Giovani che dicono "cose di
sinistra"
Ettore Colombo
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Giovani
che dicono "cose di sinistra"
I
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Se Nanni Moretti - come spiega, o meglio
urla, lui stesso dal palco - non è in grado di “dialogare con Di
Pietro e con Rifondazione”, cioè di aprire la sua coscienza civile
e indignata alle ragioni della lotta per la legalità come a quelle
per una globalizzazione più giusta e più umana, le generazioni successive
(Migliori? Peggiori? Ancora non si sa…) alla sua, se stanno “a sinistra”,
sono invece in grado eccome, di parlare e di capire le ragioni e
i bisogni di chi sta fuori dai partiti.
Quello che riesce con molta più difficoltà - a “questi”
giovani - è invece proprio di starci e militarci, “dentro” i partiti
di sinistra, in particolare se rispondono al nome di Democratici
di sinistra. Ma c’è chi, anche a Milano, lo fa, tra mille sforzi,
fatiche, contraddizioni, mal di pancia e limiti, insomma c’è chi
ci prova davvero, “a sporcarsi le mani”. Come il coordinatore cittadino
dei Ds, Pierfrancesco Majorino, esponente di quella sinistra del
partito che si è opposta alla linea Fassino, al congresso di Pesaro,
ma che oggi collabora con il nuovo segretario provinciale Ds, Filippo
Penati, tipico esponente di quell’area “riformista” e moderata del
partito che con più difficoltà si crede possa e sappia rapportarsi
a fenomeni come i movimenti antiglobalizzazione usciti da Porto
Alegre.
“Lo scossone di piazza Navona”, spiega Majorino, “è stato necessario
e salutare: doveva accadere. Fassino ha dato, a mio parere, una
risposta intelligente, cercando immediatamente il dialogo con Moretti,
ma questo dialogo - che si concretizzerà nell’iniziativa del 22
febbraio con gli intellettuali - non può e non deve esaurirsi in
un gioco a rimpiattino tra ‘dirighenzia’ e ‘intellighenzia’, vanno
invece riannodati i fili del dialogo e di un incontro da troppo
tempo mancato, quello tra politica e società, dunque - tanto per
fare degli esempi concreti - quello con i ragazzi e le ragazze ‘no
global’.

"Piuttosto”, avverte Majorino, “il rischio
e il limite del morettismo è quello di leggere ogni crisi dell’Ulivo,
anche questa ultima, forse la più terribile e squassante, soltanto
in chiave di leader e di leadership. C’era tutta una società, lì
sotto al palco e qui, nei centri sociali, nei gruppi di volontariato,
della quale non si può non tenere conto”.
Nella società - “civile”, come si usa dire con un termine fin troppo
abusato e quasi diventato autoreferenziale, simile se non peggiore
a un eroe morettiano - troviamo chi, a metà strada tra il mondo
dei partiti e quello delle associazioni, le mani se le sporca da
tempo, come Pierfrancesco Barletta, ex coordinatore della Giovane
Giunta e oggi impegnato, insieme a Milly Moratti e a molte altre
importanti personalità del mondo della cultura milanese, a dar vita
ad una “Fondazione” della e per la città di Milano: “Moretti ha
urlato cose giuste e seriamente. Quello che lascia perplessi è la
triste constatazione che chi, negli anni passati, ha mosso le stesse
critiche, all’Ulivo e in particolare ai Ds, partito al quale pure
mi sento vicino politicamente, non ha ricevuto mai attenzione o
risposta. Erano personaggi o personalità meno importanti di Moretti?
No, e allora, a maggior ragione mi chiedo: quando mai sarà il luogo
e il momento giusto, per muoversi? Ad esempio, perché in questa
città - anche i Ds - poco capiscono e nulla sanno o leggono di immigrazione
e di extracomunitari, visto che vedo che continuano a parlarne solo
e soltanto in termini di ‘flussi’ e non in termini della ricchezza
- sociale, economica, culturale - che producono?”.
