| Bambini, il privilegio di crescere
            senza tv 
 
 
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 Nella collana “I libri di Reset” esce in
            questi giorni una nuova edizione di Cattiva maestra televisione,
            il fortunato libro basato sulla feroce critica della tv che prima di
            morire, nel 1994, il filosofo Karl Popper dettò al direttore di Reset
            e Caffè Europa, Giancarlo Bosetti. Il libro, che
            contiene una nuova introduzione, alcune celebri pagine di
            Papa Wotila contro la “bambinaia elettronica” e saggi di John
            Condry, Raimondo Cubeddu e Jean Baudouin, apre nuove polemiche nei
            confronti di coloro che sostengono che la televisione fa bene ai
            bambini e che hanno bistrattato in questi anni le tesi
            popperiane. 
 Il libro ricorda che è lo stesso senso comune a
            percepire che “quanto piu’ un ragazzo e’ pigro e, soprattutto,
            quanto piu’ privo di alternative, tanto piu’ poltrisce come un
            vegetale davanti al video”. Agli ottimisti apologeti della tv il
            libro fa osservare “è difficile smentire l’amara constatazione
            che una infanzia senza televisione descrive ai nostri giorni, di
            fatto, la condizione privilegiata di una élite”. Sul tema Reset
            ha organizzato una discussione, lunedì 11 marzo alle 18 presso
            Explora, il Museo del Bambino a Roma, in via Flaminia 80 alla quale
            parteciperanno Dario Antiseri, Massimo Ammanniti, Giancarlo Bosetti
            e Eleonora Brigliadori dal titolo “Bambini, il privilegio di
            crescere senza tv”.
 Se c’era una volta la televisione degli anni Cinquanta, quando
            possedere un apparecchio televisivo era un indicatore di prestigio,
            quello fu però un periodo breve; poi vennero gli anni in cui non
            bastava averne uno, ce n’erano in ogni camera e anche i bambini lo
            volevano nella loro. Ora si raccolgono qua e là indizi che una
            infanzia senza, o con poca, televisione sia la condizione di una
            minoranza fortunata.
 
 Le famiglie più benestanti, istruite, con madri
            impegnate stanno sviluppando una certa repulsione per la televisione
            di massa. Qualche anno fa Veronica Berlusconi scrisse un articolo in
            cui informava che lei ai suoi figli la televisione l’aveva tolta
            completamente; più recentemente la signora Ciampi parlando a
            ragazzi ha consigliato di non guardarla perché è “deficiente”.
 Più di un indizio, forse: sta crescendo una élite di bambini cui
            hanno o tolto o rigorosamente dosato il video, da genitori che hanno
            fatto uno sforzo continuo per sottrarli al “rimbambimento passivo”,
            come Margherita Agnelli de Pahlen racconta in questa intervista.
            Forse la bassa esposizione alla tv sta diventando stabilmente un
            carattere tipico di una condizione sociale elevata e le dosi
            massiccie un attributo da “ceto disagiato?”
 
 
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