Per batterlo ci vuole senso della
misura
Marc Lazar con Davide Orecchio
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misura
“Raison garder”, non abbandonarsi a giudizi fuori misura su
Berlusconi e la situazione politica italiana. Non precipitarsi a
parlare di "fascismo» o di "regime" come hanno fatto
diversi suoi concittadini. E’ questa la preoccupazione che Marc
Lazar, professore di Scienze Politiche all’Università di Parigi e
all’Institut d'Études Politiques, affida a un articolo pubblicato
sulla prestigiosa Esprit (la rivista progressista
liberal-democratica e cattolica fondata da Emmanuel Mounier nel
1932), e ripreso integralmente da Caffè Europa. Lazar si
rivolge ai propri connazionali, troppo inclini, a suo parere, a dare
"lezioni di democrazia all’Italia". Ma la sua analisi è
rivolta anche alla sinistra italiana, perché impari a liberarsi del
berlusconismo senza farsi prendere dal panico o dalla depressione
cronica. Il ragionamento sull’Italia è adesso complicato,
professor Lazar, dall’assassinio di Marco Biagi.

"E’ un atto terribile per l’Europa occidentale. Un fatto
che mi impressiona e spaventa. Ma purtroppo, leggendo questa mattina
i giornali, non sono rimasto sorpreso da quanto è accaduto. Me l’aspettavo.
C’è infatti qualcosa che mi impaurisce molto dell’Italia - l’ho
anche scritto alla fine dell’articolo su Esprit -, ed è il
processo di radicalizzazione dello scontro tra governo e
opposizione. Se da un lato il governo dimostra chiaramente di non
amare l’opposizione, di odiare gli intellettuali e la cultura, di
sospettare ovunque complotti, dall’altro lato mi sembra che in una
parte dell’opposizione ci sia una qualche tentazione di
radicalizzare il contrasto. E’ una situazione pericolosa per l’Italia.
Ho paura soprattutto della deriva verso la violenza verbale e fisica
che può compromettere la dialettica politica nel paese. E non mi
stupisce che alcuni gruppetti di estremisti approfittino della
situazione".
Qual è il significato dell’operazione di Esprit sull’Italia?
"Non c’è nessuna operazione. L’articolo è nato da una
riunione del comitato di redazione della rivista, di cui io sono
membro. Durante la riunione, interamente dedicata all’Italia, mi
è stato chiesto un contributo, che ho scritto molto in fretta, in
non più di due giorni. L’articolo poi è uscito su un numero
speciale di Esprit dedicato alla cultura popolare, ossia a un
argomento che non aveva nulla a che vedere col caso politico
italiano. Insomma quest’articolo rispecchia solo la mia
interpretazione delle cose italiane, non la posizione ufficiale
della rivista".
Perché l’ha scritto?
"In Francia c’è molta attenzione per quanto sta
accadendo in Italia. Un interesse accresciuto dalla prossima
apertura del Salone del libro di Parigi (dal 22 al 27 marzo, ndr),
che avrà l’Italia come ospite d’onore. Il mondo intellettuale e
in parte anche politico ha espresso preoccupazione per la stabilità
democratica del vostro paese. Il mio articolo è una sorta di
risposta a queste preoccupazioni".
Ma nel suo articolo si parla anche molto della (e alla) sinistra
italiana. Secondo lei cosa dovrebbe fare l’opposizione per non
affrontare in modo per così dire isterico la questione Berlusconi?
"Credo che, dopo aver subito una sconfitta elettorale come
quella in cui è incappato il centro-sinistra nel 2001, la prima
cosa da fare sia capirne le ragioni per poi ricostruire una
strategia, un’identità. A volte si tratta di processi molto
lunghi. Il Labour party britannico ha impiegato 15 anni per
tornare al governo. Anche in Francia, dopo la sconfitta del 1993, si
aprì una fase di recriminazioni e imputazioni reciproche di colpe e
di errori. E’ quello che sta succedendo in Italia. Ma non è
sufficiente. Occorre anche che il centro-sinistra si sforzi di
capire il fenomeno che ha di fronte, le ragioni della vittoria di
Berlusconi, prima di ripensare la strategia dei partiti e di
scegliere una nuova leadership.
"Mi rendo conto che la mia è solo la posizione di un
intellettuale francese che non vive in un paese, l’Italia, in
stato di emergenza, alle prese con le sfide permanenti di un governo
che è all’offensiva su quasi tutti i fronti. Ma di una cosa sono
convinto: gli anatemi e le condanne non servono a nulla; al
contrario, rischiano di radicalizzare ancora di più il contrasto
tra maggioranza e opposizione invece di aiutare a trovare risposte
per i veri problemi sollevati tanto dall’azione del governo
Berlusconi quanto insiti nella società italiana. La vera questione
da risolvere, infatti, è quella dell’incapacità del
centro-sinistra a rispondere alle attese di una parte della società
italiana".
Nel suo articolo lei sostiene che la Francia non ha il diritto di
dare lezioni all’Italia, e che invece il nostro paese andrebbe
analizzato profondamente quale teatro di "rivoluzioni
invisibili". Insomma, la democrazia italiana è un’anomalia o
un laboratorio politico?
"E’ un laboratorio. Nella società italiana si
riscontrano alcune tendenze tipiche anche a livello europeo: il
declino dei ceti operai classici, l’ascesa dei ceti medi, il
progresso dell’individualismo, l’esclusione di una parte della
società dal mondo produttivo e dal sistema politico, quella stessa
parte che, quando va a votare, esprime un voto di protesta. Sono
tutti mutamenti che valgono per l’insieme dei paesi europei. In
questo senso, al di là della specificità italiana, il vostro paese
è per me un laboratorio a livello europeo. Certo, Berlusconi è un
fenomeno tipicamente italiano, ma la patologia democratica riguarda
tutto il Vecchio Continente".
E l’Ulivo?
"Ecco, l’Ulivo invece è davvero una peculiarità italiana,
una formula politica che non ha riscontri in nessun altro paese
europeo. A mio avviso dev’essere completamente ripensato, così
come la gauche plurielle francese, che è quasi morta.
Tuttavia c’è un aspetto dell’Ulivo che ha un valore universale:
è infatti un’aggregazione di diverse anime riformiste, una
coalizione che solleva con forza il tema del riformismo. I problemi
che si pone l’Ulivo (come mantenere il Welfare seppure
modernizzandolo, come assecondare l’individualismo che emerge
dalla società senza perdere il senso della solidarietà ecc.) sono
problemi esemplari del riformismo europeo".
Professor Lazar, lei sostiene che Berlusconi durerà a lungo ma
in fondo "non così a lungo". Ed elenca una serie di punti
deboli del Presidente del Consiglio e della sua coalizione. Secondo
lei qual è l’handicap principale di Berlusconi?
"Se stesso. La sua personalità. La sua megalomania. Su questo
non ho dubbi. La continua ricerca degli interessi privati, la
debolezza personale, la cieca fiducia nelle proprie capacità. Lo
ripeto, il tallone di Achille di Berlusconi è Berlusconi".
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