Chi può rispondere a queste domande? Forse qualche rappresentante
delle istituzioni, magari non diessino e sicuramente libertario
e ‘liberal’ come il consigliere comunale dei Verdi (eletto proprio
avendo sostenuto Milly Moratti e non il candidato del centrosinistra,
Sandro Antoniazzi, a sindaco) Maurizio Baruffi, uno che sembra si
occupi solo di biciclette e smog, aria pulita e onde magnetiche,
e che invece - da giovane e impegnato - la fa eccome, la politica.
Proprio in questi giorni, infatti, si è fatto promotore di un “cartello”
delle opposizioni presenti a palazzo Marino che non si riconoscono
né nei Ds né nella Margherita, ma che la vogliono fare eccome, l'opposizione
alle destre.
Dai consiglieri di Rifondazione comunista a quelli della lista Di
Pietro, passando per i Verdi, Baruffi si è fatto dunque promotore
dello “zoccolo duro” di una nuova forma di agire politico, che vuole
coniugare battaglia per la legalità e contro la corruzione alle
campagne per la remissione del Debito ai Paesi poveri e a quelle
contro la guerra e per una tassazione più equa che aiuti il Terzo
Mondo: “Moretti ha posto un problema generazionale, è vero, quello
di una leadership inadeguata che ancora parla, pensa e vive seguendo
i riti della Prima Repubblica (“Chi parla male pensa male, vive
male…”, e questa è ancora una volta Palombella rossa, ndr.)
e che deve accettare, giocoforza, una cessione di sovranità, oggi
ancora tutta nelle mani delle forze politiche, alle ragioni e agli
spiriti della coalizione dell’Ulivo in quanto tale. Ma anche gli
intellettuali è ora che si sveglino e smettano di suonare il piffero
della rivoluzione: devono finire per sempre, i tempi di Togliatti
e Vittorini…”.

Paolo Preziosa, che di anni non ne ha ancora trenta
e che pur facendo il libero professionista ha ancora il tempo e
la voglia di occuparsi e di credere nella politica, non usa giri
di parole: “Quello di Moretti è il grido di dolore di una generazione
sconfitta. Dalla storia, dalla politica e dalla sua stessa parte,
la sinistra: la necessità di ricambio della classe dirigente è netta,
immediata, radicale”. Mario Bonaccorso, redattore editoriale, è
da poco stato eletto segretario di una Unità di base dei Ds, nella
grande città di Milano, e non certo di una delle più facili, la
“Fantoni”, sezione di periferia: “Moretti ha avuto il coraggio di
dire quello che molti pensano, dentro e fuori i partiti della sinistra,
ha gridato che il re è nudo, ma il re era nudo da tempo. Servono
nuove identità e nuove capacità, ma servono anche nuovi leader che
smettano di guardarsi allo specchio, incapaci di parlare al Paese,
proprio come i personaggi morettiani sono incapaci di parlare agli
altri. Insomma, la classe politica del centrosinistra, ego e auto
riferita, è ora che vada a casa. Dentro il mio partito, i Ds, a
45 anni sei ancora considerato ‘un giovane’, una promessa. La situazione
sfiora il grottesco, non il tragico. E poi, smettiamola con l’idea
del partito pigliatutto: servono scelte di campo chiare, decise,
nette”.
Bonaccorso, Majorino e Barletta, ma anche Baruffi e Preziosa, hanno
deciso di non stare più a lambiccarsi il cervello, nelle loro comode
case, chiedendosi e tormentando gli amici al grido del “Mi si nota
di più se non vengo o se vengo e mi metto in un angolo?” (Ecce
Bombo), ma di rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Almeno
a Milano, città mai scelta per un set, da Moretti. Chissà se gli
alti papaveri, i quartieri generali e i loro colonnelli, ormai senza
esercito, capiranno.
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