Dell'importanza di non esagerare
Giancarlo Bosetti
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e Caffè Europa pubblicano l’articolo-saggio di Marc
Lazar tratto da Esprit in versione integrale perché questo
appare di estrema utilità in un momento di alta confusione politica
sia in Francia che in Italia. Lazar, che Davide Orecchio ha
intervistato per questa edizione Web del suo pensiero, è un
professore di scienze politiche parigino che ben conosce la politica
e la storia italiane per avervi dedicato numerosi studi. Il saggio
che ha scritto per Esprit riepiloga la vicenda di Berlusconi
in un modo che è utile anche a noi “transalpini” che pure l’abbiamo
vissuta giorno per giorno.
E’ probabile che l’idea di mettere in chiaro “i fondamentali”
a Lazar sia venuta quando ha letto sull’Express una colonna
firmata Jacques Attali, intitolata “Berlussolini”. Conoscendo le
vicende nostrane assai bene - ma questa è soltanto una nostra
immaginazione, sia chiaro -, è probabile che Lazar si sia chiesto
se un intellettuale che era stato così vicino al potere di
Mitterrand, ipoteticamente trapiantato nel nostro stravagante paese,
non sarebbe finito anche lui proprio dalla parte di Berlusconi, come
tanti ex collaboratori di Craxi.

Ma i paragoni sono difficili, nonostante la “cuginanza” di
antica data tra sinistra italiana e sinistra francese, una “cuginanza”
piena di asimmetrie, se è vero, come si sa, che la parte della
sinistra prevalente, in termini elettorali, nel dopoguerra è
toccata in Francia ai socialisti e in Italia ai comunisti. Sulle
differenze tra le interpretazioni dei due “marchi”, di qua e di
là, si sono versati fiumi di inchiostro, con un risultato
abbastanza netto: i socialisti più bravi sono stati i francesi,
mentre la gara tra i comunisti l’hanno vinta di molte lunghezze
gli italiani, al punto che Berlinguer è diventato l’emblema di un
comunismo largamente “accettabile”, e accettato, negli ambienti
del progressismo liberal, mentre i comunisti francesi sono stati
spesso additati come la somma di tutti i vizi dello stalinismo
burocratico.
L’esperienza del socialismo francese, grazie a Mitterrand, è
stata talmente più fortunata di quella del socialismo italiano, che
i primi sono tuttora al governo mentre il partito dei secondi si è,
come sappiamo, dissolto. E tuttora si parla di Epinay, e si dice “fare
Epinay”, alludendo a uno storico congresso dei socialisti d’Oltralpe,
per indicare il processo di ricomposizione unitaria di una sinistra
sparsa e divisa sotto le insegne del riformismo. Ma Lazar non
rivanga, con il suo saggio, tutta questa storia, vi allude soltanto
per aiutare la immaginazione dei suoi concittadini ad approdare ad
una comprensione non superficiale della storia politica italiana di
questi anni. E lo fa proprio in connessione con il salone del libro
che ha portato l’attenzione sulla cultura italiana, sugli
intellettuali italiani, e sulle anomalie del governo di Berlusconi,
e che è ora al centro di una prevedibile, prevista polemica, ai
limiti del caso diplomatico.
Lazar riassume i caratteri “specifici” dello scenario politico
italiano: da un lato una coalizione senza eguali in Europa, gli “ex”
di Fini, gli “etnoregionalisti” di Bossi e in mezzo Berlusconi
con le sue poderose anomalie, dall’altra una coalizione pure senza
eguali in Europa, dagli ex DC alla Mastella fino agli ex Pci di
Cossutta (E’ come se in Francia si coalizzassero forze dall’Udf
al Pcf, con Jospin, Hue, Cohn Bendit, Chevènement, e poi anche
Delors). Ma poi Lazar individua, oltre alle differenze, anche i
punti di contatto tra le nostre diverse storie: “la disaffezione
nei confronti della politica e delle istituzioni tradizionali, la
ridefinizione del potere giudiziario, il peso dei media, la crisi
della rappresentanza non sono appannaggio della penisola. Al
contrario, queste diverse dimensioni della crisi che colpisce l’Italia
si ritrovano in quasi tutte le democrazie dell’Europa occidentale.
Inoltre, la ricomposizione delle forze politiche non appartiene solo
all’Italia. Ad eccezione dell’Inghilterra, a causa delle
specificità del suo sistema elettorale, nella maggior parte degli
altri paesi europei né la destra né la sinistra possono vincere le
elezioni da sole: esse vanno quindi alla ricerca di alleanze,
aggiustano costantemente le loro strategie e modificano i loro
programmi”.
Ma il punto chiave del ragionamento di Lazar, che deve a mio avviso
essere preso oggi in considerazione da tutti, e soprattutto dagli
avversari di Berlusconi, specie da coloro che desiderano impedirgli
di vincere anche le future elezioni, è quello che “il faut
raison garder”, bisogna mantenere la testa sulle spalle,
mantenere la calma, e il senso di misura nei giudizi. Questo
significa che “si commetterebbe un grave errore” a parlare di
“un paese in via di fascistizzazione”. Questi eccessi portano l’analisi
un po’ troppo lontano dalla realtà, radicalizzano e fissano
qualcosa che è ancora fluido, e spingono sul terreno di
contrapposizioni generiche, verbalmente estreme, che impediscono di
mettere a fuoco i pericoli effettivi, che ci sono, per la democrazia
italiana.
“Certo, Berlusconi è portatore di derive preoccupanti, - dice
Lazar - soprattutto in assenza di un’opposizione credibile”, con
il suo conflitto d’interessi e la minaccia di un monopolio
televisivo realmente asfissiante. Non sono neppure difficili da
riconoscere le inclinazioni populiste e affaristiche del suo modo di
intendere la politica.
Ma - questo il punto fondamentale - del messaggio di Marc Lazar che
merita di essere raccolto da parte del centrosinistra italiano e dei
suoi intellettuali, quelli che sono andati a Parigi come quelli che
non ci sono andati: non è affatto garantito che radicalizzare,
estremizzare la risposta del centrosinistra dia luogo a esiti
vittoriosi. Anzi, è altamente probabile il contrario.
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