La delimitazione delle
competenze tra Unione europea e Stati membri
Massimo Luciani
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tra Unione europea e Stati membri
Quelle che seguono sono riflessioni sulla Nota del Praesidium
trasmessa dal Segretariato alla Convenzione il 28 marzo 2002
1.- Con una Nota trasmessa dal Segretariato alla Convenzione
il 28 marzo il Praesidium ha provveduto a dare una sintetica
descrizione dell’attuale sistema del riparto di competenze tra
Unione e Stati membri, evidentemente allo scopo di fornire un
documento di informazione utile per i “Convenzionali” (questo
termine è impiegato nella traduzione italiana del Discorso
inaugurale del Presidente Giscard d’Estaing).

Come frequentemente accade, anche un documento
descrittivo come questo non riesce ad essere perfettamente neutrale,
ma rivela una certa concezione dell’ordinamento dell’Unione e
dei complessi rapporti tra questo e gli ordinamenti degli Stati
membri. Sembra opportuno, a questo proposito, osservare quanto
segue.
2.- La Nota distingue tra competenze “legislative” e
competenze “non legislative o esecutive” dell’Unione. Il fatto
che le competenze normative dell’Unione siano qualificate come
legislative (sebbene sia piuttosto comune, nell’attuale fase della
discussione sull’Unione) non è affatto trascurabile.
Come è noto, è assai dubbio che l’ordinamento comunitario
conosca una fonte che sia possibile chiamare “legge” così come
si fa con certe fonti (tradizionalmente primarie) degli Stati
membri.
Nello Stato di diritto, invero, la legge ha assunto una peculiare
posizione costituzionale in quanto è il prodotto delle scelte
politiche imputabili alla rappresentanza. Così, lo Stato di diritto
si fonda sul principio di legalità non già perché la legge sia in
astratto una fonte dotata di dignità maggiore di quella delle
altre, ma perché la legge promana dagli organi rappresentativi (dai
Parlamenti), e il meccanismo rappresentativo è quello che (fatti
salvi gli strumenti di partecipazione popolare) consente agli
elettori di far sentire il proprio peso nelle scelte degli organi
titolari dei pubblici poteri.
Ora, nell’ordinamento dell’Unione, l’organo rappresentativo
della volontà degli elettori (il Parlamento europeo) partecipa -
sì - alla funzione normativa, ma non è titolare di tale funzione
in forma paragonabile a quella tipica dei Parlamenti degli Stati
membri. Conseguentemente, nell’ordinamento dell’Unione non
abbiamo fonti che siano pienamente equiparabili alla legge, e non è
un caso che i Trattati non qualifichino così le principali fonti di
diritto comunitario derivato (anzi, la scelta del termine “regolamento”
è indicativa della consapevolezza dei connotati essenziali di tali
fonti).
Il problema potrebbe apparire soltanto terminologico, ma non è
così. Parlare oggi di leggi dell’Unione potrebbe far
intendere che non ci sia bisogno domani di una riforma dei
Trattati che - invece - doti l’ordinamento europeo di vere e
proprie leggi. La scelta del Praesidium, pertanto, appare rischiosa,
poiché il compito della Convenzione è anzitutto quello di fare
chiarezza nella “attuale confusione del progetto europeo”, che -
come ha giustamente rilevato il Presidente Giscard d’Estaing -
caratterizza l’assetto istituzionale dell’Unione. Di leggi
europee, insomma, sarebbe opportuno parlare soltanto in riferimento
a fonti di provenienza parlamentare, e (è bene aggiungere) nel
contesto di uno sforzo riformatore che ridefinisca complessivamente
il sistema delle fonti, risolvendo anche la questione ormai
risalente della gerarchia tra di esse.
3.- Una seconda osservazione riguarda quanto la Nota del
Praesidium afferma in riferimento alla “occupazione” di certe
materie da parte della normazione europea. Si dice, infatti, che: a)
alle materie di competenza esclusiva dell’Unione secondo quanto
stabilito dai Trattati, si debbono aggiungere quelle che diventano
tali “per il fatto che la Comunità legifera ampiamente su dette
materie”; b) le materie di competenza condivisa o concorrente sono
quelle nelle quali gli Stati possono legiferare sino a che non lo
abbia fatto l’Unione (la Comunità).
L’osservazione da fare, qui, è semplice: poiché il Praesidium
inserisce tra le materie di competenza concorrente anche quelle che
diventerebbero tali per il “fatto” dell’esercizio di
competenze normative da parte dell’Unione, c’è da chiedersi in
che misura tali materie si differenzino da quelle concorrenti (visto
che anche qui è il “fatto” dell’esercizio dei poteri
normativi, a determinare quale sia la fonte - statale o comunitaria
- applicabile). In realtà, appare discutibile ancorare l’attribuzione
dell’esclusività ad un “fatto” e non al “diritto” (e
cioè ai Trattati).
4.- Conclusivamente, si può dire che sarebbe auspicabile,
nei documenti preparatori e informativi indirizzati alla
Convenzione, una maggiore precisione sia analitica che
terminologica, poiché una documentazione poco rigorosa potrebbe
essere la causa di proposte di riforma non adeguate alle esigenze
attuali del processo di integrazione europeo.
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