che passa attraverso il
transito della medicalizzazione, esiste il rischio che lo sviluppo
attuale di tali tecniche possa promuovere un rapporto con il corpo
regolato da criteri esclusivamente meccanici e a-simbolici. Questo
rischio è potenziato dal movimento generalizzato dalla
standardizzazione delle procedure mediche nell'insieme dei paesi
occidentali, che occulta ovviamente il sostrato psico-culturale nel
quale vivono le persone che ne sono coinvolte.
La problematica della trasmissione della vita, più che ogni altra,
imponeva lei stessa il rispetto delle particolarità
dell'immaginario familiare, culturale, regionale, ecc… Cosa vuol
dire oggi, farsi stimolare a Torvergata, impiantare a Paolo Alto, e
partorire a Marsiglia?
Sul piano individuale ma anche collettivo, ci si avvia in un
mondo nel quale la madre non può più iniziare sua figlia,
trasmettere e condividere il racconto di un'esperienza vissuta che
le permetteva di sentirsi partecipe, allo stesso modo di sua madre,
della messa in opera genealogica della sua propria identità di
madre. Il ricorso alla conoscenza organizza l'esperienza, la
normalizza e la uniforma; la parte del collettivo e della
pluricultura è cancellata in favore della cultura medica in modo
esclusivo. Le fatine buone attorno alle culle sono sostituite da
un'équipe medica.
Le testimonianze delle persone, uomini o donne, che hanno vissuto
questa esperienza specifica di procreazione, ci hanno permesso di
mettere in evidenza la soluzione mitologica spesso
esplicitata dal loro percorso medico; noi l'abbiamo chiamata
tematica "dell'Immacolata Concezione".
Noi chiamiamo in questi termini la possibilità che si presenta ad
alcune donne e coppie di fare rientrare l’arrivo della
fecondazione nel quadro simbolico del miracolo. Ci sono diverse
ragioni: la prima è la dissociazione tra l'atto sessuale che unisce
la coppia nel suo desiderio reciproco, e la concezione del bambino
che è gestita altrove, in una fredda esternalità.
La seconda ci sembra essere un'interpretazione mitologica che
protegge dal fantasma eminentemente ansiogeno d'una intrusione del
potere medico fecondante all'interno stesso del corpo; intrusione
vissuta come fosse di tipo maschile, anche se la procreazione
assistita è praticata da medici donne.
In ultimo, la de-connessione tra l'atto sessuale e la fecondazione
aumenta la percezione del carattere aleatorio di quest'ultima, che
può dunque sopraggiungere perfino quando la coppia non ha relazioni
sessuali.
Il fantasma "dell'Immacolata Concezione" permetterebbe
allora di tenere a distanza l'angoscia di una fecondazione generata
dallo stesso medico (o da una sorta di "corpo medico") e
di permettere al padre, biologico o no, di prendere il suo posto di
padre nel rapporto simbolico ed affettivo con la madre e col
bambino. Non dimentichiamo il primo pensiero di Giuseppe, quando
apprende che Maria è incinta.
Così avvenne la nascita di Gesù Cristo: essendo sua madre
promessa sposa a Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme,
concepì per opera dello Spirito santo. Giuseppe, suo sposo, essendo
giusto e non volendo ripudiare, decise di lasciarla in segreto...
In questa configurazione mitologica quando il bambino nasce, è
messo in modo particolare al centro della scena, non più coniugale
e/o familiare. In effetti, la procreazione assistita, rispondendo
all'assoluto desiderio di avere un bambino, fa sì che l'opera
comune di coppia unita sia messa in secondo piano a beneficio della
performance medicale riuscita.
Anche se Maria ha il dovere di essere "madre di Gesù",
cioè di un bambino incarnato ed umano, e non "madre di
Dio", i genitori dei bambini nati dalla procreazione assistita
dovranno a volte ridimensionare le loro emozioni di genitori per
offrire al loro bambino un vero incanto di genitori che sfumi la
forza dell'incanto (legittimo, indubbiamente) davanti al miracolo
della tecnologia medica che il bambino incarna: essere riusciti in
ciò che la natura dichiarava impossibile!
