In principio
Paola Casella
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Giacomo Papi e Federica Presutto, In principio..., Baldini
& Castoldi, Pagine 600, Euro 14,98
Chi ben comincia, si dice, è a metà dell'opera. Eppure ci sono
stati incipit letterari meravigliosi seguiti da romanzi di poco
conto, e romanzi straordinari cominciati in sordina. Poi ci sono gli
incipit indimenticabili indipendentemente da ciò che li segue, vuoi
perché ce li hanno martellati nella testa generazioni di insegnanti
liceali ("Quel ramo del lago di Como..."), vuoi perché ci
hanno spinto a comperare un romanzo che altrimenti avremmo lasciato
sullo scaffale, vuoi perché hanno fatto storia, come quello di Cent'anni
di solitudine di Gabriel García Márquez, sul quale si sono
sprecati fiumi di inchiostro, perché, come ogni incipit dovrebbe,
enucleava in una sola frase tutto lo stile letterario e la struttura
narrativa del romanzo a seguire - in alternanze di flashback e flash
forward: "Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione
il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto
pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il
ghiacchio".
A collezionare e catalogare centinaia di incipit hanno pensato
Giacomo Papi e Federica Presutto, autori di In principio... (Baldini
& Castoldi), un tomo di 600 pagine che suddivide gli inizi più
o meno famosi della letteratura mondiale secondo le più svariate
categorie: da Anagrafe ("Chiamatemi Ismaele", Moby Dick)
ad Amore a prima vista ("Io ho un vantaggio, ti ho amata per
primo", Una pazza voglia d'amore), da Donne di principio
("L'estate indiana è come una donna: morbida, calda,
appassionata, ma incostante", I peccati di Peyton Place)
a I quartieri del vizio ("Evan Hamilton aveva smesso di fumare
da due giorni, e gli sembrava che tutto quello che aveva detto e
pensato in quei due giorni avesse avuto in qualche modo a che fare
con le sigarette", Bicilette, muscoli e sigarette del
grande Raymond Carver).

E poi le odissee giudiziarie ("Qualcuno
doveva aver calunniato Joseph K., poiché un mattino, senza che
avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato" Il processo di
Kafka), i ritratti a pennellate ferme ("Io vedo - nel tempo -
una bambina. Scarna, dritta, agile.", Stella mattutina di
Ada Negri), le descrizioni delle professioni ("Da trentacinque
anni lavoro alla carta vecchia ed è la mia love story",
Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal), le crisi
di identità ("I primi dieci anni della mia vita non ero
nero", Il nero dal cuore bianco di Arthur Japin) e le
domande esistenziali ("Che resta di tutto il dolore che abbiamo
creduto di soffrire da giovani?", Seminario sulla gioventù di
Aldo Busi).
Una sezione è dedicata agli inizi in apnea, quelli che a leggerli
tutti d'un fiato si va in asfissia (non vi cito gli incipit, ma gli
autori, e tanto basta: Saramago e Dürrenmatt, Proust e Tirso de
Molina, in più ci metto il Manzoni di "quel ramo").
Alcuni inizi sono diventati massime ("Tutte le famiglie felici
sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo
suo", Anna Karenina di Tolstoj - o I Tenenbaum,
al cinema).
Il lavoro di Pai&Presutto è metodico, capillare, enciclopedico.
Il risultato è un source book al pari del Mereghetti o del
dizionario delle citazioni: da consultazione, oppure da party, non
da lettura serale. L'incipit che lo vanifica sta nella sezione
iniziale di In principio, quella intitolata In principio era
il verbo: "Un racconto non ha né principio né fine: si
sceglie arbitrariamente un certo momento dell'esperienza dal quale
guardare indietro, o dal quale guardare in avanti", La fine
dell'avventura di Graham Greene.
Aspettiamo il saggio sulle frasi che segnano il turning point di una
vicenda letteraria ("... e la sventurata rispose") o la
fine di una storia (una per tutte: la frase finale di Ieri di
Agotha Kristof, che ci fa capire in un istante di cosa ha parlato
tutto il romanzo precedente - no, non ve lo dico, e vi prego di non
correre all'ultima pagina se cominciate ora la lettura di Ieri).
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