La questione minori non è una
questione minore
Chiara Anguissola
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La questione minori non è una questione minore
Quello che segue è un estratto della prima conferenza sul
rapporto bambini e media tenuta a Tokyo da Chiara Anguissola,
Presidente dell'associazione In Medio Media, e Midori Suzuki,
Presidente dell'associazione Media Literacy e docente della
Ritsumeikan University di Kyoto.
Quando si parla di bambini e televisione si dovrebbe parlare di
qualita’ della comunicazione per tutti; primo perche’,
difendendo i diritti dei telespettatori piu’ piccoli, difendiamo i
diritti del grande pubblico nel suo insieme; e secondo perche’,
ponendo attenzione alla formazione dei giovani, poniamo attenzione
alla costruzione di una societa’ sana.
Qualora l’abuso di chi detiene il potere dei media avanzasse
ancora in maniera lesiva della liberta’ di crescita si dovrebbe
proporre una licenza, una patente a chi produce programmi
televisivi, come quella dei medici o degli avvocati, che puo’
essere revocata a vita qualora si agisca contro i principi di una
sana crescita.
Karl Popper, il filosofo pedagogo austriaco, ricorda come durante la
sua vita, occupandosi di educazione, ha imparato che i soggetti piu’
difficili provenivano quasi sempre da case in cui c’era violenza.
Per lo piu’ si trattava di violenza esercitata sulle madri da
parte di padri alcolizzati, una violenza che condizionava l’intera
vita familiare. Adesso all’eventuale violenza in casa, si aggiunge
quella piu’ estesa che appare sullo schermo televisivo. E’
attraverso questo mezzo infatti che essa viene mostrata ai bambini
ogni giorno.

La mia esperienza - scrive Popper - mi porta a
considerare questo punto come decisivo: "La televisione produce
violenza e la porta in case dove altrimenti violenza non ci sarebbe.
So per esperienza che ai ragazzi non piace vedere film nei quali
succedono cose terribili. Stringono le mani prima di serrare le
palpebre, devono venire 'domati' per diventare capaci di assistere
alla violenza. E’ questo, quello che facciamo ai nostri figli, li
educhiamo a tollerare la violenza, a considerare la violenza come
qualcosa che accade dappertutto, che non puo’ essere evitata ed
alla quale ci si deve abituare".
La ricerca dell’UNESCO del 2000 sulle violazioni dei diritti umani
nell’ambito di minori e mass media osserva come le maggiori
responsabilità di una delinquenza precoce siano da attribuire alla
televisione. Il coordinamento genitori/insegnanti nazionale osserva
che: "i programmi (pubblicita’comprese) trasmessi dai vari
canali televisivi, quando non sono pericolosi per la loro banalita’,
lo sono per per l’alto contenuto di immagini violente. Le
statistiche di tutto il mondo dimostrano che esiste un numero sempre
crescente di crimini perpetrati da giovani che ammettono di essersi
ispirati a fatti visti in tv.

Negli ultimi mesi, l’Italia e’ stata sconvolta
da tragici fatti di cronaca in cui adolescenti maschi e femmine
hanno commesso delitti nei confronti dei familiari o degli amici. E’
lecito pensare che chi cresce con l’informazione violenta vede che
gli eroi di oggi sono solo quelli in negativo, e’ a loro che
vengono dati gli spazi su tutte le prime pagine dei nostri giornali
e dell'informazione televisiva. I media hanno forti responsablita’
nel far credere che la normalita’ sia l’anormalita’.
L’eta’ dell’adolescenza e’ un periodo in cui ci si sente
confusi e incerti e il proprio se’ e’ cosi’ poco integrato da
aver bisogno di persone autorevoli che forniscano confini e
riferimenti stabili da accettare, da rifiutare o da attaccare. Ma la
nostra societa’ preferisce parlare di diritti e non di doveri,
rinuncia alle responsabilita’, allarga l’indifferenza nei
confronti dei giovani provocando un forte disagio sociale .
In Italia il telespettatore, destinatario finale dei programmi
televisivi, non ha la possibilita’ ne’ di dare giudizi sulla
loro qualita’, ne’ di incidere sul cambio del palinsesto, a meno
che non escano sui giornali articoli di forte critica,
disapprovazione e cattivo gusto o per tragedia/ massacri ammessi per
emulazione di immagini video.
In Inghilterra, invece, da anni il servizio radiotelevisivo pubblico
(BBC) ha istituito la Commissione per i reclami sulle trasmissioni
che abbiano violato criteri di correttezza, di rispetto della
privacy, di rispetto della dignita’ della persona. Per le
emittenti private sempre in Inghiterra, esiste la ITC (Indipendent
Television Commission) che ha cura di salvaguardare gli interessi
degli utenti valutando che la qualita’ dei programmi non si
abbassi sotto un livello minimo necessario; dall 1990 esiste anche
il Consiglio per gli standard qualitativi dei programmi BSC
(Broadcasting Standards Council) che pone limiti alla
rappresentazione della violenza e dei comportamenti sessuali e
stabilisce canoni di buon gusto e di decenza nei programmi
radiofonici e televisivi.
La Costituzione italiana (artt.2, 3) tutela la persona umana come
valore supremo, e (art.31) si impegna a proteggere l’infanzia e la
gioventu’ affinche’ sia assicurato al cittadino di domani un
adeguato e armonioso sviluppo della personalita’. Le Convenzioni
Intermazionali ONU, quella Europea, quella del Fanciullo del 1989
affermano che lo Stato deve incoraggiare lo sviluppo di appropriati
codici di condotta affinche’ il bambino sia protetto da
informazioni e materiali dannosi al suo benessere psicofisico e deve
a tal fine prendere appropriate misure legislative, amministrative,
sociali ed educative.
Tutto cio’ finisce per restare lettera morta in assenza di
strategie politiche e culturali complessive mondiali. La questione
"minori", nonostante se ne parli tanto, e’ relegata tra
i problemi di secondaria importanza, appunto tra i problemi
"minori". Se i bambini sono a rischio, cio’ che e’ a
rischio e’ il futuro stesso dell’intera societa’ sia essa
atea, buddhista, ebrea, musulmana, confuciana, cristiana,
protestante: conferme le abbiamo da madri e padri iraniani,
americani, giapponesi, europei, tutti denunciano le medesime cose
perche’ i valori universali sono di tutti e uguali per tutti.
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