Il paradosso che ci insegna la psicoanalisi è che i bambini hanno
bisogno di essere amati dai loro genitori come dei bambini
meravigliosi … ma allo stesso tempo ordinari a cui si dà da
mangiare, a cui si lava il sedere e che si fa addormentare.
Se siamo interessati a questa figura simbolica "dell'Immacolata
Concezione" è perché essa permette di osservare il posto dato
alla madre, al bambino e alla figura paterna. Scegliendo di
illustrare la nostra analisi con qualche elemento iconografico della
Vergine Maria e del bambin Gesù nella pittura del Rinascimento,
abbiamo voluto mostrare che questa tematica della madre con il
bambino-re e quella del padre spesso escluso, è al centro delle
rappresentazioni della nostra cultura europea.
È interessante constatare che nella pittura laica della stessa
epoca, il bambino è rappresentato nella sua appartenenza culturale
e familiare ad un ampio gruppo, mentre il bambin Gesù sembra
essere, con i suoi genitori, il primo rappresentante della famiglia
nucleare, se non proprio mono-parentale.
Questo ponte audace che stabiliamo tra la rappresentazione della
"Santa famiglia" e quanto è in gioco nella
procreazione assistita, vorrebbe far emergere un legame discorsivo e
simbolico che potrebbe animare il vuoto mitologico che regna oggi, a
questo proposito, nella cultura.
Animare significa, all'occorrenza, permettere a una diversità di
forme e immagini di investire la procreazione assistita non solo
come fenomeno medico ma anche come fenomeno culturale, nell'ambito
delle tradizioni dei diversi paesi d'Europa. Per arrivarci occorre
promuovere lo sviluppo di questi temi tra i media che si rivolgono
alle famiglie, e soprattutto ai bambini nati da queste pratiche,
allo scopo di aiutarli ad accettare e a trasmettere la parte poetica
e mitologica della loro origine, prendere le distanze dal suo
aspetto tecnologico e ritrovare il radicamento simbolico legato ai
miti e ai riti culturali di procreazione e di nascita nella loro
famiglia, nella loro regione o nel loro paese.
Mi sembra importante cominciare dai bambini, poiché in effetti,
essi sono il migliore veicolo culturale per formare i loro genitori
al dibattito sulle nuove idee. Costringendo i loro genitori a legger
loro dei libri, a raccontar loro delle storie, a spiegar loro i
dettagli dei fumetti che guardano, essi sollecitano e stimolano la
creazione di un senso del mondo, di una mitologia, all'interno
stesso della famiglia, secondo i suoi codici e i suoi valori
originali.
Sono colpita, per esempio, dalla standardizzazione e
dall'uniformazione culturale dei libri che spiegano ai bambini da
dove vengono i neonati: creati e editi da qualche parte, circolano
in traduzione in tutti i paesi del mondo, attraverso le grandi
multinazionali dell'edizione. Sarebbe il caso che una maggiore
attenzione fosse portata su questi temi, in modo che da una parte,
rispetto all'enigma della procreazione, sia fatto un posto dove il
bambino e i suoi genitori possano condividere una parola, dei
fantasmi, e dei sogni a proposito, per esempio, delle procreazioni
che hanno avuto luogo in modo "diverso". Ma che, d'altra
parte, il sostrato culturale a cui il bambino appartiene e nel quale
la sua vita quotidiana è radicata non sia sistematicamente
cancellato come se si trattasse di una tara.
In breve, permettere ai bambini nati da queste tecniche di non
continuare a credere di avere un cubetto di ghiaccio al posto del
cuore perché sono nati dall'incontro, in un tubo di vetro, di una
paillette di seme scongelata ed un ovocito prelevato.
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